Intervista a Piero Barbanti, Presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee: “La severità del dolore e dei sintomi condiziona le capacità sociali e lavorative”
“I malati di emicrania? “Vivono la vita a metà ed effettuano scelte di ripiego, anche nella vita lavorativa, per la paura di non essere all’altezza a causa della propria patologia”. Il valore della prevenzione per combatterla? “è la vera cura e consiste non nella somministrazione del solito analgesico in occasione dell’attacco ma in un trattamento prolungato per mesi per ridurre il numero mensile di giorni in cui l’emicrania si presenta”. Piero Barbanti è Presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee nonché Professore associato di Neurologia all’Università San Raffaele di Roma e sull’emicrania ha un’opinione molto chiara: “è la prima patologia neurologica e impatta severamente sulla vita di un soggetto”.
L’emicrania è una delle patologie più diffuse in Italia di cui tuttavia, paradossalmente, si parla meno. Perché? Ci può dare qualche numero relativo all’Italia e a livello globale?
L’emicrania è la terza malattia più frequente del genere umano e la prima per disabilità in soggetti di età inferiore ai 50 anni. Questa enorme massa di persone tende a non emergere per vari motivi: da un lato si tratta di un esercito silenzioso, fatto di pazienti che spesso hanno ritrosia a comunicare il proprio problema per timore di essere non compresi o etichettati come soggetti nevrotici; dall’altro, i sintomi dell’emicrania vengono frequentemente equivocati per problemi di artrosi cervicale, sinusite o intolleranze alimentari.
Quali sono i costi “sociali” dell’emicrania e che ricadute ha questa patologia sulla vita degli individui, in particolare in ambito lavorativo?
L’emicrania impatta severamente sulla vita del soggetto per due ordini di motivi. In primo luogo, la severità del dolore e dei sintomi associati (nausea, vomito, fastidio per le luci e per i rumori) condiziona le capacità sociali e lavorative del soggetto. Ma non è tutto. Il paziente emicranico teme i propri attacchi anche quando non ha mal di testa e vive sovente in una condizione di paura dell’emicrania nota come cefalalgofobia che comporta rinunce a opportunità e occasioni nel timore che si possano rivelare situazioni scatenanti. Si tratta in sostanza di un soggetto che vive la vita a metà e che a volte effettua scelte di ripiego nell’ambito scolastico e lavorativo temendo di non essere all’altezza per via della propria patologia.
Che valore ha la prevenzione per il mal di testa e come si può effettuare?
La prevenzione è la vera cura dell’emicrania e consiste non nella somministrazione del solito analgesico in occasione dell’attacco ma in un trattamento prolungato per mesi per ridurre il numero mensile di giorni in cui l’emicrania si presenta. Fino a poco tempo fa la scelta ricadeva solo su farmaci beta-bloccanti, calcio-antagonisti, antidepressivi ed antiepilettici, molecole efficaci ma non specifiche, gravate da diversi effetti collaterali che comportano a volte l’interruzione del trattamento. Da poco sono disponibili gli anticorpi monoclonali antiCGRP, trattamenti selettivi e specifici utilizzati in genere per 12 mesi, caratterizzati da ottima efficacia e eccellente tollerabilità, in grado di incidere molto più incisivamente sulla disabilità del soggetto. Gli anticorpi monoclonali finora in commercio si iniettano per via sottocutanea mensilmente (o ogni 3 mesi, nel caso di un particolare anticorpo). Nel futuro dovrebbe essere commercializzato anche in Europa un anticorpo monoclonale ad uso trimestrale per via endovenosa. Gli anticorpi monoclonali antiCGRP possono essere prescritti solo da specifici centri ai pazienti che abbiano almeno 8 giorni di emicrania disabilitante al mese e non abbiano risposto a trattamenti adeguati con beta-bloccanti, antidepressivi e antiepilettici.