Sanità pubblica, 8 tappe di una grande storia

Il Servizio Sanitario Nazionale ha compiuto 40 anni e le sue origini risalgono al 1948 quando la Costituzione ha riconosciuto il diritto alla salute.

Esattamente 40 anni fa la Legge 883 del 23 dicembre 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che si basa su tre principi cardine: l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi spicca in Europa e nel mondo per il suo carattere universalistico e che affonda le proprie radici nell’articolo 32 della Costituzione: la nostra Carta, va ricordato, è stata la prima nel Vecchio Continente a riconoscere e mettere nero su bianco il diritto alla salute.

Insomma, quello del Servizio Sanitario Nazionale italiano è stato un percorso lungo e di successo: per questo è particolarmente utile ripercorrerne le principali tappe che, dal dopoguerra a oggi, lo hanno portato a essere riconosciuto come uno dei migliori al mondo. Partendo dunque dal 1948, con la nascita della Repubblica Italiana e con essa la sua Costituzione, analizziamo di seguito i diversi momenti chiave per la sanità pubblica fino ad arrivare al 2017, quando sono stati aggiornati i Livelli essenziali di assistenza (Lea).

La storia del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

1861, Unità d’Italia

La situazione sanitaria del Paese è critica. Nel 1861 si vive in media 16-17 anni di meno rispetto alla Svezia. Nel 1863, su 1.000 bambini nati vivi, 232 muoiono durante il primo anno di vita. Nel 1865 la tutela della salute è affidata al Ministero dell’Interno. La legge Pagliani-Crispi del 1888 trasforma l’approccio di polizia sanitaria in sanità pubblica, creando un primo assetto organizzativo. Al 1907 risale il primo Testo unico delle leggi sanitarie (aggiornato nel 1934). Nel 1945 nasce l’Alto Commissariato per l’igiene e la sanità pubblica, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

1948, la salute diventa un diritto fondamentale

L’articolo 32 della Costituzione italiana afferma che:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. (…) La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

La norma è rivoluzionaria nel doppio valore della salute: è un diritto individuale inviolabile e assoluto e un bene di rilevanza collettiva. L’Italia è stata la prima in Europa a riconoscere il diritto alla salute nella sua Costituzione.

1958, il Ministero della Sanità

La legge 296 del 13 marzo 1958 istituisce il Ministero della Sanità che assorbe le competenze dell’Alto Commissariato e delle altre amministrazioni centrali preposte alla sanità pubblica. È coadiuvato nelle proprie funzioni dal Consiglio superiore di sanità, organo consultivo, e dall’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico.

Sono istituiti sul territorio:

  • gli uffici del medico e del veterinario provinciale, coordinati dal prefetto;
  • gli uffici sanitari dei Comuni e dei consorzi;
  • gli uffici sanitari speciali (di confine, porto e aeroporto).

1978, la svolta: nasce il Servizio Sanitario Nazionale

La Legge Mariotti del 1968 istituisce e organizza gli Enti Ospedalieri, costituisce il Fondo nazionale ospedaliero e introduce la programmazione ospedaliera attribuendone la competenza alle Regioni. È la premessa per la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), istituito dalla legge 833 del 1978 e costituito dal “complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione”.

Anni ‘90, il riordino del Servizio Sanitario Nazionale

Negli anni ‘90 si registra una sempre maggiore esigenza di risorse finanziarie per sostenere il funzionamento del SSN. Con i decreti di riordino del 1992-1993 e del 1999 (riforma Bindi), si rafforza il potere delle Regioni e si introduce l’aziendalizzazione, in modo da garantire a tutti i cittadini i livelli uniformi ed essenziali di assistenza e le prestazioni appropriate, assicurati dalle Regioni tramite le aziende sanitarie e la programmazione. Le unità sanitarie locali (USL) diventano aziende sanitarie con autonomia organizzativa (ASL).

2001, la riforma del titolo V della Costituzione

La legge 3 del 2001 (riforma del Titolo V della Costituzione) all’art.117 ridisegna le competenze di Stato e Regioni in materia sanitaria. Lo Stato ha competenza esclusiva per la profilassi internazionale, determina i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale” e i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente. Ogni Regione assicura i servizi di assistenza sanitaria e ospedaliera. Dal 2001 gli accordi tra Stato e Regioni sono lo strumento con cui si disegna l’assistenza pubblica in Italia.

2001, da Sanità a Salute, il ruolo della prevenzione

La situazione sanitaria del Paese è cambiata. Grazie a migliori condizioni igienico-sanitarie, disponibilità di vaccini, evoluzione della medicina, presenza di farmaci innovativi, accesso diffuso a cure e prestazioni per tutta la popolazione, l’aspettativa di vita è cresciuta. Sono però aumentate le malattie croniche, quelle cardiovascolari e i tumori. Obiettivo strategico non è solo curare, ma prevenire e mantenersi in buona salute nel corso della vita. Molte malattie si possono evitare, intervenendo sui principali fattori di rischio modificabili (tabagismo, abuso di alcol, scorretta alimentazione, sedentarietà) e curare grazie alla diagnosi precoce.

La legge n. 317, del 3 agosto 2001, modifica la denominazione da Ministero della Sanità a Ministero della “Salute”. L’aggiornamento della definizione va a rispecchiare la nuova missione svolta dal Ministero in linea con il concetto espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che definisce la salute: “Una condizione non più di assenza di malattia ma di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Si vuole, quindi, sottolineare il ruolo del Ministero di promotore della salute della persona nella sua interezza e complessità. Il Ministero della Salute è l’organo centrale del Servizio Sanitario Nazionale. Il suo ruolo è mutato negli anni a seguito di interventi legislativi. Nel quadro attuale, esercita le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, coordinamento del SSN (ferme restando le competenze attribuite alle Regioni).

Le sfide della sostenibilità: nel 2017 aggiornati i LEA

Per garantire la tutela della salute e contenere la spesa sanitaria nascono i Livelli essenziali di assistenza (LEA), le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire sul tutto il territorio a tutti i cittadini, gratuitamente o con partecipazione alla spesa (ticket), finanziati con le risorse pubbliche. Le Regioni, con risorse proprie, possono garantire prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA. I LEA, definiti nel 2001 e aggiornati con il DPCM 12 gennaio 2017 sono il nucleo essenziale irrinunciabile del diritto alla salute.

Attività fisica regina della prevenzione

Per il dottor Bernhard Reimers: fare movimento ogni giorno e adottare una dieta mediterranea sono la strategia migliore contro le malattie cardiocircolatorie

“Per evitare l’insorgere di malattie cardiocircolatorie la regina della prevenzione è l’attività fisica aerobica”. A sottolinearlo è Dottor Bernhard Reimers, Responsabile dell’Unità Operativa Cardiologia clinica e interventistica dell’Humanitas Research Hospital di Milano. Un parere a dir poco autorevole, il suo: Reimers è considerato uno dei maggior esperti mondiali dell’angioplastica carotidea con più di 1.500 interventi eseguiti. “Consiglio a tutti una passeggiata di 20-30 minuti a passo veloce al giorno, lasciando a casa il cellulare per evitare stress e lasciare indietro tutti i pensieri”, aggiunge.

Le patologie dell’apparato cardiocircolatorio appartengono alle malattie croniche che sono i principali “killer” a livello mondiale. Che evidenze avete riscontrato, negli ultimi anni, nella loro incidenza?

L’incidenza purtroppo resta costante, l’unica notizia positiva è che queste malattie colpiscono le persone più tardi, ma questo è dovuto all’aumento dell’età media. Ancora oggi le malattie dell’apparato cardiocircolatorio sono la prima causa di morte al mondo, mentre l’ictus è la principale causa di disabilità sempre nel mondo occidentale.

Fondamentale per combattere l’insorgenza di malattie cardiocircolatorie è la prevenzione primaria. Quali consigli può dare a livello di alimentazione e stili di vita e, in generale, a livello di prevenzione?

Ci sono fattori di rischio come la familiarità, cioè l’incidenza di queste malattie nel nostro albero genealogico, su cui ovviamente non possiamo incidere. Invece possiamo farlo su altri aspetti, come il fumo – ovviamente da evitare – e la dieta in cui vanno ridotti i grassi animali; ma la cosa più importante è lo stile di vita. Mi piace ricordare che l’attività fisica aerobica è la regina della prevenzione: consiglio a tutti una passeggiata di 20-30 minuti a passo veloce al giorno, lasciando a casa il cellulare per evitare stress e lasciare indietro tutti i pensieri. Per quanto riguarda l’alimentazione, invece, la dieta mediterranea è la cosa migliore e vi dò un altro consiglio pratico: se un giorno mangiate insaccati o cibi ricchi di colesterolo, il giorno dopo meglio un’insalata.

Avete riscontrato una maggiore attenzione, negli ultimi anni, della popolazione sul tema della prevenzione?

Purtroppo, no. C’è sicuramente una parte di popolazione che fa attività fisica, tanta gente che corre e va in bici, ma non è la maggioranza. Altrimenti i dati non ci direbbero che obesità e diabete sono in aumento.

Quali sono i sintomi da “sorvegliare” e a cui prestare maggiore attenzione per accorgersi in tempo di un ictus o di un infarto?

Per quanto riguarda l’infarto, se riscontriamo dolori al petto o al braccio correlati a uno sforzo che poi si riducono fermando lo sforzo stesso, ciò rappresenta un allarme di una possibile malattia coronarica. Se si prolungano i sintomi oppure aumenta di frequenza, la situazione va discussa approfonditamente col medico o si deve accedere al pronto soccorso. Per l’ictus, invece, i sintomi più evidenti si verificano quando è già avvenuto: parliamo di paralisi a un braccio e/o a una gamba o della difficoltà di parlare. In questi casi bisogna subito chiamare il 118. Ecco, forse, un campanello d’allarme deve scattare quando ci accorgiamo che il cuore batte in maniera irregolare o la macchinetta della pressione segna ‘battiti irregolari’: a quel punto meglio svolgere un elettrocardiogramma per escludere una possibile fibrillazione atriale, che è la prima causa di ictus.

Lo scorso anno Assidai ha offerto gratuitamente ai propri iscritti la campagna di prevenzione “Healthy manager”, che prevedeva la possibilità di effettuare l’esame ecocolordoppler dei tronchi sovraortici. Come valuta questa iniziativa?

Sicuramente in modo positivo. Si tratta di un esame molto utile perché è in grado di evidenziare anche in stadio iniziale una malattia delle arterie, la aterosclerosi. Per avere un check up completo a livello cardiovascolare consiglio anche di eseguire una cosiddetta “prova da sforzo”, che può indicare una possibile patologia coronarica.

Quali sono i principali punti di forza dell’Unità Operativa Cardiologia clinica e interventistica dell’Humanitas?
Direi che si distingue per tre elementi. Innanzitutto, i severi parametri di qualità a qualsiasi tipo di intervento anche in ambito cardiologico. In secondo luogo, perché ogni intervento viene effettuato con materiali e tecniche all’avanguardia. Infine, per la ricerca scientifica su nuovi trattamenti farmacologici e interventistici per le malattie coronariche.

Il Dottor Bernhard Reimers è Responsabile di Unità Operativa Cardiologia clinica e interventistica all’Humanitas Research Hospital di Milano. Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova, tra le sue aree mediche di interesse spicca l’interventistica cardiovascolare, cioè angioplastiche coronariche anche complesse, interventistica strutturale (TAVI, PFO), angioplastiche periferiche degli arti inferiori e superiori, angioplastiche carotidee e trattamento endovascolare degli aneurismi aortici. Ha un’ampia esperienza nell’interventistica coronarica con più di 10.000 interventi eseguiti. è considerato uno dei maggior esperti mondiali dell’angioplastica carotidea con più di 1.500 interventi eseguiti. È anche specializzato in terapia cardiologica intensiva e cardiologia clinica intraospedaliera.

Fondi sanitari in crescita continua. Ecco il report del Ministero della Salute

In forte ascesa, negli ultimi anni, Enti, Casse e Società di mutuo soccorso

Una crescita continua del comparto della sanità integrativa italiana, con i fondi passati complessivamente dai 267 del 2010 ai 322 del 2017, a fronte di una netta prevalenza degli Enti, Casse e Società di mutuo soccorso rispetto ai fondi sanitari puramente integrativi.

A che cosa serve l’Anagrafe dei Fondi? Svolge un ruolo di censimento e di controllo sull’operato dei vari soggetti coinvolti. In Italia sono tenute all’iscrizione nell’albo due tipologie di fondi sanitari che garantiscono prestazioni integrative al SSN. Si tratta dei “Fondi sanitari integrativi del Servizio Sanitario Nazionale” (Fondi di tipologia A), che erogano solo ed esclusivamente prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza, e degli “Enti, Casse e Società di Mutuo Soccorso aventi esclusivamente fini assistenziali” (Fondi di tipologia B) tra i quali rientra Assidai, che sono sia integrativi del SSN, sia sostitutivi e hanno ormai superato il traguardo dei 10 milioni di iscritti.
evoluzione fondi sanitari

I numeri del report e il primato dei fondi integrativi/sostitutivi

Ebbene, per la prima volta, dal report del Ministero della Salute – che permette di tracciare un quadro chiaro e oggettivo del settore – emerge subito un concetto: il divario tra il numero dei fondi sanitari integrativi e gli enti, casse e società di mutuo soccorso, è sempre rimasto rilevante. Anzi: nel corso degli anni al lieve aumento del numero dei fondi integrativi della prima tipologia (3 nel 2013, 4 nel 2014, 7 nel 2015, 8 nel 2016 e 9 nel 2017), si è avuto un più significativo e progressivo incremento del numero degli enti, casse e società di mutuo soccorso (273 nell’anno 2013, 286 nel 2014, 293 nel 2015 e 297 nel 2016 e 313 nel 2017), che rappresentano ormai il 97% del totale.
La forbice emerge in modo netto anche nell’ammontare delle risorse erogate e nel numero di iscritti. Gli Enti, le Casse e le Società di Mutuo Soccorso, nel 2017, avevano erogato prestazioni per 2,32 miliardi di euro, a fronte di un totale di 10,6 milioni di iscritti; l’altra categoria di fondi si fermava rispettivamente a 1,3 milioni e poco più di 11mila iscritti.

La tipologia di prestazioni extra Lea

Un altro spunto interessante fornito dal report del Ministero della Salute è la scomposizione delle prestazioni sanitarie extra Lea (cioè al di fuori dei Livelli essenziali di assistenza garantiti dal SSN) fornite da Enti, Casse e Società di mutuo soccorso che sono sia integrativi sia sostitutivi della sanità pubblica. Da essa emerge che su un totale di prestazioni erogate vincolate per 753,7 milioni circa, l’assistenza odontoiatrica gioca il ruolo preponderante (con 509,3 milioni), seguita dalle prestazioni sanitarie e sociali (154,3 milioni) e da quelle finalizzate al recupero della salute (90,1 milioni). C’è un altro angolo visuale per decifrare il fenomeno: guardare la diversa distribuzione delle risorse erogate dagli enti, casse società di mutuo soccorso per le varie tipologie di prestazioni extra Lea. In particolare, il 33% hanno svolto solo assistenza odontoiatrica (per una spesa media di 342mila euro), il 19% prestazioni finalizzate al recupero della salute e odontoiatriche mentre il 18% ha erogato tutte le prestazioni extra Lea previste dall’anagrafe.

Insomma, un quadro in piena evoluzione che testimonia il significativo sviluppo dei fondi sanitari. Una categoria che si candida, per il futuro, a essere un valido sostegno al Servizio Sanitario Nazionale affinché lo stesso possa mantenere le caratteristiche di universalità ed equità senza vedere penalizzata la propria sostenibilità nel tempo.

Tutte le certificazioni di Assidai

Assidai è iscritto all’Anagrafe dei Fondi sanitari fin dal 2010 – primo anno di attività dell’Anagrafe. Annualmente il Fondo rinnova l’iscrizione e ne riceve il documento di conferma direttamente dal Ministero della Salute, in particolare dalla Direzione Generale della Programmazione Sanitaria.

L’iscrizione all’Anagrafe dei Fondi Sanitari è uno dei tasselli che formano il mosaico della trasparenza di Assidai, insieme al Codice Etico e di Comportamento, che evidenzia l’insieme dei valori di cui il Fondo si fa portatore, alla certificazione annuale su base volontaria del proprio bilancio e al Sistema di Gestione certificato ISO 9001:2015.

Il Fast Aid di Villa Donatello, Ambulatorio a pronta disponibilità

A un costo ridotto, come il ticket, consente di avere rapido accesso a cure per piccoli problemi di salute evitando le code e il sovraccarico del Pronto Soccorso di Careggi (Firenze)

Un ambulatorio a cui si può accedere senza prenotazione e senza attesa per piccoli problemi di salute, aperto tutti i giorni dalle 8 alle 20, escluse le prestazioni di urgenza e di emergenza e quelle pediatriche. Questo, in estrema sintesi, il servizio Fast Aid, messo a punto da oltre un anno da Villa Donatello, struttura di punta nella sanità privata a Firenze, convenzionata con Assidai, nella sua nuova sede di Sesto Fiorentino. Il ruolo di Fast Aid è cruciale alla luce dei consistenti numeri di accessi al Pronto Soccorso di Careggi (quasi 120mila nel 2017, ultimo dato disponibile): in condizioni normali generano ricoveri che impegnano complessivamente circa 370 posti letto ordinari e 30 letti di alta intensità, quali la terapia intensiva e sub intensiva. La situazione, peraltro, è resa ancora più complessa dal fatto che il 20-25% delle richieste di accesso sono relative a prestazioni definite “Non urgenti o Urgenze minori”, che dovrebbero trovare risposte diverse dal pronto soccorso, che hanno come conseguenza negativa il risultato di allungare le attese e peggiorare il servizio.

Il Fast Aid, invece, grazie al fatto di avere alle spalle la specializzazione e le attrezzature di Villa Donatello, è in grado di dare una risposta rapida ed efficace a piccoli problemi quali sintomi allergici, tosse e bronchiti, otiti, disturbi visivi, dolori addominali, problematiche ginecologiche, sintomi febbrili, mal di gola, infezioni urinarie, punture di insetto, piccole ustioni, ferite, rimozioni di schegge, problematiche dermatologiche, perdite ematiche oltre che piccoli traumi ortopedici. Tutti disturbi che, nell’accezione clinica, vengono definiti “minori” ma che, per chi ne soffre, rappresentano un problema importante da risolvere nel più breve tempo possibile. E il costo? Tenuto conto che per accessi non urgenti al pronto soccorso si paga il ticket, è paragonabile a quello del servizio pubblico. Inoltre, usare Fast Aid garantisce sconti sulle prestazioni diagnostiche e specialistiche che dovessero rendersi necessarie.

Per concludere, i vantaggi del Fast Aid sono non solo i tempi di attesa ridotti praticamente a zero e il team di medici con grande esperienza nelle prestazioni di emergenza, coordinati dal professor Alfonso Lagi, a lungo Direttore del Dipartimento di Emergenza di Santa Maria Nuova a Firenze ma anche, se i riscontri richiedono approfondimenti (ad esempio indagini radiologiche o ecografiche o consulti ulteriori) i medici Fast Aid ricorrono agli specialisti o alle tecnologie di Villa Donatello.

Il Fast Aid è una risposta non solo alle esigenze dei fiorentini, ma anche a quelle dei turisti che possono avere bisogno di un punto di riferimento per i loro problemi di salute. Con l’apertura della nuova sede di Firenze Castello, il Fast Aid è diventato un servizio particolarmente interessante anche per gli abitanti della Piana: a nord di Firenze vivono oltre 160.000 persone e ve ne lavorano altrettante ed è importante avere un servizio per risolvere in modo efficace e soprattutto rapido i piccoli malesseri che possono verificarsi sui luoghi di lavoro, senza perdite di tempo.

Welfare aziendale, la nuova Legge di Bilancio conferma tutti gli incentivi al sistema

Diversamente dal passato, tuttavia, non ci sono stati interventi migliorativi alle agevolazioni

Nessuna novità ma anche nessuno stravolgimento (né messa in discussione) degli incentivi introdotti dal 2016 in poi. La Legge di bilancio 2019, approvata recentemente dal Governo e dalle Camere, non ha previsto alcun nuovo intervento in termini di welfare aziendale, indicando soltanto che alcune risorse verranno stanziate attraverso il Fondo per le politiche della famiglia e saranno quindi destinate a iniziative di conciliazione vita-lavoro e “welfare familiare aziendale”. Nei fatti, alcuni esperti interpretano tutto ciò come una battuta d’arreso visto che nelle precedenti Leggi di Bilancio era stato fornito un impulso continuo e crescente allo sviluppo del welfare aziendale, che veniva visto come un nuovo modo per interpretare e migliorare le relazioni industriali. È anche vero, tuttavia, che gli incentivi previsti non sono stati toccati e che questi consentiranno un ulteriore sviluppo del welfare aziendale (ormai diffuso in quasi metà delle aziende italiane secondo gli ultimi dati del Ministero del Lavoro) anche nel 2019.

Premi di produttività e welfare aziendale nel 2019

Ma quali sono le attuali agevolazioni fiscali e, più in generale, qual è il quadro normativo frutto delle ultime tre Leggi di Bilancio?

Per rispondere a questa domanda bisogna fare un passo indietro e tornare alla Manovra del 2017 che, così come quella del 2016, era intervenuta con misure ad hoc muovendosi principalmente in due direzioni. Da una parte aveva deciso per un “allargamento” del perimetro del welfare aziendale che non concorre al calcolo dell’Irpef. Dall’altra parte aveva ampliato, nei numeri, l’area della tassazione zero per i dipendenti che scelgono di convertire i premi di risultato del settore privato di ammontare variabile in benefit compresi nell’universo del welfare aziendale stesso.

In alternativa, come già previsto, i benefit saranno soggetti a un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento. Più nel dettaglio, il tetto massimo di reddito di lavoro dipendente che consente l’accesso alla tassazione agevolata era stato aumentato da 50mila a 80mila euro, mentre gli importi dei premi erogabili erano passati da 2 mila a 3 mila euro nella generalità dei casi e da 2.500 a 4mila euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Infine, la sanità integrativa può andare oltre il limite di deducibilità previsto dalle norme fiscali utilizzando il premio di produttività. Sono, ovviamente, tutti numeri e concetti che valgono anche oggi visto che il Governo non è più intervenuto su di essi.

Il “perimetro” del welfare aziendale per i datori di lavoro

Lo stesso ragionamento vale anche per il perimetro del welfare aziendale erogato dal datore di lavoro, che sempre la Legge di bilancio 2017 aveva ridefinito, includendo anche servizi come l’educazione, l’istruzione (anche in età prescolare), la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali oppure ulteriori benefit, sempre erogati dal datore di lavoro, per poter fruire di servizi di assistenza destinati a familiari anziani o comunque non autosufficienti. Un fronte, quest’ultimo, su cui Assidai è sempre stato all’avanguardia in Italia, includendo la copertura in caso di non autosufficienza (Long Term Care) all’interno dei Piani Sanitari, che tutelano gli iscritti e le loro famiglie. Nella Legge di bilancio 2018, giusto per completare il quadro, era arrivato un ulteriore ampliamento del perimetro del welfare aziendale in cui era stato inserito anche l’abbonamento al trasporto pubblico.

Bonus famiglia 2019: tutte le agevolazioni

Bonus nido

Sale da 1000 a 1.500 euro all’anno, per tre anni, il bonus per pagare asili nido pubblici e privati (o per supporto in casa a bambini sotto i tre anni, con gravi disabilità). L’aumento di 500 euro varrà dal 2019 al 2021. Il buono viene versato dall’Inps su presentazione della documentazione che attesta iscrizione e pagamento della retta.

Congedo paternità

Proroga di un anno e aumento di un giorno (da 4 a 5) per il congedo obbligatorio per i papà lavoratori dipendenti. Introdotto sperimentalmente nel 2013 è stato via via prorogato e ampliato. Confermata la possibilità di allungarlo di un altro giorno (quindi si arriva a sei) in sostituzione della mamma e riducendo il suo periodo di astensione obbligatoria. Va goduto entro cinque mesi dalla nascita.

Lavoro fino al nono mese

Se non ci sono rischi per la salute di mamma e bambino, sarà possibile rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza e godere dei cinque mesi di congedo obbligatorio dopo il parto.

Neo mamme e smart working

Corsia preferenziale nella concessione dello smart working. Gli accordi sul lavoro agile dovranno dare priorità alle richieste presentate dalle lavoratrici nei tre anni successivi al congedo maternità o ai lavoratori (mamme e papà) con figli disabili.

Famiglie numerose

Le famiglie che avranno un terzo figlio nel triennio 2019-2021: potranno ricevere un terreno statale incolto in concessione gratuita per un periodo non inferiore a 20 anni. La manovra finanzia inoltre con 1 milione annuo(dal 2019 al 2021) la carta famiglia che prevede sconti sull’acquisto di beni o servizi e riduzioni tariffarie per famiglie con almeno tre figli conviventi di età non superiore a 26 anni.

Fondo famiglia

Stanziati 100 milioni annui per le politiche della famiglia (è una misura strutturale) che in parte verranno utilizzati per incentivare il welfare aziendale al fine di meglio conciliare vita e lavoro.

Sedile salva-bimbi

Per gli incentivi fiscali all’acquisto di dispositivi di allarme che impediscano l’abbandono dei bimbi nei veicoli la manovra stanzia un milione di euro per il 2019 e un altro per il 2020.

Fondo politiche giovanili

Dal 2019 viene incrementato di 30 milioni il fondo (Dl 223/2006) per la formazione culturale, professionale e l’inserimento dei giovani nella vita sociale, anche agevolando l’accesso all’abitazione e al credito.

Caregiver familiare

Il fondo per il caregiver familiare (chi si prende cura di un familiare non più autosufficiente) viene incrementato di 5 milioni per ciascun anno del triennio 2019-2021.

Vedrete, un giorno batteremo il cancro, intanto l’Italia è già leader in Europa

Paolo Veronesi (IEO): “Grazie a ricerca e nuove terapie assistiamo già a una prima svolta”

“In questi anni, grazie alla ricerca e alle nuove terapie abbiamo assistito a una svolta nella lotta contro il cancro e possiamo guardare al futuro con sempre maggiore ottimismo: forse un giorno, neppure troppo lontano, potremo davvero sconfiggerlo”. A lanciare il messaggio di speranza e di fiducia è Paolo Veronesi, Professore associato in Chirurgia all’Università di Milano, figura di spicco dell’Istituto Europeo di Oncologia (dove dirige il programma di Senologia) nonché figlio di Umberto Veronesi, di cui ha raccolto il testimone con orgoglio, vigore e professionalità.

Professor Veronesi, di recente è stata celebrata la Giornata mondiale contro il cancro. A che punto è la lotta a questa malattia e che progressi sono stati fatti nel corso degli ultimi anni?
In questi anni abbiamo assistito a una svolta nella ricerca e nella terapia contro il cancro un po’ in tutti i campi. Sono state affinate tecniche chirurgiche che consentono interventi sempre più mirati e meno invasivi – anche sfruttando la robotica – e sono state messe a punto radioterapie più precise. Ma, soprattutto, il grande passo in avanti è stato fatto sulle terapie mediche che, grazie alla ricerca, dopo anni di immobilità hanno visto l’introduzione di nuovi farmaci, in particolare farmaci a bersaglio molecolare e farmaci immunoterapici. La strada alla immunoterapia è stata aperta dagli studiosi Allison e Honjo che per questo hanno ricevuto il Nobel per la medicina nel 2018. Queste nuove terapie hanno permesso un maggiore controllo di vari tumori già in fase metastatica, come polmone, rene e melanoma, per i quali la sopravvivenza era di pochi mesi. In sintesi, possiamo dire che tutto ciò ha cambiato la storia di molti tumori e ha aperto molte prospettive sull’ulteriore sviluppo delle cure nei prossimi anni.

In Italia come procede la lotta contro il cancro?
Per quasi tutti i tumori il trend di guarigione è in deciso miglioramento in Europa e l’Italia, grazie a cure e diagnosi precoci, è in vetta alla classifica nel Vecchio Continente. Un ruolo importante, infatti, è giocato dalla prevenzione secondaria, che ci offre molte possibilità e nel nostro Paese su questo fronte siamo avanti con screening mammografici e pap test introdotti da molti anni e la ricerca di sangue occulto nelle feci proposta a tutti i cittadini oltre i 50 anni.

Qual è invece il valore della prevenzione primaria e come si posiziona l’Italia rispetto agli altri Paesi europei?
La consapevolezza delle persone è molto importante e la cultura della prevenzione sta rapidamente aumentando in tutto il Paese, anche se permangono differenze significative tra il Nord, dove c’è una consapevolezza elevatissima, e il Centro-Sud. L’obiettivo vero, va ricordato, è ridurre i tassi di incidenza della malattia. E questo si può fare solo attraverso la prevenzione primaria, visto che circa un terzo dei tumori è dovuto a fattori evitabili. Tra questi spiccano il tabagismo, che in Italia è ancora troppo diffuso (26% della popolazione); lo stile di vita e in particolare la dieta, visto che purtroppo come in tutti i Paesi occidentali il sovrappeso è un problema ancora in crescita, soprattutto al Meridione, C’è infine la sedentarietà, anche questa con una ampia forbice tra le regioni, con la Basilicata che si pone al 70% e la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano al 10 per cento.

Tuttavia, come detto, l’Italia è un gradino sopra rispetto agli altri partner europei. Perché?
Abbiamo la dieta mediterranea che, sul fronte della prevenzione primaria, ci protegge e possiamo contare su cure e diagnosi precoci migliori. Questo grazie al Servizio Sanitario Nazionale che è uno dei migliori del mondo e offre prestazioni di altissimo livello e universali. Uno dei problemi che si sono posti però negli ultimi anni in campo oncologico è il costo delle terapie innovative che, a sua volta, genera un problema di sostenibilità per la sanità pubblica. Per superarlo un ruolo importante potrebbe essere giocato dai fondi sanitari integrativi, perché chiaramente tutto quello che integra il SSN aiuta la sostenibilità dell’intero sistema in un’ottica di complementarietà. Senza l’apporto dei fondi sanitari integrativi dubito che il Servizio pubblico riuscirebbe a fare fronte, in futuro, alle richieste di cure in campo oncologico garantendo al contempo l’universalità del sistema.

Lo IEO è uno dei primi istituti europei nella lotta contro il cancro. Ci parli brevemente del suo istituto e di come valuta la collaborazione con Assidai.
Festeggiamo quest’anno i 25 anni di attività, un tempo relativamente breve in cui ci siamo posti al vertice delle istituzioni europee per ricerca e cura di particolari tipi di tumore: per quello alla mammella siamo da sempre ai vertici mondiali e per quelli a polmone e prostata siamo cresciuti molto. Per quanto riguarda invece la collaborazione più che decennale con Assidai abbiamo sempre avuto ottimi rapporti e devo dire che, anche all’interno del nostro istituto, funziona perfettamente la formula di collaborazione tra il SSN e un fondo integrativo, come appunto Assidai, che consente di fornire a tutti i pazienti un elevatissimo livello di prestazioni. Si tratta di un modello virtuoso di compartecipazione tra attività in solvenza e in convenzione con il sistema sanitario che alla fine giova a tutti i pazienti, con i medici sempre presenti nella struttura, ove svolgono anche l’attività libero-professionale.

Lei ha raccolto il testimone e l’eredità di suo padre…
Ho lavorato con mio padre per molto tempo, da quando ha aperto lo IEO, cercando di ereditare da lui tutte le cose buone e il suo modo di porsi con i pazienti. Oggi ho continuamente testimonianze di affetto e di amore dei suoi pazienti per come si poneva, cioè instaurando un rapporto personale, particolare e di affetto. Papà era convinto che avrebbe visto la vittoria finale nella lotta contro i tumori e si considerava sconfitto per non averla raggiunta. In realtà le sue innovazioni ed il suo pensiero hanno aperto la strada alla moderna oncologia. Oggi stiamo andando ancora più veloci e direi che possiamo guardare al futuro con sempre maggiore ottimismo.

Paolo Veronesi
Paolo Veronesi è nato a Milano nel 1961 e in questa città vive da sempre lavorando come chirurgo e ricercatore. Laureatosi negli anni Ottanta dedica la sua opera professionale allo studio e alla cura dei tumori. È direttore del Programma di Senologia e della Divisione di Senologia Chirurgica presso l’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Associato in Chirurgia all’Università degli Studi di Milano. Il suo contributo di ricerca e clinico è stato fondamentale per le innovazioni sviluppate in IEO nella cura del tumore del seno, che rappresentano i progressi più importanti a livello internazionale nell’oncologia mammaria. Dal 2006 è Presidente della Fondazione Umberto Veronesi per il progresso della scienza.

Al Tiziano Odontoiatria Bimbi c’è l’anestesia “indolore”

Nessuna siringa e nessuna puntura: ecco un servizio d’eccellenza, in un ambiente a misura di bambino, che permette così di superare definitivamente la paura del dentista.

Il Tiziano Odontoiatria Bimbi, servizio pediatrico del Centro Medico Tiziano di Roma, nasce dall’esigenza di fornire ai piccoli utenti un servizio d’eccellenza, in un ambiente dedicato, a misura di bambino. La struttura si avvale di odontoiatri specialisti nell’approccio e nelle cure dei bimbi e di mezzi di ultima generazione tra cui l’anestesia elettronicamente controllata e la sedazione cosciente con il protossido d’azoto. L’adozione di questi presidi è nata con la creazione del team del Tiziano Bimbi “per il piccolo paziente” cercando quanto di più evoluto per ridurre al minimo l’impatto delle cure odontoiatriche. Va sottolineato che molti bambini, e non solo, associano il dentista a qualcosa di doloroso o negativo, sviluppando un atteggiamento poco collaborativo, se non oppositivo.

L’anestesia locale rappresenta un momento difficile della seduta odontoiatrica sia per il paziente sia per l’operatore e un eventuale insuccesso nel controllo del dolore pregiudica gli step successivi della terapia. A differenza della maggior parte degli adulti, capaci di accettare razionalmente il trauma legato all’iniezione (seppur con reazioni emotive molto variabili), il bambino non è in grado di contestualizzare l’evento “iniezione” in termini di durata e di rapporto costi/benefici, opponendo spesso un marcato rifiuto. Da qui l’esigenza dello studio di adottare la tecnologia DPS (dynamic pressure sensing), innovativo sistema indolore in cui non c’è alcuna siringa, tanto temuta dai pazienti, l’anestesia è indolore e vi è l’enorme vantaggio di poter anestetizzare anche un solo dente, senza “addormentare” i tessuti contigui come il labbro e la guancia. Il rilascio e l’infusione dell’anestetico avviene in modo preciso e controllato, con riduzione della dose di farmaco necessaria.

La paura del dentista o esperienze passate negative vengono affrontate e superate facilmente anche grazie alla sedazione cosciente, tecnica anestesiologica in cui il paziente respira, attraverso una mascherina profumata, una miscela di ossigeno e protossido d’azoto in percentuali ben definite. In questo modo il bambino rimane cosciente, non perde né i riflessi né le capacità decisionali ed è più sereno e collaborativo, avvertendo una sensazione di benessere, rilassatezza e tranquillità. È una tecnica particolarmente sicura, in quanto la miscela inalata non è tossica, non viene metabolizzata dall’organismo ed è eliminata rapidamente dalla respirazione.

Il vero punto di forza di questo metodo lavorativo sta nel lavoro interdisciplinare dell’equipe con protocolli impressi dal Professor Maggiolini e messi in opera dalla dottoressa Bompiani (referente per l’ortodonzia) e dal dottor Giordano (referente per la pedodonzia) guidando un gruppo d’eccellenza in cui i mezzi, per quanto all’avanguardia, diventano un supporto alle tecniche di approccio per consentire ai bimbi e alle loro famiglie di vivere l’esperienza del dentista con serenità e tranquillità.

Attività fisica contro le malattie killer: lo sport riduce i rischi di tumori e ictus

Uno studio di ISS, Coni e Ministero della Salute invita gli italiani a evitare la sedentarietà

In Europa, l’inattività fisica è ritenuta responsabile ogni anno di 1 milione di decessi (il 10% circa del totale) e di 8,3 milioni di anni di vita persi a causa della disabilità. A livello mondiale, invece, l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha stimato che il 25% degli adulti non è sufficientemente attivo e l’80% degli adolescenti non raggiunge i livelli raccomandati di attività fisica.

In Italia, invece, stando ai dati Istat, oltre una persona su tre (oltre 20 milioni) ha dichiarato di praticare sport nel tempo libero, ma ben 23,1 milioni (quasi il 40%) sono totalmente inattivi: il tutto in un Paese che continua inesorabilmente a invecchiare.

Partendo da questi numeri, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha realizzato, in collaborazione con il Ministero della Salute e il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), un rapporto che evidenzia l’importanza di promuovere l’attività fisica a livello individuale e di comunità.

La parola d’ordine? Muoversi ogni giorno

La ricerca afferma che proprio l’attività fisica è “uno dei principali strumenti per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, per il mantenimento del benessere psicofisico e per il miglioramento della qualità della vita, in ambo i sessi e a tutte le età”. Non solo, attraverso un’analisi ad hoc si evidenzia anche – calcolando le ricadute economiche negative dell’inattività fisica – come un comportamento “virtuoso” della popolazione farebbe risparmiare oltre 2,3 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) in termini di prestazioni specialistiche e diagnostiche ambulatoriali, trattamenti ospedalieri e terapie farmacologiche evitate.

Italia, solo una persona su due fa la “giusta” attività fisica

La situazione evidenzia come in Italia solo il 50% degli adulti raggiunga i livelli raccomandati di attività fisica; inoltre la “sedentarietà” cresce con l’età, è maggiore fra le donne e fra le persone con uno status socio-economico più svantaggiato per difficoltà economiche o per basso livello di istruzione, fra i cittadini italiani rispetto agli stranieri e nelle regioni centro-meridionali. Attenzione poi ai bambini: secondo i dati del Sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità nei bambini delle scuole primarie “OKkio alla SALUTE, quasi un bambino su quattro dedica al massimo un giorno a settimana (almeno un’ora) a giochi di movimento e il 41% trascorre più di due ore al giorno davanti a TV/videogiochi, tablet e cellulari. Da non sottovalutare, infine, che solo il 47% delle persone in sovrappeso ritiene troppo alto il proprio peso corporeo e anche se fra le persone obese c’è più consapevolezza (88%), è preoccupante il fatto che una su 10 ritenga il proprio peso più o meno giusto.

Gli effetti positivi dello sport sulla salute

Numerosi studi statistici dimostrano come l’attività fisica, oltre a migliorare il benessere psicofisico e la qualità della vita, possa ridurre i rischi legati all’incidenza di diverse patologie non trasmissibili (le principali cause di morte in Europa), quali il diabete mellito di tipo 2, le malattie cardiovascolari, l’ictus, alcuni tipi di tumore, oltre alla mortalità prematura, con un beneficio stimato in alcuni casi tra il 50 e il 68%. Per il tumore del colon e del diabete si parla di un 30-50% di riduzione del rischio, per il tumore alla mammella del 20% e per patologie cardiocircolatorie si va dal 20 al 35%.

Le raccomandazioni dell’OMS

Infine, ecco i livelli raccomandati di attività fisica, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per prevenire le malattie non trasmissibili: per bambini e adolescenti, da 5 a 17 anni, vanno svolti almeno 60 minuti di attività (da moderata a intensa) cumulabili ogni giorno. Per gli adulti (18-64 anni) l’asticella è posta a 150 minuti di attività aerobica moderata o 75 di sforzo intenso ogni settimana e lo stesso vale per gli anziani.

Alla Quisisana radiologia interventistica top

La Clinica Quisisana, controllata dal 2002 dall’Eurosanità S.p.a., è una delle cliniche private più antiche e prestigiose di Roma con strutture all’avanguardia e rappresenta oggi una struttura all’avanguardia, sia per le tecnologie installate, sia per l’organizzazione e l’accoglienza della clientela. Ha infatti caratteristiche che le permettono di ospitare, oltre che tutte le specialità medico-chirurgiche e la ginecologia-ostetricia e maternità, anche alte specialità quali la Neurochirurgia, la Chirurgia Cardio Vascolare e Toracica nonché un Servizio di Radiologia e Cardiologia Interventistica, un Centro di Senologia (diagnostica e chirurgica) e un Centro di Endoscopia Diagnostica e Operativa.

Tra le eccellenze dell’Istituto spiccano la Chirurgia Robotica, la Chirurgia dell’Obesità e la Radiologia Interventistica Vascolare (carotidi, aneurismi aorta, arterie renali, ecc.) ed Extravascolare (embolizzazioni, biopsie, drenaggi, vie biliari e vie urinarie, vertebroplastica, ecc).

La Radiologia Interventistica, che alla Clinica Quisisana vanta un’esperienza più che ventennale, comprende tutte le procedure mini-invasive, diagnostiche e terapeutiche, effettuate mediante la guida delle metodiche di imaging ed eseguite per via percutanea. Queste presentano quindi due vantaggi: non necessitano di anestesia generale e hanno tempi di recupero e di ricovero ridotti.

La Chirurgia Robotica si avvale di un Robot Da Vinci e, pur avendo più campi di applicazione, è soprattutto indirizzata alla chirurgia urologica campo in cui elevatissimi livelli di professionalità e competenza permettono di affrontare con precisione ed efficienza ogni tipo di problematica.
Altro punto forte è quello della chirurgia dell’obesità, che si sviluppa con la presenza di tutte le professionalità richieste da un approccio multidisciplinare coordinato che permette di allungare l’aspettativa di vita dei pazienti obesi migliorando anche la loro qualità di vita globale.

La Bocconi promuove il Servizio Sanitario Nazionale

Ma il suo centro di ricerche Cergas avverte: “Da risolvere i nodi della frammentazione sociale e gli squilibri territoriali

Dopo avere raggiunto l’equilibrio economico-finanziario riuscendo a mantenere buoni risultati in termini di salute della popolazione, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è chiamato a risolvere alcuni disequilibri territoriali e a raccogliere la sfida imposta dalla frammentazione della società, che crea nuove fragilità e nuovi bisogni. Lo afferma il Rapporto Oasi 2018 (Osservatorio sulle aziende e sul Sistema sanitario italiano), presentato alla fine dello scorso anno dal Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi di Milano.

Nel 2017 il SSN, secondo lo studio, ha segnato un lieve disavanzo contabile (282 milioni di euro, pari allo 0,2% della spesa sanitaria pubblica corrente), con le regioni del Centro-Sud che si dimostrano ormai virtuose quanto quelle del Nord. Il Lazio, per esempio, ha registrato un avanzo di 529 milioni e la Campania di 77. Nello stesso anno, la spesa del SSN è aumentata dell’1,3% a 117,5 miliardi di euro, portando l’aumento medio, dal 2012 al 2017, allo 0,6% nominale annuo, equivalente, tuttavia, a un incremento nullo tenendo conto dell’inflazione. Come ci posizioniamo in confronto all’Europa? La spesa sanitaria italiana è pari all’8,9% del Pil, contro il 9,8% della Gran Bretagna, l’11,1% della Germania e il 17,1% degli Stati Uniti, con il SSN che ne copre il 74%.

I rischi della frammentazione sociale per il Servizio Sanitario Nazionale

Il principale indicatore di salute della popolazione, l’aspettativa di vita rimane eccellente (82,8 anni al 2016), ma cresce meno che altrove, tanto che, dal 2010 al 2016, l’Italia è passata dal secondo al sesto posto al mondo nella classifica di longevità dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ciò mentre i tassi di mortalità per tutte le maggiori malattie sono in declino, cresce la mortalità dovuta a disturbi psichici e malattie del sistema nervoso.

Rimangono invece ancora piuttosto marcate le differenze territoriali: l’aspettativa di vita in buona salute è di 56,6 anni al Sud e di 60,5 anni al Nord, con la Calabria che si assesta a 52 anni e la provincia autonoma di Bolzano che arriva a 69. Fino al 2016, prima dell’introduzione di limitazioni legislative, anche la mobilità territoriale dei pazienti sulla direttrice Sud-Nord era in aumento. A rimanere inevasa, tuttavia, è soprattutto la domanda derivante dal cambiamento sociale, che porta a una progressiva frammentazione: nel 2017 il 32% delle famiglie è unipersonale (8,1 milioni di individui, di cui 4,4 milioni over 60) e il rapporto tra gli over 65 e la popolazione attiva, al 35%, è il più alto d’Europa. Non è un caso che, tra il 2010 e il 2017, gli over 65 siano aumentati di 1,3 milioni di persone (+11%).

Le dinamiche demografiche e il nodo Long Term Care

L’invecchiamento è un trend fisiologico e di per sé positivo, perché conferma la lunga aspettativa di vita oltre i 60 anni. A preoccupare, semmai, è lo squilibrio tra popolazione over 65 e popolazione in età attiva, che diminuisce a causa del drastico calo delle nascite. Nei prossimi 20 anni, infatti, il rapporto tra over 65 e popolazione attiva passerà dal 35% al 53%: oltre un “anziano” ogni due persone in età attiva. Questa evoluzione crea e creerà sempre più gravi disequilibri nei servizi socio-sanitari che, stima l’Osservatorio, oggi riescono a coprire solo il 32% del bisogno. Particolarmente critica è la disponibilità di posti letto in strutture sanitarie per anziani non autosufficienti, pari nel 2015 a circa 302mila a fronte di 2,8 milioni di persone che ne avrebbero necessità. Il sistema fatica anche a garantire continuità assistenziale agli anziani a seguito di un ricovero: un over 85 su quattro viene ricoverato almeno una volta l’anno, con una degenza media di 11 giorni, ma solo il 16% di questi viene dimesso prevedendo qualche forma di continuità assistenziale.