A livello mondiale, il fumo di sigaretta e il binomio guerre-terrorismo “costano” economicamente più dell’obesità
Sono almeno 17 milioni gli italiani che soffrono di malattie legate a problematiche nutrizionali, con un impegno economico per la collettività non inferiore ai 25 miliardi di euro l’anno. Un trend in crescita, purtroppo, sia per il nostro Paese sia per il resto del mondo, fortemente correlato alla diffusione di stili di vita errati, non contrastabili con il solo intervento sanitario (preventivo e curativo). Basta pensare che, in termini di aggravio economico a livello mondiale, la sola obesità si colloca al terzo posto dopo il fumo di sigaretta e il binomio guerre-terrorismo. Per la prevenzione, poi, in Italia attualmente si spende circa il 4,2% della spesa sanitaria, a fronte del 5% prestabilito, laddove già uno studio Ocse 2010 ha evidenziato come in alcune nazioni (Canada, Olanda, Spagna, Francia, USA) un incremento (+1%) della spesa in prevenzione abbia portato a una progressiva riduzione (-3%) della spesa per prestazioni curative.
Ecco perché serve una stretta interazione fra i vari “attori” del sistema: consumatori, nutrizionisti, mondo agricolo, ma anche politici e amministratori. In questo senso, l’Adi – l’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – con il “Manifesto delle criticità in Nutrizione Clinica e Preventiva per il quadriennio 2015-2018” ha voluto affrontare questa problematica in maniera strutturale e concreta.