La flora batterica intestinale, anche detta microbiota, può aiutare a prevenire alcune malattie autoimmuni, tra cui il diabete di tipo 1? Rispondere a questa domanda è il principale obiettivo di un nuovo studio recentemente finanziato dal Ministero della Salute e condotto dal gruppo di ricerca diretto dalla Dottoressa Marika Falcone presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Il progetto si svolge in collaborazione con le Unità cliniche di Diabetologia, Pediatria e Gastroenterologia dell’Ospedale stesso. Il gruppo di ricerca Patogenesi Autoimmune, guidato proprio da Marika Falcone, analizza già da molti anni il ruolo che l’ambiente intestinale e il microbiota giocano nelle malattie autoimmuni extra-intestinali. Nel 2019, in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica statunitense “Proceedings of the National Academy of Sciences”, organo ufficiale della United States National Academy of Sciences, i ricercatori sono stati peraltro tra i primi a rivelare un nesso causale tra infiammazione intestinale, alterazioni del microbiota e sviluppo del diabete, ma tale risultato è stato finora limitato a modelli sperimentali della malattia. Di qui la decisione di approfondire ulteriormente la questione con nuove e più approfondite analisi direttamente sull’uomo.
Il ruolo della flora batterica
Per spiegare meglio tutto ciò bisogna partire da un presupposto: il ruolo cruciale giocato dalla flora batterica intestinale. Quest’ultima, infatti, è composta da milioni di batteri, virus e funghi che vivono nel nostro intestino e – come sottolinea l’Ospedale San Raffaele sul proprio sito – sono fondamentali per un buon funzionamento del nostro organismo: regolano infatti diverse funzioni metaboliche, lo sviluppo del sistema nervoso e controllano il sistema immunitario. Negli ultimi anni, si è inoltre scoperto come il microbiota sia in grado di modulare alcuni nostri meccanismi di difesa, ad esempio, nel corso di infezioni e contro i tumori. In quest’ottica, è stata formulata l’ipotesi che il microbiota possa rivelarsi un fattore fondamentale anche nella prevenzione delle malattie autoimmuni, ovvero di quelle patologie in cui, per cause ancora sconosciute, il sistema immunitario attacca alcuni componenti del nostro stesso organismo, come le isole pancreatiche produttrici di insulina nel caso del diabete di tipo 1 o diabete autoimmune.
Come detto, già negli anni scorsi i ricercatori hanno dimostrato che in condizioni di infiammazione intestinale, come quella indotta da una dieta ricca di grassi o da alterazioni del microbiota, si assiste all’attivazione di cellule del sistema immunitario che dall’intestino migrano nel pancreas dove distruggono le cellule produttrici di insulina, provocando quindi il diabete. “A giocare un ruolo chiave nell’innescare questa risposta autoimmune verso le cellule pancreatiche sembra proprio essere il microbiota che, quando la barriera intestinale è compromessa da uno stato infiammatorio, entra in contatto diretto con il sistema immunitario alterandone le funzioni”, ha spiegato la Dottoressa Falcone.
Lo studio del San Raffaele: tecniche e obiettivi
Ora l’obiettivo dell’equipe del San Raffaele è dunque dimostrare l’esistenza di un rapporto causa-effetto, nell’organismo umano, tra composizione del microbiota, infiammazione intestinale e insorgenza di diabete autoimmune. Lo studio avverrà, come spesso accade, confrontando soggetti diabete di tipo 1 e individui sani mentre il prelievo di tessuto intestinale verrà effettuato di routine presso l’Unità di Gastroenterologia dell’Ospedale nell’ambito di indagini diagnostiche, per esempio, per la diagnosi di malattia celiaca, gastrite atopica e altri disturbi gastrointestinali e non comporta alcun rischio per i pazienti. “Il contributo di tutti, sia di soggetti affetti da diabete di tipo 1, sia di soggetti sani, che si rivolgono al nostro ospedale per effettuare una gastroscopia a scopo diagnostico, sarà essenziale per capire il ruolo del microbiota nello sviluppo del diabete di tipo 1 e aprirà la strada a nuove terapie volte a modificare l’ambiente intestinale per prevenire la malattia o migliorarne il decorso in pazienti diabetici”, è la conclusione di Marika Falcone.
Il diabete di tipo 1, Assidai e la prevenzione
Nel caso raggiungesse risultati positivi, la ricerca dell’ospedale San Raffaele consentirebbe di aggiungere un importante tassello al mosaico della prevenzione contro le malattie croniche, di cui il diabete fa parte. Quello di tipo 1 è una forma che si manifesta prevalentemente nel periodo dell’infanzia e nell’adolescenza, anche se non sono rari i casi di insorgenza nell’età adulta. Esso, come detto, rientra nella categoria delle malattie autoimmuni perché è causato dalla produzione di autoanticorpi (anticorpi che distruggono tessuti e organi propri non riconoscendoli come appartenenti al corpo ma come organi esterni) che attaccano le cellule del pancreas deputate alla produzione di insulina. La conseguenza è la forte riduzione della produzione di questo ormone il cui compito è quello di regolare l’utilizzo del glucosio da parte delle cellule.
La prevenzione è l’elemento fondamentale per la lotta alle cronicità. È questa una ferma convinzione di Assidai. Per due motivi: sia per tutelare la salute di tutti noi sia per contribuire alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e delle sue caratteristiche, uniche al mondo, di universalità ed equità. Per questo, il nostro Fondo si impegna in una costante attività di informazione verso tutti i propri stakeholder – in primis gli iscritti – su questi temi, in modo che possano adottare i comportamenti più virtuosi possibili in base alle nuove frontiere tracciate dalla scienza.