Dimezzare da 10 a 5 grammi al giorno il consumo abituale di sale riduce del 23% il pericolo di avere un ictus e del 17% il rischio di avere una malattia cardiaca. Bastano queste statistiche per intuire l’obiettivo della recente Settimana Mondiale 2018 “Meno Sale più salute” che ha puntato il dito su un problema troppo spesso sottovalutato nelle nostre abitudini alimentari, cioè l’eccessivo consumo di sale.
L’iniziativa è stata promossa dalla Società Italiana di Nutrizione Umana, in collaborazione con il Gruppo di lavoro intersocietario per la riduzione del consumo di sodio in Italia, nell’ambito della più ampia campagna organizzata a livello mondiale da World Action on Salt and Health (Wash) – Wolfson Institute of Preventive Medicine – Queen Mary University of London. Ma su questo fronte, va ricordato, si è sempre dimostrato attivo anche il nostro Ministero della Salute sulla base di un dato di fatto preoccupante: in Italia l’uso medio di sale procapite è stimato pari a circa 10 grammi giornalieri (ma c’è chi arriva a 15), il doppio rispetto al limite massimo di 5 grammi fissato dall’Organizzazione mondiale per la sanità. Ridurre gli eccessi nel consumo di sale significa abbattere le probabilità di avere ictus o malattie cardiache: questo conferma un tema affrontato più volte da Assidai nel corso di convegni e sulla propria newsletter “Welfare 24”, realizzata in collaborazione con “Il Sole 24 Ore”, ovverosia che fare prevenzione, anche a tavola, è molto importante per il proprio benessere psico-fisico.
5 regole per consumare la giusta quantità di sale
Analizziamo la situazione iniziando a ragionare con qualche esempio pratico, che spieghi numeri all’apparenza di difficile comprensione: una colazione a base di latte e cereali contiene già mezzo grammo di sale. Invece, un pranzo che prevede spaghetti alle vongole (1,5 grammi di sale), un’insalata di tonno e mais (3 grammi), pane (0,4 grammi) e gelato (0,5 grammi) supera già il tetto fissato dall’Oms e si posiziona a 5,4 grammi di sale. Finiamo con una cena con pasta alle acciughe (3,3 grammi), 80 grammi di prosciutto crudo (3,3 grammi), pane (0,4 grammi) e una fetta di cheesecake (0,5 grammi) e si consumano altri 7,5 grammi di sale per arrivare a un totale giornaliero abnorme e cioè 15 grammi di sale, che fanno quasi mezzo chilo al mese. Un’obiezione potrebbe essere rappresentata dal fatto che non abbiamo preso a modello dei pasti particolarmente leggeri. È vero, tuttavia, non abbiamo tenuto conto dei vari spuntini e snack (spesso salati, talvolta vero e proprio “junk food”, il cosiddetto cibo spazzatura) consumati tra un pasto e l’altro e che, spesso, molti alimenti contengono già di per sé sale e non ne siamo a conoscenza.
Come fare dunque per diminuire il consumo di sale? Ecco cinque regole d’oro da seguire secondo lo studio analizzato:
- fare un generoso uso di erbe e spezie al posto del sale e limitare il gusto di condimenti contenenti sodio (come dado da brodo, ketchup, salsa di soia o senape): il nostro gusto si abituerà rapidamente.
- preferire frutta e verdura fresche e limitare il consumo di piatti industriali e sughi già pronti; risciacquare il più possibile le verdure e i legumi in scatola, moderando al tempo stesso il consumo di formaggi (preferendo per esempio quelli freschi agli stagionati) e salumi.
- controllare l’etichetta presente sui singoli prodotti che acquistiamo e scegliere quelli meno salati (diversi alimenti subiscono, infatti, trattamenti industriali che li rendono più salati).
- scegliere pane, cracker e prodotti da forno meno salati che renderanno la dieta più salutare. Per uno spuntino meglio preferire frutta e spremute.
- eliminare la saliera: cosa che incoraggerà i più giovani a non aggiungere ai piatti condimenti salati. Quando possibile, aggiungere meno sale alle ricette: pasta e riso, per esempio, possono essere cotti in acqua poco salata.
Puntare sul sale iposodico
Tutti questi discorsi, ovviamente, non devono spingerci verso l’eccesso opposto e cioè il totale abbandono del consumo di sale, anche perché l’organismo non produce il sodio contenuto nel sale stesso: dunque abbiamo bisogno di introdurlo nella dieta, ma non in eccesso. Piuttosto meglio propendere per i cosiddetti sali iposodici, cioè prodotti a basso apporto di cloruro di sodio, sostituito generalmente dai sali di potassio, che però hanno un sapore amarognolo e per questo il prodotto finale, a fronte di un costo superiore a quello del comune sale da cucina, è talvolta poco gradito. Ancora meglio sarebbe l’utilizzo di sale iposodico iodato e cioè addizionato artificialmente di iodio sotto forma di ioduro o iodato di potassio. Va ricordato che il sale iodato è la soluzione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per ridurre i disordini da carenza iodica: esistono infatti delle aree del pianeta, tra cui l’Italia, in cui l’apporto dietetico di questo minerale è particolarmente basso e purtroppo ciò può causare gravissimi problemi di salute.
Insomma, per preservare la nostra salute e prevenire malattie invalidanti (come l’ictus) dobbiamo riporre grande attenzione su ogni aspetto della nostra alimentazione, compresi i condimenti e ovviamente il principale di essi cioè il sale, che va assunto nelle giuste quantità e senza esagerare né in un senso né nell’altro.