“Sanità, pubblico e privato vanno integrati per rispondere meglio ai bisogni dei cittadini”
Intervista al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Ecco le prossime sfide”
Ministro Lorenzin, recentemente ha partecipato al convegno organizzato da Federmanager in occasione del Salone della Giustizia in cui il tema era la sanità giusta tra pubblico e privato. Quale può essere la strada secondo lei per perseguire questo obiettivo?
La strada che si sta delineando non prevede un antagonismo fra pubblico e privato, ma un’integrazione tra i due sistemi, finalizzata alla realizzazione di una concreta possibilità di rispondere a tutti i bisogni di salute. Ricordo che sono riconosciute specifiche agevolazioni fiscali a due tipologie di fondi sanitari per garantire l’erogazione di prestazioni integrative al Servizio sanitario nazionale: i “Fondi sanitari integrativi del SSN”, che erogano solo ed esclusivamente prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza, e gli “Enti, Casse e Società di Mutuo Soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali” che sono sia integrativi del SSN, sia sostitutivi. Dai dati dell’Anagrafe sui fondi sanitari, distinti per tipologia, emerge la netta prevalenza di quelli anche sostitutivi al SSN (297 nel 2016, con più di 9 milioni di iscritti), rispetto a quelli puramente integrativi al SSN (8 nel 2016, con più di 9 mila iscritti) (vd. tabelle).
La popolazione italiana si appresta a essere una delle più “vecchie” al mondo. Parallelamente il bilancio pubblico continua a mostrare crescenti segnali di debolezza. Due elementi che, combinati, mettono a dura prova la sostenibilità del SSN. Come uscire da questo impasse?
Il tasso di fecondità ben al di sotto della soglia naturale di sostituzione (2,1 figli per donna) e il raggiungimento di traguardi, un tempo insperati, dell’aspettativa di vita, fanno dell’Italia uno dei Paesi con il più alto indice di vecchiaia al mondo. Se, da un lato, ciò rappresenta un indubbio successo sul piano della sanità pubblica, dall’altro costituisce una sfida e richiama l’attenzione sulla necessità di ulteriori interventi di sostegno alle politiche sanitarie e sociali. Alle trasformazioni sociali e demografiche in atto si sta rispondendo con scelte programmatorie precise, potenziando da un lato la promozione della salute e la prevenzione, nonché con la definizione di un sistema sanitario più organizzato per le cure di lungo termine, definito nell’ambito del Piano nazionale della cronicità.
In questo contesto, qual è il ruolo dei nuovi LEA?
I nuovi Livelli essenziali di assistenza, approvati a distanza di 16 anni dai precedenti, forniscono su questo terreno importanti indicazioni, dando maggiori certezze anche sui servizi, prestazioni e percorsi di cura per i pazienti cronici e fragili. I nuovi Lea indicano in modo esplicito che il Lea domiciliare non comprende solo una o più prestazioni, ma l’intero percorso assistenziale integrato, che risulta necessario alla presa in carico della persona, e ne esplicita i diversi passaggi. Inoltre, si supera il concetto di assistenza domiciliare integrata come “contenitore unico” e la si distingue in quattro livelli, sulla base del bisogno di salute dell’assistito e del grado di intensità e complessità delle cure. Nel frattempo, si stanno introducendo indicatori relativi ad alcuni importanti percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, tra cui Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva), scompenso cardiaco, diabete, tumori della mammella, del colon e del retto, in coerenza con il Piano nazionale della cronicità. Si sta lavorando, infine, anche su temi che affrontano altri aspetti di fragilità, che, se non adeguatamente affrontati, possono costituire nuovi ambiti di diseguaglianze, come le malattie rare. A tal proposito, nei nuovi Lea sono state inserite sei nuove malattie croniche esenti (BPCO negli stadi clinici “moderato”, “grave” e “molto grave”; sindrome da talidomide; osteomielite cronica; patologie renali croniche; rene policistico autosomico dominante; endometriosi negli stadi III e IV).
Un altro nodo cruciale per il Sistema sanitario italiano è la forte componente di spesa out of pocket e la scarsa copertura, rispetto ad altre economie industrializzate, della stessa da parte dei fondi integrativi. Secondo lei, questo è un motivo per spingere sullo sviluppo del settore? Ritiene che siano necessari incentivi da parte dello Stato?
Per dare servizi ai cittadini occorre eliminare abusi e sprechi; il Ministero presta attenzione non solo agli aspetti di riequilibrio economico-finanziario, ma anche alle modifiche strutturali dei sistemi sanitari regionali, affinché vi sia un’appropriata erogazione delle risorse e la possibilità di reinvestire nella qualità delle cure e nel potenziamento dei servizi. La Legge di stabilità 2016 ha previsto i piani di efficientamento non più solo a livello regionale, ma anche a livello aziendale, a partire dall’area ospedaliera, con un approccio globale che coinvolge la pianificazione regionale e aziendale e che mostra il chiaro orientamento ad una cultura di misurazione per la sostenibilità del servizio sanitario. In riferimento alla spesa out of pocket per le prestazioni comprese nei Lea, molto si sta lavorando sulla riduzione delle liste d’attesa, sulla rivisitazione dei ticket, sulla facilitazione all’accesso ai farmaci innovativi, in particolare di quelli oncologici e HCV. Inoltre, la legge di stabilità del 2016 e la recente legge di bilancio 2017 hanno contribuito ad incrementare l’istituzione di fondi sanitari integrativi con altre forme di incentivazione fiscale relative al welfare aziendale. In particolare, è prevista la possibilità di convertire una parte del premio di produttività in forme di benefit, ai dipendenti e loro familiari, che sono totalmente detassate. I benefit consistono in forme di assistenza.
Quale valore ha la prevenzione? In che modo può contribuire alla sostenibilità del SSN?
La salute della popolazione è un fattore ormai riconosciuto della crescita economica: la popolazione sana lavora, produce e ha una minore richiesta di assistenza sanitaria. Promuovere la salute di tutti i cittadini ad ogni età favorisce anche la costruzione di una società più sostenibile, in particolare in un periodo di crisi, investendo nella prevenzione e nella lotta alle malattie croniche, principali cause di mortalità e cattive condizioni di salute. La crisi economica che ha investito il nostro Paese e l’attuale invecchiamento della popolazione hanno acuito le problematiche esistenti. L’attuale quadro epidemiologico, caratterizzato dalla prevalenza delle malattie cronico-degenerative, e il ruolo assunto nel loro determinismo da fattori comportamentali e stili di vita (scorretta alimentazione, sedentarietà, fumo, abuso di alcol), ha evidenziato quanto sia importante investire sulla promozione della salute e sulla prevenzione. Con il Programma “Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari”, approvato dal Governo in accordo con le Regioni e le Province autonome (Dpcm 4 maggio 2007), l’Italia ha adottato, a livello nazionale, una strategia per promuovere la salute come bene pubblico, attraverso l’integrazione tra le azioni di cui sono responsabili i singoli cittadini e quelle che competono alla collettività.
Qual è invece l’obiettivo del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018?
Il Piano Nazionale ha fatto proprio l’approccio intersettoriale di “Guadagnare salute”, per promuovere politiche e azioni integrate per modificare i determinanti sociali secondo i principi della Health in All Policies, e ha individuato obiettivi a elevata valenza strategica, perseguibili contemporaneamente da tutte le Regioni, partendo dagli specifici contesti locali. Il Piano prevede strategie di popolazione finalizzate a diffondere e facilitare la scelta di stili di vita sani e attivi, attraverso programmi di promozione della salute che adottano un approccio trasversale ai determinanti di salute. Inoltre, nell’ambito del Piano vaccinazioni, anche la prevenzione delle malattie trasmissibili resta un obiettivo prioritario e coerente con la finalità di garantire anche la sostenibilità del SSN nel proteggere la salute di tutta la popolazione. L’obiettivo va perseguito attraverso l’offerta tempestiva e omogenea sul territorio nazionale della immunizzazione attiva, ma anche attraverso la corretta informazione ed educazione dei cittadini, la promozione e la profilassi dei soggetti esposti, la tempestività e la qualità delle diagnosi, l’appropriatezza e la completezza dei trattamenti terapeutici, il monitoraggio degli esiti degli interventi e dei loro eventuali eventi avversi.
Un altro tema chiave, specie in ottica futura, è rappresentato dalla copertura Ltc. Ritiene che nel nostro Paese si stia facendo abbastanza su questo fronte?
La Long term care è una sfida comune dei sistemi sanitari del mondo industrializzato. La necessità di riorientare in modello di assistenza dalla cura della malattia verso una visione olistica ed una presa in carico della persona nella sua complessità, attraverso un processo strutturato, è contenuto nel Patto per la Salute 2014-2016. Tale sfida richiede di individuare responsabilità e meccanismi operativi per superare la frammentazione dei servizi e sconta la difficoltà nel controllo dei costi. Sottolineo che riorientare il modello di assistenza comporta un cambiamento sostanziale perché richiede non solo l’attenzione alla guarigione da una malattia, ma il lavoro sinergico di persone e strutture impegnate nel fornire comunque l’assistenza migliore, al fine di garantire una buona qualità della vita. I nuovi percorsi assistenziali dovranno essere caratterizzati da un approccio multidisciplinare e interdisciplinare e al tempo stesso occorrerà promuovere la partecipazione attiva del cittadino nei processi sanitari che lo coinvolgono. è necessario, infine, delineare un sistema di monitoraggio che comprenda i passaggi fondamentali del percorso di cura integrata, che ora è difficile data la frammentazione delle fonti informative.
Beatrice Lorenzin è Ministro della Salute nel Governo presieduto da Paolo Gentiloni. Ha guidato il Ministero della Salute nel Governo Letta (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014) e successivamente nel Governo Renzi (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016): è il quinto Ministro della sanità-salute donna dopo Tina Anselmi, Mariapia Garavaglia, Rosy Bindi e Livia Turco. Nata a Roma il 14 ottobre 1971, ha intrapreso la carriera politica nell’ottobre 1997 con l’elezione al Consiglio del XIII Municipio di Roma nella lista di Forza Italia. Nel 2001 è eletta Consigliere comunale di Roma, mentre tra il 2005 e la metà del 2006 è Capo della Segreteria Tecnica del Sottosegretario all’Informazione, Comunicazione e Editoria presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel 2008 è eletta alla Camera dei deputati nella lista PdL e viene riconfermata alle politiche del 24-25 febbraio 2013.