Mangiare regolarmente troppo sale può aumentare il rischio di sviluppare la pressione alta, che a sua volta è la principale causa di ictus e una delle principali cause di attacchi di cuore, due patologie responsabili di 17,9 milioni di decessi nel mondo. È questo il principale messaggio lanciato dalla “Salt Awarness Week”, promossa da World Action on Salt, Sugar and Health (Associazione con partner in 100 Paesi dei diversi continenti costituita nel 2005), che a livello globale, tra il 13 e il 19 maggio prossimi, cercherà di aumentare la sensibilizzazione in merito all’eccessivo utilizzo di sale.
Secondo gli esperti, infatti, ridurlo nella nostra dieta è uno dei modi più rapidi ed efficaci per abbassare la pressione sanguigna e migliorare la nostra salute. Ciò di cui spesso non ci rendiamo conto, purtroppo, è quanto sale stiamo mangiando perché la maggior parte di esso è già presente nel cibo che acquistiamo.
A tal proposito l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di consumarne non più di 5 grammi al giorno (ovvero un cucchiaino), ma a livello globale ne consumiamo molto di più. Se l’assunzione di sale da parte della popolazione si riducesse a 5 grammi al giorno, si potrebbero prevenire 1,65 milioni di morti ogni anno per malattie cardiovascolari, abbassando del 23% il pericolo di avere un ictus e del 17% quello di avere una malattia cardiaca.
Il report dell’Oms
Riassumiamo i numeri: a livello mondiale il consumo giornaliero di sale nella popolazione adulta è in media di 10,8 grammi, dunque più del doppio del valore raccomandato dall’Oms. Nonostante ciò, solo il 5% degli Stati membri – nove in tutto – della stessa Oms ha adottato politiche obbligatorie di riduzione del sodio (Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Lituania, Malesia, Messico, Arabia Saudita, Spagna e Uruguay) e il 73% dei Paesi non dispone di una gamma completa di strategie per l’implementazione di tali misure. A dirlo è un recente report dell’Organizzazione mondiale per la sanità, che per la prima volta ha presentato un quadro globale sui progressi compiuti nell’attuazione di politiche di riduzione dell’assunzione di sodio nei 194 Stati membri. Il documento mostra che siamo ben lontani dal raggiungere l’obiettivo globale di ridurre del 30% l’assunzione di sodio entro il 2025, uno dei nove obiettivi strategici del Piano d’azione globale 2013-2020 dell’OMS per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili (“Global Action Plan for the Prevention and Control of Noncommunicable Disease 2013-2020”).
L’impegno del Ministero della Salute e di Assidai
Su questo fronte, va ricordato, si è sempre dimostrato attivo anche il nostro Ministero della Salute sulla base di un dato di fatto preoccupante: in Italia l’uso medio di sale pro-capite, seppur con qualche miglioramento più recente, è comunque stimato a ridosso di 10 grammi giornalieri (ma c’è chi arriva anche a 15 grammi o oltre). Ridurre gli eccessi nel consumo di sale significa abbattere le probabilità di avere ictus o malattie cardiache: questo conferma un tema già affrontato da Assidai su Welfare 24, newsletter realizzata in collaborazione con Il Sole 24 Ore, ovverosia che fare prevenzione, anche a tavola, è molto importante per il proprio benessere psico-fisico.
Dal canto suo, il Ministero della Salute ricorda come a questo fine contribuiscono già da tempo sia il Programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari” (D.P.C.M. 4 maggio 2007), nel cui ambito sono stati siglati numerosi Protocolli d’intesa tra il Ministero stesso e Associazioni di produttori di alimenti artigianali o industriali volti a ridurre il contenuto di sale in diverse categorie di prodotti alimentari, sia il Piano Nazionale della Prevenzione. L’attuale Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025 (Intesa Stato-Regioni del 6 agosto 2020) prevede una linea strategica di intervento per la riduzione del consumo di sale, confermando così l’importanza dell’obiettivo nel contesto della promozione di una sana alimentazione per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, già perseguito dalle Regioni con il precedente PNP 2014-2018, prorogato al 2019, attraverso lo sviluppo di iniziative comprendenti, tra l’altro, accordi intersettoriali locali e attività informative per la popolazione e formative per operatori connessi al settore alimentare.
Come non superare la soglia limite di sale: le cinque regole d’oro
Analizziamo la situazione iniziando a ragionare con qualche esempio pratico, che spieghi numeri all’apparenza di difficile comprensione: una colazione a base di latte e cereali contiene già mezzo grammo di sale. Invece, un pranzo che prevede spaghetti alle vongole (1,5 grammi di sale), un’insalata di tonno e mais (3 grammi), pane (0,4 grammi) e gelato (0,5 grammi) supera già il tetto fissato dall’Oms e si posiziona a 5,4 grammi di sale. Finiamo con una cena con pasta alle acciughe (3,3 grammi), 80 grammi di prosciutto crudo (3,3 grammi), pane (0,4 grammi) e una fetta di cheesecake (0,5 grammi) e si consumano altri 7,5 grammi di sale per arrivare a un totale giornaliero abnorme e cioè 15 grammi di sale, che fanno quasi mezzo chilo al mese. Un’obiezione potrebbe essere rappresentata dal fatto che non abbiamo preso a modello dei pasti particolarmente leggeri. È anche vero, tuttavia, che non abbiamo tenuto conto dei vari spuntini e snack (spesso salati, talvolta vero e proprio “junk food”, il cosiddetto cibo spazzatura) consumati tra un pasto e l’altro e che, spesso, molti alimenti contengono già di per sé sale e non ne siamo a conoscenza.
Come fare dunque per diminuire il consumo di sale? Ecco cinque regole d’oro da seguire secondo lo studio analizzato:
– fare un generoso uso di erbe e spezie al posto del sale e limitare il gusto di condimenti contenenti sodio (come dado da brodo, ketchup, salsa di soia o senape): il nostro gusto si abituerà rapidamente.
– preferire frutta e verdura fresche e limitare il consumo di piatti industriali e sughi già pronti; risciacquare il più possibile le verdure e i legumi in scatola, moderando al tempo stesso il consumo di formaggi (preferendo per esempio quelli freschi agli stagionati) e salumi.
– controllare l’etichetta presente sui singoli prodotti che acquistiamo e scegliere quelli meno salati (diversi alimenti subiscono, infatti, trattamenti industriali che li rendono più salati).
– scegliere pane, cracker e prodotti da forno meno salati che renderanno la dieta più salutare. Per uno spuntino meglio preferire frutta e spremute.
– eliminare la saliera cosa che incoraggerà i più giovani a non aggiungere ai piatti condimenti salati. E, ove possibile, aggiungere meno sale alle ricette: pasta e riso, per esempio, possono essere cotti in acqua poco salata.
Guai agli eccessi: puntare sul sale iposodico
Tutti questi discorsi, ovviamente, non devono spingerci verso l’eccesso opposto e cioè il totale abbandono del consumo di sale, anche perché l’organismo non produce il sodio contenuto nel sale stesso: dunque abbiamo bisogno di introdurlo nella dieta, ma non in eccesso. Piuttosto meglio propendere per i cosiddetti sali iposodici cioè prodotti a basso apporto di cloruro di sodio sostituito generalmente dai sali di potassio che però hanno un sapore amarognolo e per questo il prodotto finale, a fronte di un costo superiore a quello del comune sale da cucina, è talvolta poco gradito. Ancora meglio sarebbe l’utilizzo di sale iposodico iodato e cioè addizionato artificialmente di iodio sotto forma di ioduro o iodato di potassio. Va ricordato che il sale iodato è la soluzione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per ridurre i disordini da carenza iodica: esistono infatti delle aree del pianeta, tra cui l’Italia, in cui l’apporto dietetico di questo minerale è particolarmente basso e purtroppo ciò può causare gravissimi problemi di salute.
In conclusione, possiamo affermare che il messaggio che lo studio sottolinea è proprio quello di porre un po’ più di attenzione a ciò che ingeriamo nel corso della giornata e di farci guidare dal buon senso nelle scelte alimentari per stare meglio e ridurre notevolmente il rischio di ammalarci.