Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è un sistema universalistico e solidale, tra i migliori al mondo per alcuni indicatori di salute (per esempio attesa di vita e mortalità infantile) e di spesa, e garantisce servizi essenziali anche alle fasce più deboli della popolazione. Proprio per questo, sedersi sugli allori e pensare che la copertura universale resterà comunque tale nonostante gli attuali trend sfavorevoli (invecchiamento della popolazione, cronicizzazione di alcune malattie e peggioramento dei conti pubblici), può rivelarsi controproducente e alla lunga insostenibile dal punto di vista finanziario.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dal “Rapporto Oasi 2017”, l’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano realizzato ogni anno da Cergas-Sda Bocconi, che al tempo stesso suggerisce la soluzione per mantenere gli attuali standard: superare la contrapposizione tra pubblico e privato, sia nell’erogazione sia nel finanziamento del sistema, valorizzando così le sinergie e le collaborazioni (per esempio nella revisione del ruolo della spesa privata e intermediata rispetto alla spesa out of pocket) e introducendo modelli assistenziali e organizzativi flessibili in grado di adattarsi all’evoluzione dei bisogni.
La sanità pubblica sui livelli dei competitor europei
Secondo il paper, la spesa sanitaria italiana è sobria: corrisponde al 9% del PIL (contro il 9,9% della Gran Bretagna e l’oltre 11% di Francia e Germania) ma la componente pubblica riesce a coprire ben il 75% della spesa privata totale a fronte di un 23% “out of pocket” (cioè di esborsi pagati di tasca propria dai cittadini) e di solo il 2% di spesa intermediata da assicurazioni e fondi integrativi di assistenza sanitaria come Assidai.
Insomma, i consumi privati hanno un ruolo strutturale ma ciò, secondo gli autori della Bocconi, non è una prova di carenze del sistema pubblico. I dati mostrano infatti come la quota di spesa sanitaria privata dell’Italia sia in linea con quella di altri Paesi a estesa copertura pubblica (siamo al 25% contro il 21% della Francia, il 29% della Spagna e il 24% dell’Austria) e la stessa quota risulti maggiore nelle Regioni dove il sistema pubblico funziona meglio, rimanendo sostanzialmente stabile nonostante i prolungati anni di contenimento della spesa pubblica (intorno al 2% del PIL). Semmai, la vera anomalia è il fatto che, a differenza di quanto si registra in altri Paesi, le forme assicurative volontarie e la sanità integrativa intermediano una parte ancora minoritaria della spesa privata (il 2% contro il 14% della Francia). Una forbice che evidenzia quali siano i margini di crescita del cosiddetto “secondo pilastro”.
Italia record: è la migliore sulle ospedalizzazioni inappropriate
Ma come si posiziona il nostro Servizio Sanitario Nazionale, a livello qualitativo e quantitativo, nel panorama internazionale? Premesso che nel 2016 è stato registrato un avanzo contabile di 329 milioni ed è ormai stato raggiunto l’equilibrio economico finanziario a livello nazionale e nella maggior parte delle Regioni, la ricerca evidenzia come nel nostro Paese la spesa sanitaria totale pro capite registra valori inferiori ai principali Paesi Ue, dove tuttavia in alcuni casi scarseggia la copertura pubblica. La dotazione di posti letto è diminuita in tutti i Paesi mentre in Italia le dimissioni ospedaliere per 100mila abitanti sono calate negli ultimi anni a un valore inferiore alla media europea. Non solo: il nostro Paese registra il valore più basso tra quelli considerati sulle ospedalizzazioni inappropriate e sul consumo di antibiotici, facendo segnare inoltre una significativa riduzione del numero di parti cesarei.
I fondi integrativi come supporto per l’equilibrio del sistema
Il tema vero è il futuro e la tenuta dell’attuale equilibrio. Qualche numero? I pazienti cronici rappresentano il 21% della popolazione e tendono ad assorbire gran parte delle prestazioni ambulatoriali. Gli anziani non autosufficienti sono 2,8 milioni a fronte di soli 270mila posti letto sociosanitari residenziali pubblici o privati accreditati. Il numero medio di figli per donna continua a calare (1,34) e nel 2065 gli anziani saranno il 60% della popolazione attiva.
Tutti trend che chiamano in causa il ruolo complementare della sanità integrativa, come da sempre dichiara Assidai, come supporto per mantenere un Servizio Sanitario Nazionale efficiente, universalistico e solidale.