Lo rivela il recente rapporto Osservasalute 2015, che punta il dito sui ritardi del nostro Paese
In Italia le risorse finanziarie destinate alla prevenzione sono solo il 4,1% della spesa sanitaria totale: gli italiani mostrano una scarsa consapevolezza del rischio di ammalarsi e tendono ad adottare stili di vita non salutari. È quanto emerge dal Rapporto Osservasalute relativo al 2015, secondo cui la spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia è tra le più basse. Per esempio, nell’ultimo anno il Canada ha speso oltre il 100% in più per ogni cittadino rispetto al nostro Paese, mentre la Germania il 68% in più.
Ciò determina anche un’altra inversione di trend significativa che emerge dal Rapporto Osservasalute. Per la prima volta nella storia, l’aspettativa di vita degli italiani risulta in calo: nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, 84,7 anni per le donne mentre nel 2014 era rispettivamente maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e a 85 anni per le donne. E questo andamento, va sottolineato, ha riguardato tutte le Regioni del nostro Paese.
C’è qualche aspetto positivo: gli italiani fotografati nel 2015, per esempio, sono meno sedentari e fumano di meno. Ma nel complesso sono poco attenti alla salute, tanto da consumare meno frutta e verdura e da essere sempre più in sovrappeso. Nel periodo 2001-2014, anzi, la quota degli obesi è aumentata dall’8,5% al 10,2 per cento. E i vaccini continuano a rappresentare un tallone d’Achille: nel periodo 2013-2014 si registrano coperture al di sotto dell’obiettivo minimo stabilito (95%) anche per profilassi obbligatorie come tetano, poliomielite, difterite ed epatite b. Lo stesso vale per le vaccinazioni raccomandate, come pertosse e antiinfluenzale. Quadro critico per l’anti-influenzale: tra gli ultra 65enni, nell’arco temporale 2003-2004/2014-2015 la diminuzione ha raggiunto il 22,7%, passando dal 63,4% al 49 per cento.
A questi dati se ne aggiunge un altro, altrettanto preoccupante relativo all’aumento consistente della mortalità nel 2015, circa 54.000 decessi in più rispetto all’anno precedente. Questo incremento è dovuto al costante aumento del numero delle persone molto anziane nel nostro Paese e all’andamento ciclico della mortalità osservabile nei dati in serie storica. È dunque legato a fenomeni di carattere demografico. Merita però attenzione da parte del Servizio sanitario nazionale il fatto che alcuni decessi sono riconducibili all’ondata di calore dell’estate 2015 e alla mortalità per complicanze dell’influenza nella popolazione anziana. Si tratta cioè di morti evitabili con efficaci politiche di prevenzione, in particolare con quelle finalizzate all’informazione e alla promozione della prevenzione primaria e agli interventi mirati all’aumento della copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani che, come documentato nel Rapporto, è addirittura in diminuzione.