Lo scorso anno avevamo già introdotto il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, adottato in via definitiva nelle scorse settimane dalla Conferenza Stato-Regioni.
Fra i suoi principali obiettivi ci sono:
- consolidare l’attenzione alla centralità della persona, tenendo conto che questa si esprime anche attraverso le azioni finalizzate a migliorare la cosiddetta “alfabetizzazione sanitaria.
- Accrescere la capacità degli individui di interagire con il sistema sanitario attraverso relazioni basate sulla fiducia, la consapevolezza e l’agire responsabile.
- Migliorare il mantenimento del benessere in ciascuna fase dell’esistenza.
- Potenziare le azioni di promozione della salute e di prevenzione, e di genere, al fine di migliorare l’appropriatezza ed il sistematico orientamento all’equità degli interventi.
A tutti gli effetti il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, rappresenta lo strumento fondamentale di pianificazione centrale degli interventi di prevenzione e promozione della salute da realizzare sul territorio. Esso – sottolinea il Ministero della Salute – punta infatti
“a garantire sia la salute individuale e collettiva sia la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale attraverso azioni quanto più possibile basate su evidenze di efficacia, equità e sostenibilità che accompagnano il cittadino in tutte le fasi della vita, nei luoghi in cui vive e lavora”.
Perché un Piano Nazionale di Prevenzione
I lavori sul Piano Nazionale di Prevenzione proseguivano da oltre un anno mentre era stata effettuata una proroga al precedente Piano 2014-2018. Stiamo parlando – è bene ricordarlo – di uno strumento fondamentale di pianificazione del Ministero della Salute, messo in campo già dal 2005: un documento di respiro strategico che a livello nazionale stabilisce gli obiettivi e gli strumenti che vengono poi adottati a livello regionale. Del resto, l’assetto istituzionale del nostro Paese in tema di tutela della salute è semplice: stabiliti i principi fondamentali da parte dello Stato, le Regioni hanno competenza non solo in materia di organizzazione dei servizi, ma anche sulla legislazione per l’attuazione dei principi stessi, sulla programmazione, sulla regolamentazione e sulla realizzazione dei differenti obiettivi. Perché serve un Piano nazionale di prevenzione? Su questo punto il Ministero della Salute è chiaro: un investimento in interventi di prevenzione costituisce una scelta vincente, capace di contribuire a garantire, nel medio e lungo periodo, la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, a maggior ragione considerate le sue caratteristiche di equità e universalità praticamente uniche al mondo.
Il ruolo cruciale della prevenzione è riconosciuto anche da Assidai, che la reputa fondamentale e ogni anno promuove campagne di prevenzione gratuite per gli iscritti al Fondo sanitario e campagne di informazione sui corretti stili di vita. Ad oggi le malattie croniche (ad esempio le cardiopatie, l’ictus, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche) sono i principali killer a livello mondiale. Non solo: ragionando anche in termini più prettamente economici, una buona prevenzione consente pure allo Stato di risparmiare le spese in termini di cure, ospedalizzazioni e assistenza nel lungo periodo che mettono a serio rischio la tenuta del sistema.
Il Piano al 2025: obiettivi e strategie
Ebbene, il nuovo Piano per la Prevenzione al 2025, anche alla luce della recente pandemia di Covid, sottolinea l’indispensabilità di una programmazione sanitaria basata su una rete coordinata e integrata tra le diverse strutture e attività presenti nel territorio, anche al fine di disporre di sistemi flessibili in grado di rispondere con tempestività ai bisogni della popolazione, sia in caso di un’emergenza infettiva, sia per garantire interventi di prevenzione (screening oncologici, vaccinazioni, individuazione dei soggetti a rischio, tutela dell’ambiente, ecc.) e affrontare le sfide della promozione della salute e della diagnosi precoce e presa in carico integrata della cronicità. Per raggiungere questo obiettivo si punta su alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse e conferma l’impegno nella promozione della salute, chiamata a caratterizzare le politiche sanitarie non solo per l’obiettivo di prevenire una o un limitato numero di condizioni patologiche, ma anche per creare nella comunità e nei suoi membri un livello di competenza, resilienza e capacità di controllo che mantenga o migliori il capitale di salute e la qualità della vita.
Nel dettaglio, il piano si articola in sei Macro Obiettivi:
- malattie croniche non trasmissibili;
- dipendenze e problemi correlati;
- incidenti stradali e domestici;
- infortuni e incidenti sul lavoro, malattie professionali;
- ambiente, clima e salute;
- malattie infettive prioritarie.
Esso inoltre mira a contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che definisce un approccio combinato agli aspetti economici, sociali e ambientali che impattano sul benessere delle persone e sullo sviluppo delle società, affrontando dunque il contrasto alle disuguaglianze di salute quale priorità trasversale a tutti gli obiettivi. Proprio la riduzione delle principali disuguaglianze sociali e geografiche rappresenta una priorità trasversale a tutti gli obiettivi del Piano: il profilo di salute ed equità della comunità – si legge nel documento finale approntato dalla Conferenza Stato-Regioni – rappresenta il punto di partenza per la condivisione con la comunità e l’identificazione di obiettivi, priorità e azioni sui quali attivare le risorse della prevenzione e al tempo stesso misurare i cambiamenti del contesto e dello stato di salute.
I prossimi passi e le mosse delle Regioni
Quali saranno ora i prossimi passi? Ogni Regione è ora chiamata ad adottare il Piano e a predisporre e approvare un proprio Piano locale (Piano Regionale della Prevenzione), entro i termini previsti dall’intesa, declinando contenuti, obiettivi, linee di azione e indicatori del Piano nazionale all’interno dei contesti regionali e locali. A sua volta il livello centrale è tenuto a mettere in campo le linee di supporto centrale al Piano nazionale, parte integrate del Piano stesso, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi garantendo la coesione del sistema. Infine, come il precedente, il Piano adotta infine un sistema di valutazione, basato su indicatori e relativi standard, che consente di misurare, nel tempo, e in coerenza con il monitoraggio dell’applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), lo stato di attuazione dei programmi, anche al fine di migliorarli in itinere, nonché il raggiungimento dei risultati di salute e di equità attesi.