L’uso eccessivo (che talvolta sfocia in dipendenza) dello smartphone è uno dei principali problemi della società di oggi, in particolare per quanto riguarda bambini e adolescenti che sono in una fase cruciale per lo sviluppo del cervello.
C’è tuttavia un’ulteriore declinazione del problema che ha un nome ben preciso e si chiama “ipnosi da smartphone”. A coniarlo è stato Enzo Di Frenna, giornalista e promotore di Netdipendenza Onlus, organizzazione no profit contro il cosiddetto tecnostress. L’ipnosi “si vede ai concerti”, dove ormai gli spalti sono illuminati a giorno dalle luci blu dei telefonini, con la videocamera immancabilmente attivata, “ma banalmente anche in metropolitana, dove praticamente tutti viaggiano con la testa china sullo schermo”, ha osservato l’esperto. Il risultato? “Non ci si accorge di ciò che si sta facendo”, si ha il cellulare in mano e “ci si estranea dalla realtà, non si è più neanche consapevoli”.
Nello specifico di un concerto, “migliaia di cellulari riprendono il palco e chi è dietro a quello schermo è ipnotizzato dalla realtà virtuale. Tra la persona e l’artista in quel momento c’è un filtro. Guardiamo alla realtà non più in maniera diretta, ma con gli occhi della videocamera, del cellulare. E questo è un problema serio dal punto di vista psicologico”. L’aspetto più paradossale è che poi tutte queste immagini o questi video “quasi certamente finiranno nel dimenticatoio, in un archivio che nessuno aprirà più. O diventano strumenti per mostrare agli altri qualcosa per qualche secondo sui social”.