Dati allarmanti quelli che emergono da un recente rapporto pubblicato su “The Lancet”, importante rivista scientifica inglese: entro il 2040 i casi annui di tumore alla prostata nel mondo raddoppieranno passando dagli attuali 1,4 milioni a 2,9 milioni e gli aumenti più importanti si registreranno nei Paesi meno sviluppati. Il rapporto sottolinea la necessità “di mettere a punto strategie per gestire questo fenomeno” e fornisce raccomandazioni per mitigare l’impatto della neoplasia.
I numeri dei tumori e i fattori di rischio
Il tumore alla prostata – ricorda “The Lancet” – è già una delle principali cause di morte e disabilità, rappresentando il 15% di tutti i tumori maschili. È la seconda causa di decessi per cancro negli uomini del Regno Unito e la forma più comune di tumore maschile in più della metà dei Paesi del mondo. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’aspettativa di vita porteranno inevitabilmente a un aumento del numero di uomini anziani nei prossimi anni. Inoltre, secondo la rivista britannica, poiché i principali fattori di rischio per il cancro alla prostata sono l’età pari o superiore ai 50 anni e una storia familiare della malattia, l’incremento del numero di malati salirà inevitabilmente con un trend che sarà molto difficile contrastare. In realtà – come sottolineato dagli esperti e periodicamente da Assidai, il Fondo di assistenza sanitaria integrativa di emanazione Federmanager, nel costante lavoro di informazione sui propri media verso tutti gli stakeholder – su tutte le cronicità, tumori compresi, gioca un ruolo rilevante la cosiddetta prevenzione primaria. Ovvero la riduzione al minimo dei fattori di rischio legati allo stile di vita. In quest’ottica una dieta ricca di grassi saturi, l’obesità, la mancanza di esercizio fisico, il fumo e l’alcol sono solo alcune delle caratteristiche e delle abitudini poco salubri, sempre più diffuse nel mondo occidentale, che possono favorire lo sviluppo e la crescita dei tumori.
Il test del PSA
Il numero di diagnosi di tumore della prostata è aumentato progressivamente da quando, negli anni Novanta, l’esame per la misurazione del PSA (Antigene Prostatico Specifico – test importante per valutare la presenza o meno di eventuali patologie alla prostata) è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) americana. Sul suo reale valore ai fini della diagnosi di un tumore, però, – sottolinea l’Airc, Fondazione per la ricerca sul cancro – il dibattito è aperto in quanto spesso i valori sono alterati per la presenza di una iperplasia benigna o di una infezione. Per questa ragione negli ultimi anni si è osservata una riduzione dell’uso di tale test. In particolare, la misurazione sierica del PSA va valutata attentamente in base all’età del paziente, la familiarità, l’esposizione a eventuali fattori di rischio e la storia clinica. La PSA altro non è che una proteina sintetizzata dalle cellule della prostata, che – se presente in valori fuori dall’ordinario – indica una problematica alla prostata stessa.
Trend crescente anche in Italia
Anche in Italia il tumore della prostata sta mostrando un trend di forte crescita. I dati più aggiornati, cioè relativi al 2023, dicono che questo cancro ha colpito l’anno scorso 41.100 uomini. Si registra un incremento di nuovi casi l’anno nell’ultimo triennio del 14%. Erano infatti “solo” 36mila nel 2020. La buona notizia è che più del 60% dei pazienti riesce a sconfiggere definitivamente il carcinoma. Numeri importanti e che evidenziano come l’innovazione sia riuscita a garantire trattamenti efficaci per tutti i malati, anche quelli interessati dalle forme più gravi del tumore. Certo, molto dipende dallo stadio in cui viene identificata la malattia. E, in questo caso, va ricordata ancora una volta l’importanza – dopo una certa età – di sottoporsi a screening e visite specialistiche periodiche: senza eccedere ma rispettando la cadenza consigliata dagli esperti.
Screening, le nuove raccomandazioni della Ue sui tumori
Sul proprio sito il Ministero della Salute ricorda che le nuove raccomandazioni del Consiglio Europeo sugli screening oncologici raccomandano per il carcinoma della prostata, che i Paesi membri adottino un approccio graduale avviando sperimentazioni e progetti pilota mirati a valutare la fattibilità dell’attuazione di programmi organizzati di screening attraverso l’analisi del PSA per gli uomini fino a 70 anni, in combinazione con un Imaging a Risonanza Magnetica (MRI) come test di follow-up, e a reindirizzare le attività di screening opportunistico. “Al momento, in Italia nel nostro Paese l’analisi del PSA è diffusamente utilizzata nell’ambito di un’offerta opportunistica, anche in fasce di età anziane, ma lo screening per il tumore della prostata non rientra tra quelli organizzati dal Sistema Sanitario Nazionale”, conclude il Ministero della Salute.