Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) solo la metà degli Stati europei ha predisposto politiche adeguate. Anche in Italia il Fascicolo sanitario elettronico è in ritardo
“Siamo all’apice di una rivoluzione sanitaria digitale, ma milioni di persone rischiano di rimanere indietro”. L’allarme arriva dal direttore dell’Oms Europa, Hans Henri Kluge, che in occasione del Secondo simposio dell’Organizzazione mondiale della sanità sul futuro dei sistemi sanitari digitali nel Vecchio Continente, ha evidenziato come “la salute digitale è il presente e il futuro”.
L’esperto ha sottolineato inoltre come da una parte la maggioranza dei Paesi della regione europea disponga già di qualche forma di cartelle cliniche elettroniche e di una legislazione che tutela la privacy dei dati personali, ma che dall’altra parte solo la metà degli Stati europei può contare su politiche volte a migliorare l’alfabetizzazione sanitaria digitale.
L’obiettivo, dunque, è superare gli squilibri, che penalizzano dal punto di vista dell’accesso al digitale proprio le persone più fragili, tra anziani e quanti vivono in aree rurali. Le parole chiave? Connettività, investimenti, fiducia e cooperazione, secondo l’Oms.
È cioè: la banda larga deve essere affidabile e a basso costo; i governi devono considerare la sanità digitale un investimento strategico a lungo termine; va creata fiducia attorno alla sanità digitale; bisogna collaborare maggiormente a livello internazionale, condividendo le conoscenze.
In quest’ottica, in Italia, come sottolineato in un intervento sul sito del Sole 24 Ore dal Professor Fabrizio Oliva, Presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri e Direttore Cardiologia 1 Ospedale Niguarda di Milano, la medicina digitale potrebbe consentire un passo avanti nella cura dei pazienti e nella ricerca clinica.
In questo quadro si inserisce come strumento di grande utilità il Fascicolo sanitario elettronico (Fse), ovvero un sistema informatizzato che raccoglie, organizza e archivia in formato digitale i dati relativi alla salute del paziente, consentendo la condivisione sicura e rapida delle informazioni.
Ad oggi, sottolinea Oliva, questo strumento non ha dato i frutti sperati e forse bisogna pensare a una sua versione più snella, facendo anche riferimento a due concetti innovativi come il Data Lake e la granularità dei dati. Il primo viene usato per definire un archivio di grandi dimensioni nel quale i dati sono conservati in formato grezzo e non strutturato, con la possibilità poi di classificarli in uno schema strutturato, offrendo così una visione più completa. Viceversa, la granularità dei dati permette di conoscere meglio i dettagli, mettendo il sistema nelle condizioni di prendere le decisioni appropriate.