di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager
La politica, i media, la comunità scientifica, i cittadini, tutti dibattono sul cambiamento climatico, ormai così evidente. Abbiamo negli occhi le immagini dell’Emilia-Romagna alluvionata mentre attraversiamo un’estate di eventi estremi, con tempeste e grandine al Nord, incendi e caldo record al Centro Sud.
Se il clima è cambiato, la responsabilità principale è dell’essere umano. E le conseguenze cominciano ad essere altrettanto evidenti sulla salute delle persone e sull’economia dei territori. Proprio in questi giorni uno studio della Banca d’Italia analizza la correlazione tra temperature medie e andamento economico: un aumento di 1,5 gradi potrebbe costare all’Italia una perdita equivalente a tre volte il valore del Pnrr.
Secondo la ricerca, ci potremmo trovare nell’anno 2100 ad avere un livello di Pil pro-capite diminuito fino al 9,5%. Insomma, uno scenario apocalittico che obbliga noi e l’Europa a perseguire politiche correttive.
Lo ribadiamo, sono due le grandi sfide di questo tempo: la transizione green che i manager delle nostre industrie stanno affrontando e il tema della sostenibilità sociale, di governance e ambientale. È quanto mai necessario indirizzare le nostre migliori risorse verso l’obiettivo del raggiungimento di una piena sostenibilità: gli effetti, come abbiamo detto, saranno diretti sia sul Pil sia sulla salute. Di tale portata da rispedire al mittente qualsiasi negazionismo, minimizzazione o dileggio della crisi climatica in atto.