Un aumento dei finanziamenti al Servizio Sanitario Nazionale per 3,5 miliardi di euro, un potenziamento dei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza), una ulteriore spinta sulla prevenzione e un ammodernamento della normativa dei fondi sanitari integrativi. Sono questi alcuni dei capisaldi del “Patto per la Salute 2019-2021” approvato definitivamente dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso dicembre.
Un documento che rafforza la centralità e il ruolo della sanità pubblica italiana, nota in tutto il mondo per le caratteristiche di equità e universalità nell’accesso alle cure, che tuttavia oggi e soprattutto domani dovrà affrontare sfide cruciali, a partire dall’invecchiamento della popolazione, comuni a tutti i principali partner europei.
“Il Paese è più unito e vuole investire nuovamente, con tutta l’energia possibile, nel comparto salute”, ha dichiarato – commentando l’accordo – il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sottolineando come l’obiettivo da qui alla fine della legislatura, annunciato insieme al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sia quello di dedicare altri 10 miliardi in più alla sanità.
“Proveremo ogni giorno a migliorare il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – ha aggiunto il Ministro –. Questa approvazione del Patto per la Salute è un fatto positivo e rilevante, ma è anch’esso un punto di partenza per costruire una sanità più in grado di rispondere alle domande dei cittadini”.
Più investimenti e spinta sui LEA
Vediamo allora che cosa prevede nel dettaglio il nuovo Patto per la Salute. A partire da un aumento delle risorse pubbliche destinate al SSN per il triennio 2019-2021: dai 114.474.000.000 euro del 2019 si passerà infatti ai 116.474.000.000 euro per il 2020 e ai 117.974.000.000 euro per il 2021. Complessivamente si tratta di 3,5 miliardi in più che verranno dunque investiti sulla sanità pubblica.
Un altro elemento cruciale riguarda i Livelli Essenziali di Assistenza (i cosiddetti LEA), cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse). Su questo punto – si legge nel Patto per la Salute – Governo e Regioni convengono sulla necessità di completare al più presto il percorso di attuazione del Decreto del gennaio 2017, che fissava appunto i nuovi LEA, attraverso l’approvazione di un decreto che individui le tariffe per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica, consentendo così l’entrata in vigore dei relativi Nomenclatori sull’intero territorio nazionale.
Non solo, Governo e Regioni – si aggiunge – “convengono sulla necessità di consolidare gli importanti risultati fino ad oggi ottenuti dalle politiche di risanamento economico finanziario perseguite negli anni passati considerando prioritario il rafforzamento della funzione universalistica e di garanzia dell’equità del Servizio Sanitario Nazionale”. Ciò verrà fatto “indirizzando le azioni e le politiche verso il recupero delle differenze che ancora oggi persistono tra le Regioni e all’interno delle Regioni stesse”.
Il ruolo chiave della prevenzione
Il nuovo Patto per la Salute punta anche sullo sviluppo dei servizi di tutela e di prevenzione della salute, che Assidai, nella propria attività, persegue con costanza e convinzione offrendo gratuitamente ai propri iscritti ogni anno un protocollo di prevenzione (l’ultimo è stato quello contro il melanoma). Recita il documento:
“Il mutato contesto socio-epidemiologico, l’allungamento medio della durata della vita e il progressivo invecchiamento della popolazione, con il costante incremento di situazioni di fragilità sanitaria e sociale, l’aumento della cronicità e la sempre più frequente insorgenza di multi-patologie sul singolo paziente, impongono una riorganizzazione dell’assistenza territoriale”.
Essa – si evidenzia nel documento pubblicato sul sito del Ministero della Salute – dovrà promuovere, attraverso modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute e percorsi di presa in carico della cronicità per favorire gli investimenti sull’assistenza socio-sanitaria e sanitaria domiciliare, lo sviluppo e l’innovazione dell’assistenza semiresidenziale e residenziale, in particolare per i soggetti non autosufficienti”.
Più in concreto, Governo e Regioni vogliono puntare, tra l’altro su “interventi basati su evidenze di costo, efficacia, equità e sostenibilità, finalizzati alla promozione di stili di vita sani e alla rimozione dei fattori di rischio correlati alle malattie croniche non trasmissibili”, che oggi sono i principali killer a livello mondiale, in particolare nei Paesi occidentali. Per scendere ancor più nello specifico, si concorda, per lo screening mammografico “sulla necessità di ampliare le fasce di età interessate nell’ambito delle risorse programmate per il Servizio Sanitario Nazionale” mentre le malattie croniche vanno contrastate attraverso “promozione della salute, diagnosi precoce e presa in carico, secondo un approccio integrato tra prevenzione e cura”.
Fondi sanitari integrativi, verso una revisione normativa
Un altro argomento chiave affrontato dal nuovo Patto per la Salute è quello dei fondi sanitari integrativi. Governo e Regioni convengono di “istituire un gruppo di lavoro con una rappresentanza paritetica delle Regioni rispetto a quella dei Ministeri, che, entro sei mesi dalla sottoscrizione del patto, concluda una proposta di provvedimento volta all’ammodernamento e alla revisione della normativa sui fondi sanitari ai sensi dell’articolo 9 del Dlgs 502/1992, e sugli altri enti e fondi aventi finalità assistenziali”. Ciò al fine di “tutelare l’appropriatezza dell’offerta assistenziale in coerenza con la normativa nazionale, di favorire la trasparenza del settore, di potenziare il sistema di vigilanza, con l‘obiettivo di aumentare l’efficienza complessiva del settore a beneficio dell’intera della popolazione e garantire un’effettiva integrazione dei fondi con il Servizio sanitario nazionale”, procedendo al contempo ad “un’analisi degli oneri a carico della finanza pubblica”.
La necessità di un’integrazione tra sanità pubblica e fondi integrativi, con la prima che resta il pilastro a livello nazionale e la seconda che svolge un ruolo complementare, così come la necessità di un’adeguata vigilanza, sono temi da sempre sostenuti da Assidai; in questo modo, il Servizio Sanitario Nazionale potrà conservare intatte in futuro le proprie prerogative, a vantaggio di tutta la popolazione, tenendo ferme le caratteristiche di universalità ed equità della sanità pubblica.