Il Professor Lazzerini illustra le nuove frontiere diagnostiche delle canalopatie cardiache autoimmuni
Anche quest’anno, per la precisione il 29 settembre, la World Heart Federation ha promosso la celebrazione della Giornata Mondiale del Cuore. Ne parliamo con il Professor Pietro Enea Lazzerini, che da anni studia i meccanismi immunologici e infiammatori delle malattie cardiovascolari, in particolare delle aritmie cardiache e della morte improvvisa.
Professor Lazzerini, che significato e obiettivi ha questa giornata?
La Giornata Mondiale del Cuore è un importante evento globale di informazione per ricordare quanto sia fondamentale prestare attenzione al nostro cuore: i dati sulle malattie cardiovascolari, nonostante i grandi progressi scientifici, continuano a essere allarmanti. Solo in Europa, oltre 80 milioni di persone ne sono affette, sono responsabili di circa 4 milioni di decessi annui, nel 25% dei casi per morte cardiaca improvvisa, evento quasi sempre secondario all’insorgenza di aritmie maligne. Obiettivo primario della giornata è sensibilizzare ed educare l’opinione pubblica in merito alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, incoraggiando la messa in atto di stili di vita salutari e promuovendo un atteggiamento attivo e consapevole verso la problematica.
La sua attività di ricerca è da anni focalizzata sui meccanismi immunologici e infiammatori delle malattie cardiovascolari, in particolare delle aritmie cardiache e della morte improvvisa. Ci aiuta a capire cosa sono le aritmie cardiache, i loro tipi, le loro cause e le opzioni terapeutiche attualmente disponibili?
Si parla di aritmia tutte le volte in cui il cuore batte troppo velocemente, troppo lentamente o in maniera irregolare. Esistono diversi tipi di aritmie, classificati a seconda della frequenza cardiaca, ovvero tachiaritmie quando la frequenza sale oltre i 100 battiti/minuto e bradiaritmie quando scende sotto i 60 battiti, e della sede di origine, ovvero atriali o ventricolari. Le più pericolose sono le tachiaritmie ventricolari, dove la frequenza cardiaca sale così tanto da non permettere un adeguato tempo di riempimento alla pompa e, tra le bradiaritmie, i blocchi atrio-ventricolari, a causa dei quali la frequenza cardiaca scende sino a ridurre in maniera critica la quantità complessiva di sangue pompata per unità di tempo nei vari organi. Queste aritmie, che possono portare a un sostanziale arresto della funzione di pompa del cuore – il cosiddetto arresto cardiaco – sono definite maligne e rappresentano la più comune causa di morte cardiaca improvvisa. Nella maggior parte dei casi sono la conseguenza di cardiopatie strutturali. La loro terapia si basa sul trattamento della cardiopatia di base e, ove non sufficiente, sull’utilizzo di una terapia farmacologica antiaritmica oppure di un defibrillatore impiantabile (una batteria che, al bisogno, genera shock elettrici in caso di tachiaritmie ventricolari) o, ancora, di un pacemaker.
In termini di mortalità, quale è il peso delle aritmie cardiache nei Paesi occidentali?
Le aritmie sono un’importante causa di morbilità e mortalità. La morte cardiaca improvvisa è responsabile del decesso di oltre 1.000 persone al giorno nei soli Stati Uniti e di 150-200 in Italia. Più in generale, dei circa 20 milioni di persone che ogni anno nel mondo muoiono per malattie cardiache, quasi 5 milioni sono colpiti da morte cardiaca improvvisa.
Ci descrive le ricerche che sta effettuando con il suo team in merito alla diagnosi e al trattamento delle aritmie cardiache provocate da disfunzioni dei canali ionici cardiaci (canalopatie) su base autoimmune?
Sebbene le cardiopatie strutturali rappresentino la causa più frequente di aritmie cardiache e morte cardiaca improvvisa, nel 15% dei casi cica – 30% considerando i soggetti sotto i 40 anni – all’esame autoptico non viene identificata alcuna alterazione strutturale cardiaca. è ormai ben definito che una percentuale di questi casi, apparentemente inspiegati, è dovuta alle cosiddette canalopatie cardiache congenite, un gruppo di malattie aritmogene geneticamente determinate, responsabili di profonde alterazioni dell’attività elettrica del cuore che espongono a un aumentato rischio di insorgenza di aritmie maligne. Cionondimeno, in circa il 70% dei casi di morte improvvisa in soggetti con cuore strutturalmente sano, l’autopsia molecolare non identifica alcuna causa genetica. In questo scenario, evidenze recenti sempre più solide dimostrano come altri fattori possano promuovere lo sviluppo di aritmie inducendo disfunzione di canali ionici, pur in assenza di alterazione cardiaca strutturale. In particolare, sono stati identificati dal nostro e da altri gruppi di ricerca diversi autoanticorpi con attività pro-aritmica in grado di legare specificamente e di modulare la funzione dei canali cardiaci del calcio, del potassio o del sodio. Pertanto, il nostro gruppo ha coniato il nuovo termine di canalopatie cardiache autoimmuni, oramai ampiamente accettato a livello internazionale.
Cosa rende complessa la diagnosi di canalopatia cardiaca autoimmune e quali sono le novità del kit diagnostico al quale state lavorando?
Nella pratica clinica attuale, la diagnosi di canalopatia cardiaca autoimmune non è semplice. La ricerca di autoanticorpi anti-canali ionici circolanti è ristretta, a livello mondiale, a pochi centri di riferimento e non esiste la possibilità pratica di ricercare differenti tipi di autoanticorpi anti-canali ionici contemporaneamente in uno stesso paziente, elemento fondamentale per personalizzare il percorso diagnostico-terapeutico. Appare dunque di estrema importanza avere a disposizione un sistema diagnostico semplice e pratico per le canalopatie cardiache autoimmuni da utilizzare nella pratica clinica in modo agevole e diffuso. Pertanto, stiamo sviluppando un kit basato su una metodica quantitativa che utilizzi come sistema rivelatore le specifiche sequenze peptidiche riconosciute dai diversi autoanticorpi. Ciò al fine di testare nel siero contemporaneamente la presenza di più possibili anticorpi-anti canali ionici, specificamente selezionati sulla base del tipo di aritmia presentato dal paziente.
Che ricadute potrebbe avere il vostro lavoro a livello clinico, diagnostico e terapeutico?
Le ricadute nella pratica clinica potrebbero essere notevoli. In particolare, potrebbero fruire di tale kit diagnostico soprattutto pazienti con aritmie cardiache o arresto cardiaco “abortito”, ovvero ripreso grazie alle manovre di rianimazione, nei quali, nonostante indagini approfondite (inclusa quella genetica) non si riesca a identificare alcuna causa nota, ma anche pazienti con patologie cardiache strutturali o canalopatie cardiache congenite che non rispondono ai trattamenti antiaritmici convenzionali. Dal punto di vista terapeutico, l’identificazione di un meccanismo autoimmune alla base di un evento aritmico potrebbe creare opportunità innovative e personalizzate, ad esempio con terapie mirate al sistema immunitario.
Pietro Enea Lazzerini è Professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università di Siena e Direttore della Unità Operativa Complessa di Medicina Interna della Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. La sua attività di ricerca è da anni focalizzata sui meccanismi immunologici e infiammatori delle malattie cardiovascolari, in particolare delle aritmie cardiache e della morte improvvisa. Tale attività ha portato alla pubblicazione di oltre 150 articoli su riviste internazionali “peer reviewed”, alcune di prestigio assoluto tra cui Nature, Circulation, Journal of the American College of Cardiology, European Heart Journal, nonché a ricoprire il ruolo di “invited speaker” in numerosi congressi internazionali, tra cui le Scientific Sessions della American Heart Association, della Heart Rhythm Society e della European Society of Rheumatology.