Offrire un indennizzo di 25 centesimi per chilometro percorso ai lavoratori che, scegliendo di abbandonare l’auto, cominceranno ad andare in ufficio in bicicletta, promuovere l’uso delle scale sul luogo di lavoro, offrire una ristorazione aziendale incentrata su una alimentazione corretta, incentivare ambienti di lavoro senza alcol e smoke free.
E ancora: affiggere in punti strategici poster e cartelli con messaggi motivazionali, distribuire materiale informativo sul valore dell’attività fisica, organizzare pause lavorative di almeno 10 minuti per fare attività fisica posturale e contrastare le mansioni sedentarie, sfruttare la comunicazione interna realizzando gruppi di cammino che praticano fit o nordic-walking, adibire una vera e propria palestra, con docce e spogliatoi, all’interno dell’azienda e a disposizione dei dipendenti.
Sono solo alcuni degli esempi di come l’impresa può adottare una “filosofia” di promozione della salute che vede il posto di lavoro come luogo privilegiato sia perché frequentato dall’adulto sano (che può “sfuggire” al medico di medicina generale), sia perché le persone vi trascorrono la maggior parte della propria giornata. Il tutto in una logica nuova, la cui sintesi perfetta è il welfare aziendale, in cui il rapporto tra dipendente e datore di lavoro non è più antagonistico ma collaborativo con vantaggi reciproci e un doppio fine comune: il benessere del personale e la redditività dell’impresa.
I rischi della sedentarietà: perché fare movimento
La sedentarietà è una condizione che può essere favorita dal tipo di lavoro svolto, ma può essere anche un’abitudine mantenuta nel tempo libero. In Europa, si stima che più del 35% delle persone resti seduta per più di 7 ore al giorno. Anche in Italia, tra la popolazione adulta che lavora, la sedentarietà è un comportamento diffuso, determinato dai lunghi periodi trascorsi in piedi o seduti, durante la giornata.
Non è un caso che i lavoratori che dichiarano di avere invece uno stile di vita attivo sono una minoranza, rispetto a chi è attivo solo in parte. La sedentarietà, insieme con scarsa attività fisica, scorretta alimentazione, abitudine al fumo e uso di alcol, rappresenta un fattore di rischio indipendentemente dai livelli di attività fisica praticati. Trattasi infatti dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e metaboliche (infarto, obesità, diabete di tipo II), nonché dei tumori.
Viceversa è dimostrato che uno stile di vita sano rappresenta un ottimo investimento di prevenzione. È importante scegliere di muoversi regolarmente, tutte le volte che se ne ha l’opportunità. Camminare, andare in bicicletta, salire le scale sono alcuni modi per aumentare i livelli di attività fisica e contrastare la sedentarietà. L’attività fisica, svolta ogni giorno secondo i livelli raccomandati, aiuta a mantenersi in buona salute e favorisce il benessere psicologico riducendo ansia, depressione e senso di solitudine.
Perché promuovere l’attività fisica sul luogo di lavoro
In virtù di questi ragionamenti realizzare dei programmi di promozione dell’attività fisica nei luoghi di lavoro è un investimento sia per la salute dei manager, e in generale per il benessere dei dipendenti, sia per la crescita dell’impresa. I benefici, come ricordato da un report del Ministero della Salute riferito alla pubblica amministrazione (ma il ragionamento per un’azienda privata è analogo), sono svariati. Sia per i dipendenti sia per l’impresa. Per i primi migliora la salute e la qualità della vita anche sul posto di lavoro, aumenta il benessere psicofisico e riduce il rischio di soffrire di alcune malattie (malattie cardiovascolari, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete).
Per quanto riguarda l’azienda migliorano la qualità della vita sul luogo di lavoro, l’immagine dell’azienda stessa, le relazioni lavorative e la produttività, aumenta il senso di appartenenza (concetto questo che è favorito anche da una leadership efficace dei manager) e riduce le assenze per malattia, gli infortuni sul lavoro e i costi sociali (indennizzi, assicurazioni).
Alla luce di tutto ciò come deve muoversi quindi l’impresa? Essenzialmente lavorando su tre pilastri: informativo e comunicativo (aumentare le conoscenze dei lavoratori sui benefici dell’attività fisica e sulle iniziative realizzate sul luogo di lavoro, motivare e sostenere il cambiamento dei comportamenti non salutari); educativo e formativo (organizzando per esempio seminari per sensibilizzare e acquisire conoscenze sull’importanza di fare attività fisica e sulle strategie di modifica dei comportamenti oppure esercitazioni sulle corrette posture da tenere al lavoro); strutturale e organizzativo (salire le scale; riconoscere tempi e spazi per svolgere esercizi facili per la postura in intervalli brevi).
Assidai e gli stili di vita contro le cronicità
Assidai ha sempre sottolineato, attraverso una costante e approfondita attività di comunicazione e sensibilizzazione il ruolo cruciale dell’attività fisica (e degli stili di vita corretti) come prevenzione per determinate malattie cronico-degenerative. Quest’ultime, come noto, sono caratterizzate da un lungo periodo di sviluppo e colpiscono prevalentemente donne e uomini più anziani.
Stiamo parlando di un ampio gruppo di patologie che vanno dall’osteoporosi alle malattie cardiovascolari, dal diabete alle dislipidemie per arrivare a sovrappeso/obesità, malattie respiratorie croniche, ictus e cancro. Sono tra le malattie più invalidanti e mortali che interessano molti Paesi e che sono caratterizzate da fattori di rischio endogeni non modificabili ed esogeni modificabili: proprio tra quest’ultimi l’inattività fisica gioca un ruolo cruciale. Viceversa, l’attività fisica fornisce vantaggi sia al singolo individuo, sia al Servizio Sanitario Nazionale e a Fondi di assistenza sanitaria come Assidai, riducendo l’ospedalizzazione e l’uso di farmaci.