Ecco l’analisi curata dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane
Il nostro Paese ha tratto tre insegnamenti dalla pandemia. Innanzitutto, la politica si è convinta ad aumentare le risorse economiche a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale. In secondo luogo, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha riconosciuto l’importanza del ruolo dell’assistenza sul territorio come prima linea di difesa della stessa sanità pubblica. Infine, si è registrato un crescente utilizzo di strumenti tecnologici in grado di semplificare la gestione del sistema.
A dirlo è la XVIII edizione del “Rapporto Osservasalute”, curato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane (diretto dal professor Walter Ricciardi) che opera nell’ambito di Vihtali, spin-off dell’Università Cattolica, presso il campus di Roma. Un ampio report di 561 pagine, frutto del lavoro di 242 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università, Agenzie regionali e provinciali di sanità, Assessorati regionali e provinciali, Aziende ospedaliere e sanitarie, Istituto superiore di sanità, Consiglio nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori, Ministero della Salute, Agenzia italiana del farmaco, Istat.
L’Italia, evidenzia lo studio, sta pagando il conto della pandemia. L’aspettativa di vita è calata in un anno di tutto il guadagno ottenuto nel decennio precedente. La mortalità è aumentata – causa l’influenza negativa del Covid – rispetto alla media 2015-2019 per malattie come demenza (+49%), diabete (+40,7%) e cardiopatie ipertensive (+40,2%). Inoltre, il Prodotto interno lordo italiano è crollato di quasi il 9% nel 2020. Certo, ora grazie alla campagna vaccinale e all’arrivo della stagione estiva la situazione sta migliorando in maniera significativa. Tuttavia, nel nostro Paese – si osserva – “il Servizio Sanitario Nazionale ha mostrato i suoi limiti, vittima della violenza della pandemia, ma anche delle scelte del passato che hanno sacrificato la sanità in nome dei risparmi di spesa”.
Dopo il Covid aumentano i fondi pubblici per la Sanità
La buona notizia, invece, è che la sanità pubblica sembra pronta a ripartire su basi più solide e più efficienti. Per esempio, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2021 cui concorre lo Stato è stato innalzato a 121 miliardi di euro. Inoltre, la Legge di Bilancio 2021 ha stabilito che tale finanziamento sarà incrementato di 823 milioni per l’anno 2022, di 527 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 e di 418 milioni annui a decorrere dall’anno 2026. Altro elemento positivo, come detto, è il crescente utilizzo di strumenti tecnologici in grado di semplificare la gestione del sistema, come testimoniano le numerose iniziative digitali per la facilitazione della gestione dei pazienti durante il periodo pandemico, sia durante la fase di confinamento, sia in fase di uscita dal lockdown. Un cambio di passo che potrebbe essere molto utile in futuro con lo strumento della telemedicina che potrebbe giocare un ruolo chiave nell’abbassamento dei costi del Servizio Sanitario Nazionale, a supporto della sua stabilità e sostenibilità nel lungo periodo.
In questo scenario, conclude lo studio, la prevenzione primaria gioca un ruolo molto rilevante. L’adozione di stili di vita corretti è infatti la premessa per evitare l’insorgere di patologie croniche che rappresentano un dramma per il malato e per la sua famiglia ma anche un elemento di costo rilevante per la sanità pubblica, che nei prossimi anni dovrà anche fare i conti con il graduale invecchiamento della popolazione.