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rischio cardiovascolare idratazione

Perché bere acqua fa bene al cuore

Pubblicato il 29 Ottobre 2021 Andrea Bertoni In Home page, News /  

Bere circa due litri di acqua al giorno riduce i rischi di futuri scompensi cardiaci. Una corretta idratazione, regolare e continua, infatti, permette al cuore di continuare a pompare il sangue in maniera efficace anche in tarda età.

È la conclusione alla quale è arrivato uno studio presentato al congresso della European Society of Cardiology e condotto dal National Heart, Lung, and Blood Institute di Bethesda (USA), che fa parte dei National Institutes of Health. Questo non è che l’ultimo di diversi studi che sottolinea l’importanza del cosiddetto “oro blu” come la più preziosa risorsa per la vita. Del resto, l’acqua rappresenta circa il 70% del peso del nostro corpo e, fin dal concepimento, è la nostra “culla” naturale. Secondo molti esperti, è dunque l’elemento fondamentale per il mantenimento e la promozione del benessere e della salute umana e mediamente, anche attraverso i cibi, ne andrebbero assunti 2,5 litri al giorno.

L’indagine svolta dal National Heart, Lung, and Blood Institute ha ancora più valore perché riconosce, attraverso analisi empiriche e statistiche, un ruolo all’acqua come elemento per mantenere intatta la funzionalità cardiaca e dunque come strumento di prevenzione primaria contro le patologie dell’apparato cardiocircolatoria, principali cause di decesso nel mondo insieme ad altre cronicità come i tumori. Bere acqua nella giusta quantità ogni giorno appartiene a quei corretti stili di vita che Assidai da sempre promuove tra i propri iscritti, proprio con l’obiettivo di adottare abitudini, alimentari e non solo, corrette e finalizzate a prevenire le cronicità stesse.

I numeri dello studio sul rischio cardiovascolare

Vediamo ora nel dettaglio lo studio in questione. Innanzitutto, il campione, che faceva parte di un precedente studio americano sul rischio cardiovascolare: 15.800 adulti tra i 44 e i 66 anni di età seguiti fino all’età di 70-90 anni. Poi il metodo: come parametro indicativo dell’idratazione è stata usata la concentrazione di sodio nel sangue, due parametri inversamente proporzionali, mentre per quanto riguarda gli scompensi cardiaci non sono stati selezionati solo i casi conclamati ma anche quelli con ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro, una condizione che quasi sempre precede la diagnosi vera e propria della patologia. L’obiettivo? Cercare di scoprire se la quantità di acqua assunta in mezza età fosse in qualche modo associata alla salute cardiaca 25 anni più tardi.

Ebbene, una maggiore concentrazione di sodio nella mezza età è stata associata sia a insufficienza cardiaca sia a ipertrofia ventricolare sinistra 25 anni dopo. Succede probabilmente perché l’organismo risponde alla minore idratazione cercando di conservare l’acqua e mettendo in moto processi che possono contribuire allo sviluppo dello scompenso cardiaco. Infine, i risultati: l’associazione tra scarsa idratazione e malattia cardiaca è rimasta evidente anche dopo aver preso in considerazione altri fattori di rischio, come l’età avanzata, l’ipertensione, la scarsa funzionalità renale, l’abitudine al fumo, alti livelli di colesterolo o un indice di massa corporea superiore alla norma. Conclusione: una buona idratazione per tutta la vita può ridurre il rischio di sviluppare ipertrofia ventricolare sinistra e insufficienza cardiaca.

L’acqua come strumento di prevenzione: gli altri studi

Il National Heart, Lung, and Blood Institute non è però l’unica istituzione autorevole a rimarcare l’importanza di una corretta idratazione. Altri autorevoli esperti hanno evidenziato come essere ben idratati ha molti vantaggi: prima di tutto, aiuta a controllare la quantità di calorie che ingeriamo e di conseguenza il peso. Questo perché talvolta la disidratazione può essere scambiata per fame e portarci a mangiare più del necessario, con eccessivo apporto calorico.

“L’acqua deve essere considerata lo strumento principale per idratare il corpo umano. Soprattutto se si considera quanto, nei Paesi occidentali, sia diffusa l’obesità, legata a un elevato apporto di bevande ad alto valore calorico”, fa notare Water & Health, consensus paper dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quest’ultimo documento sottolinea anche come “una buona idratazione aiuta ad essere più attenti, migliora la memoria a breve termine e l’umore mentre la disidratazione rende incapaci di concentrarsi, causa problemi mnemonici e fa sentire il soggetto irritato e ansioso”.

Benefici ci sono anche per l’apparato cardiocircolatorio, in quanto si riduce la viscosità del sangue e il rischio di trombosi: il magnesio favorisce il rilasciamento delle fibrocellule muscolari cardiache mentre il calcio stimola la contrazione delle cellule e interviene nella coagulazione del sangue, riducendo i rischi di infarto. Infine, una buona idratazione mantiene il tratto urinario in salute e riduce il rischio di infezioni e di calcoli renali.

Assidai e la prevenzione primaria

L’acqua, dunque, come perno della prevenzione primaria, un concetto sempre sostenuto da Assidai. La prevenzione primaria va sottolineato, riguarda un soggetto sano e ha l’obiettivo di mantenere le condizioni di benessere e di evitare la comparsa di malattie. Nel dettaglio, si realizza introducendo una serie di attività o interventi che potenziano i fattori utili alla salute e correggono eventuali comportamenti che possono invece causare malattie. L’obiettivo è il benessere psicofisico e la riduzione del rischio legato all’insorgere di malattie.

In concreto, la prevenzione primaria è rappresentata per esempio da stili di vita sani e corretti: dormendo il giusto numero di ore oppure evitando l’eccessivo aumento di peso o della circonferenza vita. Essere sovrappeso, infatti, non è soltanto un tema estetico ma soprattutto può essere dannoso nel medio e lungo termine, accelerando l’invecchiamento, creando uno squilibrio ormonale consistente e affaticando i nostri organi, a partire proprio dal cuore.

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