Definire regole più efficaci in base alle caratteristiche dell’azienda, ma anche ai bisogni dei dipendenti. È questo il principale obiettivo dei cosiddetti contratti di II livello, che consentono di operare con maggiori autonomia e flessibilità, integrando alcuni istituti economici e normativi disciplinati dai Contratti Collettivi Nazionali (i CCNL, che rappresentano il primo livello) o da specifiche normative.
Negli ultimi anni, la contrattazione di II livello ha vissuto un percorso di sviluppo importante, anche perché è alla base di temi di crescente attualità come il welfare aziendale, la previdenza integrativa, l’orario e la sede di lavoro (“smart working”), la formazione professionale, la salute o e pari opportunità. In sostanza, gli accordi di II livello consentono – previa contrattazione tra l’azienda e il sindacato – di “cucire” un contratto su misura all’azienda stessa, ma anche a quello che possono essere le specifiche esigenze dei suoi dipendenti. Tra queste è sempre più richiesta una copertura sanitaria integrativa e Assidai si propone come partner affidabile ed efficace per tutti i decision maker aziendali che volessero mettere a punto soluzioni (anche personalizzate) per remunerare o premiare i propri manager.
La legislazione del lavoro: il quadro normativo
Per capire il ruolo e l’importanza ad oggi della contrattazione di II livello è utile effettuare un breve riepilogo dell’architettura del contratto di lavoro subordinato. Essa, infatti, si articola su tre livelli.
Il primo è rappresentato dalle leggi che stabiliscono diritti e doveri dei lavoratori, il secondo dai CCNL (cioè i Contratti collettivi nazionali di lavoro: per esempio Federmanager lo scorso luglio ha rivisto con Confindustria il Contratto nazionale dei dirigenti industriali) e il terzo dal contratto individuale di lavoro. Quest’ultimo, va precisato, è frutto della negoziazione tra il singolo dipendente e il datore di lavoro ma può introdurre modifiche esclusivamente migliorative rispetto al CCNL, per esempio sugli orari di lavoro e sul salario.
Come si colloca in questo quadro la contrattazione di II livello? Essa è il risultato di una trattativa tra azienda e organizzazioni sindacali che permette di derogare al CCNL. Non solo, va ricordato, che spesso sono gli stessi CCNL a delegare proprio alla contrattazione di II livello la regolamentazione di determinate materie o istituti che potrebbero richiedere soluzioni “personalizzate” per singole aziende, per esempio in tema di premi di produttività, di orari di lavoro o di sicurezza. Del resto, proprio l’erogazione di premi di produttività o di welfare aziendale – grazie alle novità introdotte dal Governo negli ultimi anni – consentono risparmi in termini fiscali sia alle aziende sia ai dipendenti.
Focus su premio di produttività e welfare aziendale
Tutto ciò, al tempo stesso, pone anche un tema rilevante: affinché siano validi degli accordi di II livello devono funzionare in modo perfetto sia sul fronte degli eventuali benefici fiscali, sia su quello del loro effettivo allineamento alla normativa. Ciò vale in particolare per due aspetti. Il primo riguarda i premi variabili, per i quali è richiesto un accordo collettivo aziendale che preveda una variabilità reale del premio di fronte a incrementi di determinati parametri economici. Inoltre, la normativa è in evoluzione: c’è chi propone di aumentare dagli attuali 3mila a 5mila euro il limite dei premi detassabili, tenendo fermo – come noto – il limite di reddito di 80mila euro per beneficiare dell’incentivo fiscale.
L’altro aspetto chiave da tenere in considerazione è quello del welfare, inteso non come risultato della trasformazione del premio variabile in beni o servizi, ma come welfare a sé stante, non soggetto né a imposta (per il dipendente) né a contribuzione (per l’impresa), che può essere previsto dalla contrattazione collettiva. In questo caso, per essere “in regola”, è necessario che le misure di welfare non vengano concesse ad personam ma a tutti i dipendenti o a determinate categorie di essi.
La contrattazione di II livello in Italia
Infine, per avere un quadro sullo stato dell’arte della contrattazione di secondo livello è utile sintetizzare un rapporto, che ha analizzato un campione di accordi, elaborato e presentato di recente dalla CGIL e dalla Fondazione Di Vittorio, studio che ha dedicato un focus specifico al welfare aziendale. Il campione utilizzato per l’analisi fa riferimento ad un totale di 1.700 accordi di natura aziendale e territoriale, che interessano circa 1 milione di lavoratori. Dal punto di vista geografico spicca una distribuzione disomogenea dei contratti: più di 4 accordi su 10 fanno capo al Nord, in particolare all’Emilia Romagna (16%), alla Lombardia (14%), al Piemonte (8%) e al Veneto (6%) mentre tra le regioni del Centro spiccano la Toscana (10%) e il Lazio (7%). Dal punto di vista merceologico, invece, i comparti in cui sono stati stipulati più accordi sono quello pubblico, quello del commercio e del turismo e quello meccanico mentre l’area di intervento più frequente afferisce al trattamento economico, in particolare all’istituto del premio di risultato che, come previsto dalla Legge di Bilancio 2016, è detassato.
Infine, il welfare aziendale, sempre più diffuso: era presente nel 23% dei contratti nel 2015 per salire poi al 26% nel 2016 e arrivare al 27% nel 2017. Tra le prestazioni più frequenti spiccano previdenza complementare e sanità integrativa con rispettivamente l’8,1% e il 7,9% del totale, a testimonianza del ruolo cruciale che possono giocare i fondi sanitari integrativi come Assidai non solo per i futuri equilibri del Servizio Sanitario Nazionale ma anche per rafforzare una nuova concezione del rapporto di lavoro, che vada a valorizzare sempre più il rapporto le aziende e i loro dipendenti.