Più informazione, meno esami inutili. È questo il tema scelto per la Settimana Mondiale della Tiroide, che quest’anno si è tenuta dal 20 al 24 maggio con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sulle malattie tiroidee croniche. Del resto, in Italia sono 6 milioni i cittadini con problemi alla tiroide, a cui si associa una prevalenza di patologie non gravi e quasi sempre curabili. La tiroide è una ghiandola piccola, ma molto importante perché esercita funzioni critiche durante tutto l’arco della vita. Gli ormoni prodotti dalla tiroide regolano infatti l’accrescimento e lo sviluppo del sistema nervoso nel bambino e, nel corso di tutta la nostra vita, agiscono sui sistemi cardiovascolare e osseo, sul metabolismo lipidico, glucidico e sul mantenimento dell’omeostasi energetica. Una riduzione (ipotiroidismo) o un eccesso (ipertiroidismo) del funzionamento della tiroide alterano tutti questi processi e richiedono l’intervento dello specialista.
Il valore della prevenzione (senza eccessi)
La Settimana Mondiale della Tiroide è patrocinata dall’Istituto Superiore di Sanità e, come detto, ha l’obiettivo di sensibilizzare il Paese, anche sul fronte della prevenzione. Il valore di quest’ultima, a livello generale, è sempre stato sottolineato da Assidai come doppia arma dal punto di vista sanitario (diagnosticare in tempo determinate malattie dà maggiori possibilità di sconfiggerle) e finanziario, poiché permette di evitare ingenti spese al Sistema Sanitario Nazionale. Nello specifico della tiroide l’Osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi in Italia (Osnami) dell’Istituto Superiore di Sanità sta portando avanti da anni con il Ministero della Salute un programma di screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito che indica lo stato nutrizionale iodico della popolazione dei neonati e, indirettamente, delle loro madri. Attenzione però – come ricorda il titolo dell’edizione di quest’anno – a non eccedere negli esami. Sia l’ipertiroidismo che l’ipotiroidismo sono patologie croniche, che hanno necessità di essere periodicamente controllate, senza tuttavia esagerare -nel numero dei controlli e nel tipo di esami da eseguire ciclicamente. In particolare, – aggiungono gli esperti in materia – se da un lato la frequente ripetizione di esami clinici e strumentali non strettamente necessari rappresenta una delle voci più dispendiose per quanto riguarda il bilancio del nostro Servizio Sanitario Nazionale, dall’altro, non deve essere dimenticata la necessità del monitoraggio della funzione tiroidea nei pazienti anziani con nota patologia.
Le cause delle patologie della tiroide e le categorie a rischio
La causa più frequente della patologia tiroidea è la carenza di iodio, che è il costituente essenziale dell’ormone tiroideo. L’uomo introduce lo iodio solamente con gli alimenti: la carenza iodica può provocare, a seconda dell’età della vita in cui si verifica e dell’entità, riduzione del quoziente intellettivo, deficit neurologici “minori”, gozzo, formazione di noduli o ipertiroidismo. Per prevenirla è necessario che l’alimentazione quotidiana sia quanto più possibile varia e preveda il consumo di cibi a più alto contenuto del micronutriente quali pesce, latte e formaggi e soprattutto seguendo la famosa regola “poco sale ma iodato”.
Quali sono le categorie più a rischio e da sorvegliare con maggiore attenzione? Sicuramente gli anziani e le donne in gravidanza, che hanno maggiore bisogno di iodio e sono quindi maggiormente esposte a possibili problemi. Qualche numero, fornito dal Ministero della Sanità: in Italia si ammalano di gozzo circa 6 milioni di persone (oltre il 10% della popolazione totale e il 20% dei giovani) con impatto economico stimato in oltre 150 milioni di euro l’anno. Secondo le ultime stime un neonato su 3mila nasce con una forma di malattia tiroidea. In età adulta, inoltre, le donne sono molto più soggette alle malattie tiroidee rispetto agli uomini: una donna ha il 20% di possibilità di sviluppare problemi alla tiroide nel corso della sua vita.
Dieta contro il gozzo tiroideo
Sempre in tema di prevenzione, ecco qualche indicazione sull’alimentazione, suggerita dal Ministero della Sanità, per evitare possibili criticità di carenza iodica. Una dieta con 2 porzioni di pesce a settimana, latte tutti i giorni e un po’ di formaggio garantisce il 50% del fabbisogno giornaliero di iodio (90 microgrammi nei bambini fino a 6 anni, 120 microgrammi in età scolare (7-12 anni) e 150 microgrammi negli adulti.
Durante la gravidanza e l’allattamento il fabbisogno aumenta a 250-300 microgrammi al giorno per una corretta funzione tiroidea materna e fetale, indispensabili per lo sviluppo del sistema nervoso centrale del feto. Per questo è necessario che l’assunzione quotidiana di iodio con l’alimentazione venga integrata: l’utilizzo di sale iodato consente di coprire il fabbisogno giornaliero fornendo 30 microgrammi di iodio per grammo di sale, anche se l’Oms caldeggia di mantenere il consumo giornaliero di sale sui 3-5 grammi per il rischio di malattie cardiovascolari. Mantenendo dunque il consumo del sale entro i 3-5 raccomandati si raggiunge una quantità al giorno di iodio pari a 90-150 microgrammi e in definitiva sufficiente a garantire un adeguato apporto iodico.
Noduli alla tiroide: cosa sapere
Infine, in casi rari, può verificarsi lo sviluppo di noduli tiroidei, che solitamente – ricorda l’Istituto Superiore di Sanità sul proprio sito – è un fenomeno di natura benigna (solo lo 0,3 per cento dei noduli è una neoplasia maligna). In caso di noduli maligni, i carcinomi più comuni sono gli adenocarcinomi papillari o papillari-follicolari (misti) che rappresentano circa il 60 per cento dei tumori maligni della tiroide. La prognosi è eccezionalmente buona, con oltre il 90 per cento di probabilità di guarigione. Il cancro tiroideo è più diffuso tra le donne rispetto agli uomini, con un rapporto di 3,2:1 e la sua incidenza aumenta con l’età. Tra le cause, è di riconosciuta importanza l’esposizione a radiazioni ionizzanti alla regione del collo. Il cancro alla tiroide ha avuto un’incidenza moltiplicata da 10 a 100 volte come conseguenza del disastro nucleare di Chernobyl, nelle zone interessate da un aumento significativo della radioattività.