La nuova frontiera dell’innovazione nella sanità è costituita dalle terapie geniche. Oggi è un trend ancora in fase iniziale, ma domani potrebbe davvero rappresentare una rivoluzione copernicana per il settore della salute, con ricadute positive anche in termini di risparmio di costi per i servizi sanitari nazionali.
In realtà, alcuni importanti risultati concreti sono già stati raggiunti. Tra questi c’è una possibile cura contro l’anemia falciforme, la fin troppo nota malattia genetica del sangue caratterizzata dall’aspetto anomalo dei globuli rossi (appunto a forma di falce) che causa dolore acuto e danni agli organi. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) specifica in modo approfondito che “l’anemia falciforme è una malattia ereditaria che colpisce i globuli rossi ed è causata dalla presenza, al loro interno, di anomalie dell’emoglobina, proteina che trasporta l’ossigeno dai polmoni a tutti i tessuti dell’organismo. Normalmente i globuli rossi hanno una forma simile ad un disco, sono flessibili e scorrono facilmente anche attraverso i vasi sanguigni più piccoli. Nelle persone con anemia falciforme, invece, i globuli rossi hanno una forma insolita, a falce o a mezzaluna, sono appiccicosi e rigidi e, di conseguenza, rimangono intrappolati nei piccoli vasi sanguigni impedendo così al sangue di raggiungere tutte le parti del corpo. Ciò causa danni, anche gravi, ai tessuti che non ricevono più ossigeno e può anche provocare dolore. I globuli rossi delle persone malate di anemia falciforme sono più fragili di quelli delle persone sane, vivono di meno e questo determina una grave anemia. Colpisce soprattutto le popolazioni dell’area mediterranea, del Medio Oriente, dei Caraibi e dell’Asia. In Italia è presente nelle zone meridionali, in particolare Sicilia e Calabria, dove può raggiungere una frequenza compresa tra il 2% ed il 13%. Negli ultimi 15-20 anni, gli spostamenti delle popolazioni (flussi migratori) hanno diffuso la malattia in tutte le regioni italiane, in particolare quelle del Nord e Centro”.
Ebbene, ora una terapia genica sperimentale – chiamata LentiGlobin – promette una cura: in particolare, restituisce ai globuli rossi la forma “giusta” permettendogli di scorrere facilmente nei vasi sanguigni. Risultato: vengono eliminati tutti i sintomi e le complicazioni della malattia per almeno tre anni. Detto in termini più scientifici, in fase sperimentale si è verificata una riduzione quasi completa (99,5%) delle crisi vaso-occlusive e della sindrome toracica acuta.
È importante ricordare che, ad oggi, l’unica cura possibile a questa malattia consiste nel trapianto di midollo osseo, una procedura complessa che richiede la compatibilità tra donatore e ricevente e che non sempre va a buon fine per l’elevato rischio di rigetto. Inoltre, l’aspettativa di vita per una persona con anemia falciforme è in media di 40 anni.
I risultati sperimentali della nuova terapia
La nuova terapia genica consiste come detto nel prelievo delle cellule staminali emopoietiche (che danno origine alle cellule del sangue) dal paziente e in una loro modifica in laboratorio. Attraverso un lentivirus innocuo utilizzato come mezzo di trasporto viene così collocata nelle cellule staminali la copia corretta del gene beta-globina. Una volta reinfuse nei pazienti, le cellule staminali si stabiliscono nel midollo osseo e iniziano a produrre nuovi globuli rossi dalla forma corretta.
Su che campione è stata testata LentiGlobin? È stata messa alla prova in una sperimentazione di fase 1-2 su 35 pazienti adulti e adolescenti con anemia falciforme e nessuno di loro ha avuto dolori nei 38 mesi successivi. I risultati, pubblicati sul New England Journal of Medicine, dimostrano insomma che l’intervento genetico è riuscito a modificare la forma dei globuli rossi eliminando gli episodi di dolore acuto scatenati dai globuli rossi anomali che raggruppandosi bloccano i vasi sanguigni. C’è un ulteriore elemento da sottolineare: LentiGlobin utilizza le cellule staminali del paziente è dunque non vi è il rischio di rigetto, una complicanza purtroppo comune dei trapianti di midollo osseo convenzionali.
Lo studio, va anche fatto notare, porta la firma di ben 12 autorevoli scienziati del settore. Tra loro Markus Y. Mapara, professore di medicina presso la Columbia University Vagelos College of Physicians and Surgeons, che ha chiarito: “Non c’è il rischio di sopravvalutare il potenziale impatto di questa nuova terapia. Le persone con anemia falciforme vivono nella paura della prossima crisi di dolore. Questo trattamento potrebbe restituire la vita a chi soffre di questa malattia.”
Il parere del “guru” Naldini intervistato da Assidai su Welfare 24
La terapia genica, dunque, come straordinario strumento per battere alcune malattie rare e in futuro, forse, anche alcune cronicità. Un argomento di grande attualità al quale Assidai aveva dedicato un numero di Welfare 24 con un’intervista esclusiva al Professor Luigi Naldini, Direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica e Professore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Naldini è stato pioniere nello sviluppo e nell’applicazione di vettori lentivirali per terapia genica e proprio per il suo straordinario lavoro in questo campo, nel 2019, si è aggiudicato il premio Louis-Jeantet, promosso dall’omonima Fondazione svizzera: un riconoscimento di altissimo livello e che rappresenta spesso l’anticamera del Nobel.
Secondo lo scienziato, la terapia genica “rappresenta una svolta epocale per la medicina perché va alla radice genetica di alcune malattie rare e agisce in modo risolutivo”. Con un potenziale impatto positivo anche sul Servizio Sanitario Nazionale: “Oggi parliamo di cure molto costose ma in futuro, una volta messe a punto cellule donatrici universali e realizzate economie di scala, si potrebbe consentire un risparmio dei costi legati al trattamento di patologie diffuse come i tumori”, ha fatto notare Naldini. Una prospettiva straordinaria che aiuterebbe il nostro Servizio Sanitario Nazionale a mantenere le caratteristiche di universalità ed equità che gli vengono riconosciute in tutto il mondo.