Qual è il segreto per arrivare a 100 anni in buona salute? Diversi ricercatori, accademici ed esperti di alimentazione si sono esercitati su questo tema. Uno degli ultimi studi, in ordine temporale, è stato realizzato dall’Università di Teramo che ha esaminato un’area dell’Abruzzo che comprende 151 comuni delle zone interne e a ridosso dei Parchi: lì risiedono 503 centenari e 18.000 nonagenari (cioè oltre i 90 anni), attestati dall’Istat. Insomma, un’area non troppo grande su cui effettuare le proprie indagini con cura e che ha rivelato due fattori cruciali per la longevità, comuni peraltro ad altre ricerche effettuate in altre zone del mondo. Ovvero, “un’attività fisica costante e una dieta sana con grande consumo di prodotti vegetali quali verdura, frutta, legumi, cereali e, invece, l’assenza quasi totale di dolci”, ha sottolineato il professor Mauro Serafini, ordinario di Alimentazione e Nutrizione umana all’Università di Teramo.
Il caso dell’Abruzzo non è l’unico: negli ultimi anni sono saliti agli onori delle cronache, tra gli altri, i centenari della Sardegna (in particolare in provincia di Nuoro) e quelli dell’isola di Okinawa, in Giappone. E anche in questi casi emerge con forza il valore dell’alimentazione e delle buone abitudini nel determinare una vita lunga e in buona salute, evitando – attraverso la cosiddetta prevenzione primaria – l’insorgere di malattie croniche. Un concetto che Assidai, attraverso una costante attività di divulgazione e informazione verso i manager iscritti e tutti gli altri stakeholder, sostiene in modo convinto con due obiettivi: tutelare la salute ed evitare che i drammi legati alle patologie croniche, oltre alle gravi conseguenze dal punto di vista personale e familiare.
La dieta dei centenari abruzzesi e lo “stress infiammatorio”
Dunque, quali sono le abitudini alimentari dei centenari d’Abruzzo? Secondo gli studiosi gioca un ruolo centrale lo “sdijuno”, o “stappa digiuno”: sarebbe una prima colazione salata di circa 300 calorie, consumata alle 6:30 del mattino. Per pranzo, alle 12:30, pasto abbondante con polenta, carne, legumi, pasta fatta in casa. La cena, sempre seguendo la tradizione locale, è alle 18:30, a base di verdure, minestra, uova, formaggi. “Con questi ritmi si favorisce un basso stress infiammatorio notturno in concordanza con i ritmi circadiani (cioè di 24 ore) che, infatti, rallentano il metabolismo nelle ore serali. – ha sottolineato al proposito il Professor Serafini – Pur essendo, il nostro, uno studio osservazionale analizza l’importanza della crononutrizione legata all’orario dei pasti per una maggiore longevità: dalla cena al pranzo ci sono circa 17,5 ore della cosiddetta “restrizione calorica”, una finestra interrotta soltanto dalla prima colazione. Questo dà alle persone la capacità di non stressare né il sistema immunitario né il metabolismo, preparandoli per un pasto abbondante come il pranzo”. In sostanza, ha continuato, “si tratta di una possibile spiegazione della loro longevità, senza dimenticare che a determinarla intervengono numerosi altri fattori”, tra cui ovviamente anche la genetica.
Un concetto chiave è quello di “stress infiammatorio” – sottolinea al proposito la Fondazione Veronesi – che viene sempre più nominato in medicina, ma non è molto noto ai non addetti ai lavori: si tratta di una risposta immunitaria al cibo, una sorta di meccanismo di difesa dal cibo stesso, che si innalza dopo un pasto e scende dopo 7-8 ore. “Se il mangiare è continuo e non sano – osserva al proposito il professor Serafini – il livello dello stress non torna più giù. Ed è un danno”.
I casi della Sardegna e della giapponese Okinawa
Anche in Sardegna, nel Sud dell’isola e vicino Nuoro, ci sono zone con una vita media molto elevata. I segreti? Poco stress, niente fumo, attività fisica dettata dalle abitudini giornaliere (o dal lavoro nei campi) e alimentazione come fattore fondamentale. I centenari consumano prevalentemente prodotti naturali senza conservanti e additivi e bevono acqua pura durante tutto il giorno. La dieta è ricca di fibre e con modeste quantità di carboidrati e poca carne: legumi, cereali integrali, verdura e frutta fresca sono tra gli elementi più importanti, poi ci sono i formaggi mentre viene consumato poco pesce. Nell’isola giapponese di Okinawa, invece, la dieta si basa su un basso apporto calorico: la regola è alzarsi da tavola quando si è sazi all’80%. E poi ci sono gli alimenti cardine della dieta che si fonda soprattutto su cibo di origine vegetale: patate dolci come fonte primaria di carboidrati, tanti vegetali e legumi (soprattutto soia), consumo moderato di pesce e solo occasionale di carne magra e formaggi. Pochissimi grassi e alcol bandito. È utile ricordare che all’ingresso del villaggio di Ogimi, situato nel nord rurale della principale isola di Okinawa, c’è una piccola lastra in pietra che riporta alcune frasi in giapponese. La traduzione: “A 80 anni, sei un giovane. A 90, se i tuoi antenati ti invitano in cielo, chiedi loro di aspettare fino a che non arrivi a 100, poi puoi prendere in considerazione la cosa”. Secondo gli ultimi censimenti, 15 dei 3.000 abitanti del villaggio di Ogimi sono centenari e 171 sono ultranovantenni. Certo, conta anche la componente genetica, ma è indubbio che un’alimentazione equilibrata e senza eccessi giochi un ruolo fondamentale.