Più tumori ma anche più guarigioni. È questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dall’ottava edizione della ricerca “I numeri del cancro 2018”, frutto della collaborazione tra l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), di Fondazione AIOM e di PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia). Un voluminoso studio che evidenzia come complessivamente quest’anno nel nostro Paese sono stimati 373.300 nuovi casi di tumore (194.800 uomini e 178.500 donne), con un leggero aumento, in termini assoluti, di 4.300 diagnosi rispetto al 2017. Allo stesso tempo, tuttavia, quasi 3,4 milioni di persone vivono dopo la scoperta della malattia (3.368.569, contro i 2.244.000 nel 2006), ovvero sia il 6% dell’intera popolazione: un dato in costante e deciso aumento. Ancora, dallo studio emerge con forza l’importanza di screening periodici e l’adozione di stili di vita sani rispettivamente per diagnosticare un tumore nella fase iniziale e per abbassare i rischi dell’insorgere di questa patologia.
Quanto si sopravvive al cancro?
La sopravvivenza a cinque anni è uno dei principali risultati da valutare in campo oncologico, poiché permette di valutare l’efficacia del sistema sanitario nei confronti della patologia tumorale ed è condizionata da due aspetti: la fase nella quale viene diagnosticata la malattia e l’efficacia delle terapie intraprese.
Complessivamente le donne hanno una sopravvivenza a 5 anni del 63%, migliore rispetto a quella degli uomini (54%), in gran parte determinata dal tumore della mammella, la neoplasia più frequente nelle donne, caratterizzata da una buona prognosi. Le persone che si sono ammalate nel 2005-2009 hanno avuto una sopravvivenza migliore, rispetto a chi si è ammalato nel quinquennio precedente sia negli uomini (54% contro il 51%) sia nelle donne (63% contro il 60%).
Negli uomini le sopravvivenze migliori si registrano per i tumori del testicolo, della prostata e della tiroide; nelle donne per i tumori della tiroide, della mammella e per il melanoma. Il dato peggiore, invece, riguarda per entrambi i sessi il tumore del pancreas (inferiore al 10%). C’è poi il tema del divario territoriale tra Nord e Sud, anche se lo studio evidenzia come la forbice si stia mano a mano riducendo: nelle prime tre posizioni si collocano Emilia-Romagna, Toscana (56% uomini e 65% donne in entrambe le Regioni) e Veneto (55% e 64%); in coda invece il Sud, con Sicilia (52% uomini e 60% donne), Sardegna (49% e 60%) e Campania (50% e 59%).
I tumori più frequenti in Italia
Quali sono i tumori più frequenti? Nel 2018, secondo lo studio, si è registrato un sorpasso con quello della mammella stiamo a 52.800 nuovi casi (erano 51.000 nel 2017), davanti al colon-retto (51.300, erano 53.000 nel 2017) e al polmone (41.500, erano 41.800 nel 2017). L’altra faccia della medaglia è quella della mortalità: stando ai dati ISTAT in media ogni giorno oltre 485 persone muoiono a causa di una neoplasia. In tutto parliamo di 178.232 decessi attribuibili a tumore (99.050 uomini e 79.182 donne), tra i circa 600mila totali l’anno. I tumori sono la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi), dopo le malattie cardio-circolatorie (37%).
Il tumore che miete più vittime ogni anno è quello al polmone (33.836), seguito da colon-retto (18.935), mammella (12.381), pancreas (11.463) e fegato (9.675). Può indurre all’ottimismo, invece, un ulteriore dato: almeno il 27% (909.514 persone) di chi si è ammalato di cancro può ritenersi guarito, ossia con un’attesa di vita paragonabile a quella delle persone non affette da tumore. Assidai con i suoi Piani Sanitari Individuali e Piani Sanitari Aziendali tutela i propri iscritti, offrendo loro la possibilità di accedere a tutte le cure necessarie, anche presso le strutture convenzionate.
Il ruolo della prevenzione primaria nella cura del cancro
Infine, il tema della prevenzione primaria e dei fattori di rischio. Le cause note delle alterazioni del DNA nella genesi del cancro, secondo la ricerca, sono di vari ordini: si ipotizzano cause di tipo ambientale, genetiche, infettive, legate agli stili di vita e fattori casuali. In base a una ricerca condotta negli Stati Uniti, il fumo di tabacco da solo è responsabile del 33% delle neoplasie e un altro 33% è legato ai cosiddetti stili di vita (dieta, sovrappeso, abuso di alcool e inattività fisica). I fattori occupazionali sono responsabili del 5% delle neoplasie, mentre le infezioni sono causa dell’8% circa, le radiazioni ionizzanti e l’esposizione ai raggi ultravioletti del 2% e l’inquinamento ambientale contribuisce per un altro 2%. L’ereditarietà ha un’incidenza molto bassa nella genesi tumorale: meno del 2% della popolazione è portatrice di mutazioni con sindromi ereditarie di rischio neoplastico. Un altro studio condotto nel Regno Unito conferma il fumo e l’inattività fisica (associata a stili alimentari scorretti) rispettivamente con il 19% e il 25%. L’ennesima conferma che, per battere il cancro, così come le principali malattie non trasmissibili, bisogna sempre giocare d’anticipo.