Anche tra i giovani è emergenza “fragilità”

In Italia sono sempre più colpiti da sbalzi d’umore, sintomi depressivi e crisi di panico. L’Unicef conferma: stesso trend anche in Europa, dove cala il livello di soddisfazione della propria vita 

I ragazzi tra i 18 e i 24 anni di età sono i più colpiti da sbalzi d’umore (72,7%), sintomi depressivi (71%) e crisi di panico (51,2%). A lanciare l’allarme, nei mesi scorsi, era stato l’Eurispes che nel 36esimo rapporto sull’Italia aveva evidenziato italiani sempre più in difficoltà dal punto di vista psichico, con i giovani che risultano comunque i più fragili sotto questo punto di vista. Risultati confermati e suffragati poi anche dall’Unicef che ha evidenziato come nell’intera Europa, sebbene sia una regione dove il benessere sociale è tra i più sviluppati, l’infanzia continua a essere minacciata da povertà, disagio psichico e cambiamento climatico.  

In particolare, nel Vecchio Continente circa 11,2 milioni di bambini e ragazzi soffrono di disturbi psichici, stando ai dati pubblicati in The State of Children in the European Union 2024. Di questi, 5.9 milioni sono maschi e 5.3 milioni sono femmine.  

Nella fascia di età compresa tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% della popolazione soffre di ansia e il 4% di depressione, tanto che dopo gli incidenti stradali, il suicidio è la seconda causa di morte. Nel 2020 931 giovani si sono tolti la vita, 18 casi ogni settimana, con una percentuale del 70% fra i maschi di età compresa fra i 15 e i 19 anni. Il numero dei suicidi è comunque diminuito nel tempo in proporzione pari a un 20% in meno nel 2020 rispetto al 2011. 

La salute mentale dei minori, – fa notare Unicef – oltre a comprendere condizioni diagnosticabili come depressione e ansia, viene influenzata anche da aspetti più ampi come la vita quotidiana, la connessione sociale e la percezione della propria felicità.  

Fra i quindicenni europei i livelli di soddisfazione sono scesi dal 74% nel 2018 al 69% nel 2022 (ultima rilevazione disponibile), con più di 220.000 ragazzi con una soddisfazione di vita inferiore rispetto a quella di quattro anni prima. 

A livello mondiale, invece, il 48% dei problemi di salute mentale si manifesta entro i 18 anni, nonostante molti casi rimangano non individuati e non trattati, e un adolescente su sette abbia un problema di salute mentale, su un totale globale di quasi un miliardo di persone. 

L’ipnosi da smartphone e lo scollamento tra realtà e mondo virtuale

L’uso eccessivo (che talvolta sfocia in dipendenza) dello smartphone è uno dei principali problemi della società di oggi, in particolare per quanto riguarda bambini e adolescenti che sono in una fase cruciale per lo sviluppo del cervello.  

C’è tuttavia un’ulteriore declinazione del problema che ha un nome ben preciso e si chiama “ipnosi da smartphone”. A coniarlo è stato Enzo Di Frenna, giornalista e promotore di Netdipendenza Onlus, organizzazione no profit contro il cosiddetto tecnostress. L’ipnosi “si vede ai concerti”, dove ormai gli spalti sono illuminati a giorno dalle luci blu dei telefonini, con la videocamera immancabilmente attivata, “ma banalmente anche in metropolitana, dove praticamente tutti viaggiano con la testa china sullo schermo”, ha osservato l’esperto. Il risultato? “Non ci si accorge di ciò che si sta facendo”, si ha il cellulare in mano e “ci si estranea dalla realtà, non si è più neanche consapevoli”.  

Nello specifico di un concerto, “migliaia di cellulari riprendono il palco e chi è dietro a quello schermo è ipnotizzato dalla realtà virtuale. Tra la persona e l’artista in quel momento c’è un filtro. Guardiamo alla realtà non più in maniera diretta, ma con gli occhi della videocamera, del cellulare. E questo è un problema serio dal punto di vista psicologico”. L’aspetto più paradossale è che poi tutte queste immagini o questi video “quasi certamente finiranno nel dimenticatoio, in un archivio che nessuno aprirà più. O diventano strumenti per mostrare agli altri qualcosa per qualche secondo sui social”. 

Disturbi mentali? La prevenzione è possibile

Intervista a Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria: “Ne soffre  il 20% degli italiani, ma diagnosi e terapia precoci permettono di prevenire la patologia” 

 

Il 20% degli italiani soffre di almeno un disturbo mentale, ma la prevenzione è possibile e può dare risultati concreti. è questa l’opinione di Liliana Dall’Osso, Presidente della Società Italiana di Psichiatria.  

Il 10 ottobre è stata celebrata la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Che significato ha questa giornata e perché è importante nell’attuale contesto nazionale e globale? 

La Giornata è stata istituita nel 1992 per promuovere la consapevolezza e mobilitare gli sforzi a sostegno della salute mentale. Il tasso di persone colpite da disturbi mentali è in aumento a livello globale e stigmatizzazione e discriminazione sono un ostacolo all’accesso alle cure e all’inclusione. Sulla base di una predisposizione genetica, i fattori ambientali – ovvero le circostanze e gli eventi di vita – hanno un ruolo determinante nello sviluppo della patologia. 

Quale è la situazione italiana dei disturbi mentali e quali sono le principali tipologie? 

Il 20% degli italiani soffre di almeno un disturbo mentale, dato che supera quello della media europea di 17,3 per cento. Disturbo dello spettro autistico, schizofrenia, disturbo bipolare, depressione maggiore, disturbi d’ansia – come panico e ansia sociale – anoressia, bulimia e ortoressia (ossessione del mangiar sano), abuso di sostanze e di alcol e dipendenze comportamentali (ad esempio da internet) provocano difficoltà nelle attività quotidiane, nei rapporti interpersonali ed elevati costi sociali ed economici per i pazienti e i loro familiari. 

Quanto è diffusa la depressione in Italia? C’è un aumento della sua diffusione negli ultimi anni? Se sì per quali motivi? 

La depressione è uno dei disturbi mentali più comuni. Da sempre, fattori come disagio sociale ed economico, scarso supporto familiare, eventi traumatici e di perdita contribuiscono al rischio di depressione, che è fortemente influenzato dal grado di resilienza e vulnerabilità individuale. In un clima di instabilità socioeconomica, associato alla persistenza di stigma  verso i disturbi mentali, la pandemia di Covid-19 ha innescato una vera e propria emergenza della salute mentale, con un incremento della depressione.  

Qual è invece la diffusione dello stress e quali sono le sue principali cause? 

La pandemia ha rappresentato un evento traumatico di massa. L’intera popolazione ha vissuto in un contesto di incertezza relativa alla propria e altrui sopravvivenza, alla sicurezza economica e al futuro in generale, sviluppando sentimenti post-traumatici di impotenza e di cambiamento irreversibile, talora associati a sintomi di lutto traumatico conseguenti alla perdita di una persona cara, spesso in modo improvviso e senza un ultimo saluto. Tra le cause annoveriamo inoltre l’attuale scenario geopolitico, con la guerra ai margini dell’Europa e il riaccendersi del fronte medio-orientale. E sappiamo che anche “assistere” ai conflitti in atto e alle loro conseguenze attraverso i media ha un impatto traumatico, soprattutto nella popolazione infantile e nei soggetti vulnerabili.  

A livello di prevenzione cosa si può fare per evitare l’insorgere di disturbi mentali o per ridurne le conseguenze negative? 

La maggior parte dei disturbi mentali dell’adulto sono l’evoluzione di quadri, spesso subclinici e atipici, del bambino o dell’adolescente. La precocità di diagnosi e terapia permette di prevenire la patologia conclamata o almeno di attenuarne la gravità. La lotta allo stigma, l’implementazione dei fondi per i servizi di salute mentale e un adeguato programma di prevenzione, a partire dall’ambiente scolastico, rappresentano gli interventi chiave. È sempre più evidente che, con le giuste strutture sociali e istituzionali, la prevenzione dei disturbi mentali, e il benessere di ogni cittadino del mondo, è possibile.

Riscontra effetti negativi, sui disturbi mentali, del pervasivo utilizzo di apparecchi elettronici? Che effetti ha questo fenomeno sui più giovani? 

Che si possa bere per tutta la vita mezzo bicchiere di vino ai pasti senza diventare alcolisti è sotto gli occhi di tutti. Allo stesso modo, si può usare internet quotidianamente in modo funzionale e persino iperadattativo, senza sviluppare dipendenza. Purtroppo, non sempre è così. In soggetti predisposti, la rete diventa il perno della vita: si sviluppa il bisogno di aumentare il numero di ore online, compaiono irritabilità o disforia se si viene interrotti e sintomi di astinenza (ansia, tristezza) in mancanza dell’uso. Col tempo l’attività online non sarà neppure più fonte di piacere, ma sarà impossibile, pur volendolo, cessarla. Un vortice che avrà gravi ripercussioni sul funzionamento psicosociale, come l’interruzione degli studi. Altre trappole della rete, complici l’anonimato, la facile accessibilità e l’immediatezza della ricompensa – in un click – sono lo shopping compulsivo online, la cybersex addcition e, non ultimi, i social network, ormai canale privilegiato dei contatti sociali. Si arriva a preferire le amicizie virtuali a quelle reali, con conseguente deterioramento delle seconde, sino a una percepita integrazione a fronte di un effettivo isolamento.

 

Liliana dell’Osso 

Psichiatra e saggista, è Presidente della Società Italiana di Psichiatria, Past-President del Collegio nazionale dei professori ordinari di psichiatria, insignita dell’Ordine del Cherubino dall’Università di Pisa. È autrice/coautrice di oltre 900 pubblicazioni su riviste, prevalentemente internazionali, di manuali e di numerosi saggi scientifici divulgativi. Fa parte dei Top Italian Scientists, del Board di Top Italian Women Scientists e di 100esperte.it 

Proteggere la vista, la prevenzione è fondamentale

In Italia le malattie che mettono a rischio gli occhi riguardano oltre tre milioni di persone e ancora di più sono i soggetti a rischio. Per questo è importante muoversi sempre in anticipo

 

A livello globale almeno 1 miliardo di persone ha problemi di vista da vicino o da lontano che potrebbero essere prevenuti o che devono ancora essere diagnosticati e curati. A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che sottolinea come la disabilità visiva colpisce persone di tutte le età e può avere effetti importanti e di lunga durata su tutti gli aspetti della vita, comprese le attività personali quotidiane, l’interazione con la comunità, la scuola e le opportunità di lavoro e la possibilità di accedere ai servizi pubblici. Per sensibilizzare la popolazione mondiale su tutto ciò, il secondo giovedì di ottobre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della vista, promossa dall’Oms e dall’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità. 

Nel nostro Paese – sottolinea il Ministero della Salute – le malattie che mettono a rischio la vista riguardano oltre tre milioni di persone e ancora di più sono i soggetti a rischio. In particolare, come negli altri Stati sviluppati, in Italia l’incidenza di glaucoma, retinopatia diabetica e maculopatia aumenta parallelamente all’aumento dell’età e alle diagnosi di malattie croniche. Ogni cittadino dovrebbe conoscere i principali rischi a cui è esposta la sua vista e, allo stesso tempo, le opportune misure di prevenzione di cui può disporre: la Giornata Mondiale della vista è dunque l’occasione per promuovere iniziative di prevenzione e fare il punto sulle attività e sulle novità in campo oftalmologico. In tutto il territorio nazionale, si organizzano incontri divulgativi, campagne di comunicazione, tavole rotonde tra esperti e punti di informazione con distribuzione di opuscoli per facilitare l’accesso della popolazione a una corretta cultura scientifica. Non è un caso che lo slogan scelto per quest’anno è stato: “L’istinto ci porta a proteggere gli occhi, la prevenzione ti aiuta a farlo”. 

In alcune malattie dell’occhio, purtroppo, la perdita della vista è lenta e senza sintomi: ci si adatta gradualmente e quando ci si accorge del problema, il danno è ormai avanzato e irreversibile. Durante le campagne di prevenzione delle malattie della vista, circa il 40% delle persone visitate erano a rischio o avevano già problemi agli occhi, più o meno seri, senza saperlo. 

 

Allarme Onu sui disturbi psichici “Nel mondo 1 miliardo di malati”

Celebrata la Giornata Internazionale della Salute Mentale: per l’Oms va tutelata come quella fisica

 

“Priorità alla salute mentale sul lavoro”. Questo il tema scelto per celebrare, lo scorso 10 ottobre, la Giornata Internazionale della Salute Mentale, ricorrenza istituita dall’Onu per sensibilizzare l’opinione pubblica e i Governi su un tema cruciale sempre più di attualità come le patologie psichiche. Proprio per questo, è stato posto l’accento sull’importanza di creare ambienti professionali che favoriscano il benessere psichico. 

“Il lavoro è fondamentale per il benessere, ma anche il benessere è fondamentale per il lavoro”, ha sottolineato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, rimarcando come a livello globale circa il 60% della popolazione sopra i 15 anni sia impiegata in qualche forma di attività lavorativa, spesso trascorrendo la maggior parte del tempo in ambienti professionali. Tuttavia, se il lavoro può offrire stabilità, connessione e senso di appartenenza, ambienti oppressivi o disorganizzati possono avere un impatto devastante sulla salute mentale dei lavoratori. 

Il tema è ovviamente più ampio e a dirlo è una stima dell’Oms: nel 2030 le patologie psichiche supereranno quelle cardiovascolari, anzi secondo alcuni esperti il “sorpasso” potrebbe avvenire anche prima: già oggi, peraltro, esse rappresentano la principale causa di disabilità nel mondo. Ecco perché la salute mentale è e va considerata come parte essenziale della salute generale di una persona e merita la stessa attenzione e cura di quella fisica. 

Sempre secondo l’Oms quasi 1 miliardo di persone nel mondo convive con un disturbo mentale e ogni 40 secondi un individuo si toglie la vita. Numeri estremamente preoccupanti, destinati ad aumentare anche a causa delle conseguenze della pandemia da Covid, che ha avuto un impatto rilevante sul benessere psicologico della popolazione globale. L’ultima rilevazione dell’Ipsos Global Health Service Monitor evidenzia come quasi la metà delle persone (45%) ritenga la salute mentale la principale preoccupazione sanitaria nel proprio Paese, con un aumento di 18 punti percentuali rispetto al 2018. In Italia, anche se il principale motivo di apprensione sanitaria rimane il cancro, citato dal 56% delle persone, la consapevolezza riguardo la salute mentale è cresciuta notevolmente, aumentando di 17 punti dal 2018 e raggiungendo il 35% nel 2024. 

Pubblico-privato per una sanità sostenibile

Nel 2023, quasi 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure. È un dato allarmante. Purtroppo, tra code d’attesa, disservizi e inefficienze, molti cittadini, non sono più in grado di tutelare un bene primario come la salute. E a questo si aggiungono altre questioni, come la mancanza di posti letto, la carenza di personale medico e le criticità legate, in molte regioni, all’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

In tale contesto, è strategico per il Paese riconoscere l’importanza della sanità integrativa in affiancamento, o complementarità, al Ssn. Il ruolo svolto dai Fondi di assistenza sanitaria integrativa è determinante nell’ottica di completare l’offerta: i Fondi garantiscono prestazioni d’eccellenza e operano in regime di pieno controllo della spesa.

Oggi i nostri Fondi ed Enti puntano verso le nuove frontiere della sanità, quelle che guardano alla prevenzione, alla telemedicina e al potenziamento dei servizi offerti su piattaforme online insieme alla garanzia per gli iscritti di un ampio network di professionisti e centri all’avanguardia, a cui fare ricorso in caso di necessità.

Ancora molto c’è da lavorare perché si abbia un sistema pubblico-privato integrato e sinergico che non sia visto come una minaccia, ma come un elemento di sostenibilità.

Per questo è prioritario che il legislatore supporti un quadro fiscale favorevole all’integrazione.

L’Intelligenza Artificiale in sanità

Ogni innovazione apre sì prospettive entusiasmanti, ma genera anche rischi e incertezze. È quello che sta accadendo con l’imponente sviluppo dell’intelligenza artificiale. A noi sta a cuore comprendere l’impatto che il suo uso avrà in campo sanitario. L’Intelligenza artificiale (IA), infatti, ridefinirà il modo con cui saranno diagnosticate e trattate le malattie, ma anche la stessa organizzazione dell’assistenza sanitaria.

Recentemente anche l’Ocse ha evidenziato benefici, opportunità e rischi insiti nell’uso dell’IA nella sanità. L’analisi di grandi quantità di dati, una medicina personalizzata, la previsione delle malattie con interventi precoci, la telemedicina, la scoperta e sviluppo di farmaci per finire con la chirurgia robotica, ci danno conto delle potenzialità nel migliorare la salute dei pazienti.

Ma non è tutto oro ciò che luccica e, infatti, ci sono molte ombre. Algoritmi distorti che potrebbero generare discriminazioni, violazioni nella sicurezza dei dati, l’automazione che potrebbe causare disoccupazione nel settore, sono tutte pericolose variabili da considerare in via preventiva. Ricordiamoci che l’uso di nuove tecnologie non è mai neutrale e che tali innovazioni toccano comunque la salute, uno dei beni primari dell’umanità. Il modo in cui verranno gestite potrà ridurre o incrementare le disuguaglianze: ecco perché i principi di universalità, sostenibilità, equità e appropriatezza delle cure devono restare ben saldi.

Alzheimer, ecco il meccanismo della perdita di memoria

Un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive che caratterizzano le demenze. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), dell’Irccs San Raffaele Roma: il focus, in particolare, è su una proteina che ha il ruolo di riparare i danni del doppio filamento del Dna provocati da stress e da stimoli di natura diversa all’interno dei neuroni.

La scoperta non solo aggiunge nuovi importanti tasselli di conoscenza di una patologia che, secondo i dati dell’Iss, riguarda in Italia circa 2 milioni di persone (1 milione e 100 mila con demenza, 900 mila con un disturbo cognitivo lieve), ma in futuro potrebbe aprire la strada anche a nuove possibilità nella diagnosi precoce, fornendo un nuovo biomarcatore di malattia.

In particolare, il nuovo studio dimostra per la prima volta che l’enzima DNA-PKcs – una proteina chinasi coinvolta nei meccanismi di riparazione del Dna all’interno delle cellule nervose di ognuno di noi – è localizzata nelle sinapsi, cioè nel punto di contatto funzionale al livello del quale avviene la trasmissione delle informazioni tra i neuroni. Un passaggio chiave che aiuta a capire un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive e che dunque, in futuro, potrebbe anche aiutare a limitare quella che potrebbe diventare una vera e propria emergenza: visto il graduale invecchiamento della popolazione nei paesi occidentali sono infatti sempre più drammatiche le stime degli esperti per la diffusione futura delle patologie cognitive.

Influenza, le istruzioni del Ministero sul vaccino

Circolare alle Regioni per programmare la somministrazione, in particolare per tutelare le categorie a rischio e “ridurre la morbosità e le sue complicanze, nonché la mortalità”

Con l’autunno al via, il Ministero della Salute ha pubblicato la circolare per la stagione anti influenzale 2024-2025 che conferma la gratuità del vaccino per gli over 60. La campagna partirà a inizio ottobre e il dicastero – spiega la circolare firmata dal direttore alla prevenzione Francesco Vaia – richiama le Regioni a programmare adeguatamente e per tempo le procedure per l’approvvigionamento dei vaccini considerando per i fabbisogni previsti, oltre alle dosi somministrate nelle stagioni precedenti, anche gli obiettivi di copertura delle popolazioni target. “In considerazione della situazione epidemiologica relativa alla circolazione dei virus respiratori nella stagione 2023-2024 – si legge nella circolare – si raccomanda compatibilmente con la disponibilità di vaccino, di condurre le campagne di vaccinazione antinfluenzale regionali a partire dall’inizio di ottobre (40ma settimana dell’anno) e offrire la vaccinazione alle persone eleggibili in qualsiasi momento della stagione influenzale, anche se si presentano in ritardo per la vaccinazione o se riferiscono di aver già avuto uno o più episodi simil-influenzali”.

Insomma, la stagione influenzale si annuncia sfidante e il ministero invita gli enti locali a prendere tutte le precauzioni e gli accorgimenti necessari per minimizzarne l’impatto. “Per ridurre significativamente la morbosità per influenza e le sue complicanze, nonché la mortalità – prosegue infatti la circolare -, è necessario raggiungere coperture elevate nei gruppi di popolazione target della vaccinazione, in particolare nelle persone ad alto rischio di tutte le età. Gli obiettivi di copertura, per tutti i gruppi target, sono i seguenti: 75% come obiettivo minimo perseguibile; 95% come obiettivo ottimale”.

Sul proprio sito il ministero ricorda che la vaccinazione è il mezzo più efficace e sicuro per prevenire l’influenza e ridurne le complicanze. Inoltre, è raccomandata e offerta in modo gratuito, tra gli altri, alle persone con più di 60 anni, alle donne in gravidanza e post partum, ai ricoverati in lungodegenza e alle persone con malattie croniche come diabete, malattie cardiache e respiratorie o problemi al sistema immunitario.

Invecchiamento attivo come prevenzione

Il Ministro Schillaci: “È una delle priorità del G7 Salute per garantire il benessere delle persone e la sostenibilità dei servizi sanitari”. Focus su alimentazione, screening e attività fisica

«L’invecchiamento sano e attivo, attraverso la prevenzione lungo tutto l’arco della vita, è una delle priorità del G7 Salute e una via obbligata per garantire il benessere di ogni persona e la sostenibilità dei servizi sanitari. Per questo abbiamo intensificato le attività di promozione sugli stili di vita, a partire da corretta alimentazione e attività fisica, e sui programmi di screening oncologici». E’ quanto ha dichiarato il Ministro della Salute Orazio Schillaci nel messaggio inviato in occasione della presentazione in Senato a Roma di Agevity 2024, l’evento nazionale promosso dal Silver Economy Network con il supporto di Assolombarda, che si è tenuto a Milano il 24 e 25 settembre.

I numeri parlano chiaro: nel mondo si stima che gli over 65 raggiungeranno la soglia del 16% della popolazione nel 2050 e il 24% nel 2100. In Europa saranno 26 milioni gli over 85 e mezzo milione gli ultracentenari. Nei 27 Stati dell’Ocse il 16% degli over 65 vive con gravi disabilità e il 33% con lievi disabilità, in Italia oggi gli over 65 sono il 24% della popolazione e il trend demografico indica che nel 2050 potranno arrivare al 34%. Allo stesso tempo, gli ultimi dati della sorveglianza Passi dell’Istituto Superiore di Sanità indicano in Italia un 28% di persone completamente sedentarie, un 10,4% di obesi e un 43% di persone alle quali è stato consigliato di perdere peso. Condizioni che possono favorire l’insorgenza di malattie non trasmissibili e che inducono al rafforzamento delle strategie di prevenzione che passano per l’adozione di corretti stili di vita, a partire da una sana alimentazione e da un’adeguata attività fisica. Ecco perché ridurre il carico di malattie e di disabilità è cruciale per l’invecchiamento attivo e in salute.

«In linea con il Piano nazionale della Prevenzione – ha anche spiegato Schillaci – lavoriamo per cambiare paradigma e passare da un sistema concentrato sulla cura a un investimento sempre più solido nella prevenzione.

Al contempo, stiamo efficientando il Servizio Sanitario Nazionale per rispondere in modo adeguato ai bisogni di una popolazione sempre più anziana e con patologie croniche. Penso – ha proseguito il Ministro – al rafforzamento della sanità di prossimità che stiamo attuando attraverso il Pnrr anche aumentando i fondi per l’assistenza domiciliare e per la telemedicina. Così come guardiamo all’Intelligenza artificiale, che sta già mostrando il suo potenziale. Prevenzione, prossimità e innovazione sono le leve strategiche per affrontare il presente guardando agli scenari futuri», ha concluso Schillaci.