Forte legame tra salute, clima e ambiente
Dottoressa Bianco, un capitolo importante del vostro studio si è concentrato sull’interdipendenza tra salute, clima e ambiente. Quali sono state le principali risultanze?
Questa XVII Edizione di Meridiano Sanità si è aperta con una riflessione importante sugli impatti che i cambiamenti climatici e il contesto ambientale hanno sulla nostra salute. Ci stiamo pericolosamente avvicinando a un punto critico che potrebbe rendere irreversibili molti degli effetti della crisi climatica.
Lo shock della pandemia ci ha ricordato che i danni che facciamo al pianeta ledono anche la salute umana, dando vita a nuove minacce e amplificando problematiche esistenti. Basti pensare che a ogni grado centigrado in più aumenta la mortalità di malattie cardiovascolari e respiratorie.
E anche se il cambiamento climatico non conosce confini, ci sono alcune zone più a rischio di altre, come la regione del Mediterraneo, inclusa l’Italia. Nel nostro Paese, solo a luglio il caldo estremo ha causato oltre 2.000 decessi.
Nel vostro studio si parla anche di un concetto nuovo, la Planetary Health, ce lo può illustrare?
La Planetary Health considera proprio l’interdipendenza tra sistemi naturali, animali e umani. Attraverso un approccio olistico e intersettoriale, promuove la collaborazione delle diverse discipline.
Quando parliamo di ambiente, è necessario specificare che non parliamo solo degli effetti del cambiamento climatico, ma anche di tutte quelle condizioni che caratterizzano il contesto in cui ciascuno di noi nasce, cresce, lavora e vive la propria socialità. Fattori come le condizioni abitative, l’ambiente di lavoro e l’inquinamento atmosferico impattano direttamente sulla nostra salute, non solo fisica ma anche mentale. A questo riguardo il nostro Meridiano Sanità Index, sviluppato nel Rapporto, cattura anche queste dimensioni.
In Italia, l’esposizione alle catastrofi naturali è cinque volte superiore rispetto alla media europea, mentre si registrano progressi incoraggianti sul fronte delle malattie croniche. Come interpretare questo quadro?
Molte delle caratteristiche che fanno del nostro Paese un unicum nel panorama europeo contribuiscono purtroppo anche a renderlo particolarmente vulnerabile di fronte a rischi come frane, incendi, eruzioni vulcaniche e terremoti, tanto che nel 2021 si è verificato un evento estremo ogni due giorni.
Esattamente come per le altre sfide di salute, senza azioni di prevenzione, senza il potenziamento di politiche specifiche e il monitoraggio dei risultati, prevedere un miglioramento è difficile. L’esempio delle malattie croniche, la cui mortalità è in diminuzione negli anni ma la cui prevalenza è in costante aumento, ci ricorda ancora una volta la necessità di agire sui determinanti, lavorando per ridurre l’esposizione ai fattori di rischio oltre alla diagnosi precoce.
Quanto è importante la collaborazione tra pubblico e privato per migliorare il “punteggio” sanitario italiano, anche in relazione alle evoluzioni climatiche?
L’interazione pubblico-privato si riflette già in molte dimensioni della nostra sanità: penso alle collaborazioni di Open Innovation nell’ambito delle Life Sciences, alla contaminazione con il mondo delle start-up per quanto riguarda la digitalizzazione, ma anche a modelli di finanziamento sperimentali.
La nostra filiera industriale, riconosciuta come una delle migliori nel mondo, rappresenta un asset strategico non solo per la salute dei cittadini ma anche per la competitività del Paese. Tornando ai fattori ambientali, penso alla grande sfida contro l’antimicrobico-resistenza, un fenomeno per cui l’Italia riporta un triste primato in termini di decessi in Europa. In questo caso le sinergie tra pubblico e privato devono favorire l’avanzamento dell’attività di ricerca per lo sviluppo di nuovi antibiotici e di vaccini per affrontare le sfide attuali e future della sanità.