Lo scorso 20 ottobre è stata celebrata la Giornata mondiale dell’osteoporosi, una malattia caratterizzata da alterazioni della micro-architettura del tessuto osseo e compromissione della resistenza dell’osso che predispongono a un aumentato rischio di fratture spontanee o indotte da minimi traumi, definite anche come “fratture da fragilità”. Fratture che interessano principalmente le vertebre, il femore prossimale, l’omero prossimale, il polso e la caviglia. L’osteoporosi è molto diffusa a livello globale e si stima che nel nostro Paese colpisca circa 5 milioni di persone, di cui l’80% è rappresentato da donne in post menopausa.
A livello globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha più volte richiamato l’attenzione sull’osteoporosi e, soprattutto, sulle fratture da fragilità, che hanno rilevanti conseguenze sia in termini di mortalità sia di disabilità motoria, con elevati costi sanitari e sociali. Nel corso della propria vita, circa il 40% della popolazione incorre in una frattura del femore, di vertebra o di polso, nella maggioranza dei casi dopo i 65 anni, in crescita parallela rispetto all’aumento dell’aspettativa media di vita della popolazione mentre numerose indagini condotte dalla International Osteoporosis Foundation (IOF) in tutto il mondo hanno, inoltre, mostrato una carenza diffusa e persistente nella cura dell’osteoporosi e nella prevenzione delle fratture da fragilità.
Proprio la prevenzione – così come per molte altre patologie – è un fattore chiave nella lotta contro l’osteoporosi: nelle Strategie di intervento lanciate dal Governo negli anni scorsi si afferma infatti che “per quanto riguarda i fattori di rischio ambientali e modificabili, è noto che un’alimentazione non equilibrata e povera di calcio, spesso associata ad uno stile di vita sedentario, alterano il normale processo di rimodellamento osseo, favorendo il progressivo impoverimento dello scheletro”.
L’osteoporosi in Italia: numeri e trend
In Italia l’osteoporosi è diffusa in tutte le Regioni, anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione, incidendo profondamente sullo stato di salute e di benessere delle persone affette, poiché si accompagna a gravi complicanze, quali le fratture, che peggiorano la qualità di vita e spesso ne riducono la durata.
Secondo l’indagine Multiscopo dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana” relativa all’anno 2019, l’8,1% (il 2,3% dei maschi e il 13,7% delle femmine) della popolazione italiana ha dichiarato di essere affetto da osteoporosi, con prevalenza che aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età, in particolare nelle donne dopo i 55 anni, fino a raggiungere il 32,9% (l’11,2% dei maschi e il 47,5% delle femmine) oltre i 74 anni.
La dimensione del fenomeno osteoporosi nel nostro Paese è stata indagata anche dallo studio ESOPO (Epidemiological Study On the Prevalence of Osteoporosis), condotto con valutazione ultrasonometrica calcaneare (QUS) su 16.000 pazienti (donne di età compresa tra i 40 e i 79 anni e uomini tra i 60 e i 79 anni) in 83 centri specialistici distribuiti su tutto il territorio nazionale, con la collaborazione di 1.850 medici di medicina generale. I risultati hanno fatto emergere un dato di prevalenza di osteoporosi del 22,8% nelle donne di 40-79 anni, e di quasi il 50% per le donne di età superiore ai 70 anni. Le fratture osteoporotiche oltre i 50 anni di età colpiscono un uomo su cinque e una donna su tre. Inoltre, si stima che il rischio di frattura osteoporotica nel corso della vita negli uomini di età superiore ai 50 anni arrivi fino al 27% e sia superiore al rischio di sviluppare il cancro alla prostata, che è dell’11,3%. Tutti dati coerenti con quanto rilevato in Italia da un’altra indagine Istat, in cui alla domanda “È affetto o è stato affetto in passato da una o più delle seguenti malattie o condizioni patologiche di lunga durata?”, il 25,1% degli italiani ultrasessantacinquenni ha dichiarato di aver ricevuto una diagnosi di osteoporosi. Le percentuali sono più alte in Sardegna (32,8%), Campania (31,3%) e Sicilia (30,1%), più basse in Trentino-Alto Adige (16,6%), Valle d’Aosta (18%) e Friuli-Venezia Giulia (18,9%). Se consideriamo le donne di età 45-79 anni la percentuale è del 19,5%, mentre considerando solo le donne di età superiore ai 70 anni si arriva al 43%. L’analisi delle serie storiche conferma inoltre che le donne sono più colpite degli uomini dall’osteoporosi con un rapporto che nella popolazione generale è di circa 7 a 1 e che la prevalenza dell’osteoporosi presenta un trend in crescita, in particolare per il sesso femminile.
La prevenzione dell’osteoporosi come fattore chiave
Alla luce di questi numeri e dei rilevanti costi che il Servizio Sanitario Nazionale si trova costretto ad affrontare per le conseguenze della osteoporosi (nel 2010 si stimavano oltre 7 miliardi l’anno, di cui 2,4 miliardi per le conseguenti disabilità a lungo termine), risulta cruciale lavorare in termini di prevenzione, una strategia considerata cruciale da Assidai non soltanto per questa specifica patologia.
Partiamo dal presupposto che la densità ossea diminuisce normalmente con l’età e l’incidenza di osteoporosi, pertanto, aumenta con l’invecchiamento. Il ricambio del calcio nell’osso è di circa il 100% all’anno nel bambino, ma diventa il 18% nell’adulto. Nello sviluppo dell’osteoporosi una crescita ossea sub-ottimale nelle prime fasi della vita deve essere considerata importante tanto quanto la perdita di massa ossea che si verifica in età adulta. L’osteoporosi è una condizione multifattoriale, alla cui patogenesi concorrono fattori costituzionali, genetici e ambientali. Tra i fattori di rischio non modificabili i più importanti sono l’età, il genere, la razza bianca o asiatica, la familiarità per osteoporosi o fratture da fragilità.
Per quanto riguarda i fattori di rischio ambientali e modificabili – e qui veniamo agli ambiti in cui deve incidere la prevenzione primaria – è noto che un’alimentazione non equilibrata e povera di calcio, spesso associata ad uno stile di vita sedentario, altera il normale processo di rimodellamento osseo, favorendo il progressivo impoverimento dello scheletro. Altri comportamenti, come il tabagismo, il consumo rischioso e dannoso di alcol e l’abuso di caffeina contribuiscono ad aumentare il rischio di malattia. La nicotina tende ad anticipare la menopausa di 1-2 anni, e, inoltre, interferisce con l’attività degli osteoblasti.
Per l’alimentazione, va sottolineato che sia il sovrappeso e l’obesità che l’eccessiva magrezza o la presenza di disturbi del comportamento alimentare, quali l’anoressia/bulimia, sono strettamente correlati con un elevato rischio di osteoporosi. Negli ambienti di vita e di lavoro, inoltre, prevalgono oggi condizioni che incoraggiano abitudini alimentari scorrette e riducono le opportunità di svolgere attività fisica. Gran parte della popolazione di tutte le fasce di età svolge un’attività fisica inadeguata e consuma in abbondanza alimenti e bevande ad alta densità energetica e scarso valore nutrizionale. In particolare, in Italia si è assistito nel secolo scorso al passaggio da un elevato consumo di frutta, verdura, cereali, olio d’oliva, legumi e pesce, proprio della dieta mediterranea tradizionale, ad un sempre maggiore consumo, specie tra i giovani, di alimenti ad alto contenuto di grassi e zuccheri semplici e povero di micronutrienti, fondamentali anche per la salute dello scheletro.
Il vademecum del Ministero della Salute
Infine, ecco un rapido vademecum, messo a punto dal Ministero della Salute, per prevenire l’insorgenza della osteoporosi.
A tavola la parola d’ordine è non sottrarre calcio all’organismo e contribuire alla sua assimilazione nelle ossa. Dunque:
- Bevi ogni giorno almeno una tazza di latte (200 ml), meglio se parzialmente scremato.
- Fai ogni giorno uno spuntino ricco di calcio: uno yogurt naturale o alla frutta (125 gr) o un frullato di frutta e latte.
- Bevi ogni giorno almeno 1,5 litri di acqua, meglio se ricca di calcio.
- Consuma 1 porzione di formaggio alla settimana (100 gr. di formaggio fresco come mozzarella, crescenza, quartirolo o 60 gr. di formaggio stagionato come grana, parmigiano, fontina, provolone, ecc.).
- Mangia pesci ricchi di calcio 3 volte alla settimana (alici, calamari, polpi, crostacei o molluschi).
- Evita l’assunzione di alimenti ricchi di calcio insieme ad alimenti ricchi di ossalati come spinaci, rape, legumi, prezzemolo, pomodori, uva, caffè, tè perché queste sostanze ne impedirebbero l’assorbimento (per esempio non abbinare formaggio e spinaci)
- Riduci l’uso del sale da cucina e di cibi ricchi di sodio (insaccati, dadi da brodo, alimenti in scatola o in salamoia).
- Evita di consumare un’elevata quantità di proteine perché aumentano l’eliminazione di calcio con le urine.
- Non eccedere con gli alimenti integrali o ricchi di fibre perché un giusto apporto è salutare, ma possono ridurre l’assorbimento di calcio.
- Limita gli alcolici perché diminuiscono l’assorbimento di calcio e riducono l’attività delle cellule che “costruiscono l’osso”.
Ciò senza dimenticare che la lotta alla osteoporosi ha due altri grandi alleati: il fitness e il sole. Praticare una regolare attività fisica è fondamentale per un buon mantenimento della funzione e della struttura ossea a tutte le età. Nell’infanzia e nell’adolescenza aiuta a raggiungere una maggiore densità dell’osso rispetto a chi rimane inattivo; nelle persone anziane un po’ di movimento tiene in allenamento la forza muscolare, diminuendo i rischi di cadute e fratture. Un ruolo importante è svolto anche dalla vitamina D che aiuta il corpo ad assorbire il calcio proveniente dai cibi ingeriti e agisce nei processi di rimodellamento osseo. Per soddisfare il nostro fabbisogno di vitamina D è cruciale l’esposizione alla luce solare in quanto siamo capaci di sintetizzarla a livello della pelle grazie ai raggi ultravioletti (UVB). Stare all’aperto un’ora al giorno, con mani, braccia o viso scoperti, è sufficiente per una normale produzione di vitamina D. Negli anziani, che escono poco e sempre molto coperti, possono essere indicati supplementi di questa vitamina.
È importante sottolineare come molti di questi accorgimenti siano coerenti con la prevenzione primaria da sempre sostenuta da Assidai e portata avanti negli anni anche con specifiche campagne di prevenzione – l’adozione di stili di vita sani, un’alimentazione equilibrata, un’attività fisica quotidiana – come strategia contro le malattie croniche (tumori, patologie cardiocircolatorie, diabete) principali responsabili dei decessi a livello globale.