Colpite 6 milioni di persone in Italia: il valore della diagnosi precoce

In tutto le patologie reumatiche sono oltre 200, molto diverse fra loro per frequenza e gravità, che in Italia interessano complessivamente oltre 6 milioni di persone e che ancora troppo spesso vengono diagnosticate in ritardo, con grandi difficoltà delle pazienti e dei pazienti che devono fare i conti con un aggravarsi della situazione. Se non curati in modo adeguato, infatti, molti disturbi reumatologici possono portare progressivamente all’invalidità, con un conseguente, grande onere sociale ed economico per pazienti, famiglie e l’intero sistema sanitario. 

Le malattie reumatiche consumano a poco a poco la cartilagine e i tessuti vicini senza dare inizialmente segni evidenti. Alcune patologie degenerative, lentamente evolutive come l’artrosi e l’osteoporosi, colpiscono di più le persone anziane, altre patologie reumatiche appartengono invece alla giovane età e alla maturità. Qualche esempio? Malattie reumatiche infiammatorie e autoimmuni come l’artrite reumatoide, le spondiloartriti, le malattie autoimmuni sistemiche e, tra le più gravi, le connettiviti, che coinvolgono anche gli organi interni. 

Un “digital twin” per la prevenzione dell’ictus

È il progetto europeo coordinato da un consorzio internazionale che coinvolge anche l’Istituto Neurologico Besta di Milano 

L’obiettivo è cambiare il futuro della prevenzione e della cura dell’ictus grazie ai gemelli digitali e all’intelligenza artificiale. Il progetto europeo Stratif-AI è coordinato da un consorzio internazionale che coinvolge cinque università e otto ospedali – tra cui l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano – e punta a costruire copie virtuali delle persone malate, aggiornate in tempo reale, capaci di prevedere i rischi individuali di malattia e guidare le strategie terapeutiche. 

Il concetto di “gemello digitale”, sviluppato grazie a una piattaforma (Stratif-AI), combina modelli meccanicistici, di bioinformatica e di apprendimento automatico per simulare in dettaglio le condizioni delle persone malate. Ciò avviene inserendo tutti i loro parametri, dai dati socio-demografici ai valori di glicemia e pressione arteriosa, fino al funzionamento di organi come fegato, pancreas e cervello. Da qui, si può simulare cosa accadrebbe nel tempo in base agli stili di vita e mostrare come, con minime modifiche, ad esempio smettere di fumare o muoversi di più, il rischio di ictus diminuisce sensibilmente. 

In sostanza l’obiettivo del progetto è sì predire, ma anche motivare il cambiamento. Il “digital twin”, visibile a schermo, reagisce alle azioni in tempo reale: se aumenta l’attività fisica, si osservano miglioramenti nel flusso vascolare, nella pressione sanguigna, nei livelli di colesterolo. 

Indennimeo confermato Presidente di Assidai

“E’ una grande sfida che accolgo con impegno e dedizione: l’obiettivo è continuare a garantire servizi sempre più efficienti per la massima soddisfazione di coloro che sono già iscritti al Fondo” 

Armando Indennimeo è stato rieletto presidente di Assidai per il triennio 2025-2028. Nato a Salerno, si è laureato al Politecnico di Napoli in Ingegneria Elettronica (con specializzazione nelle telecomunicazioni) e ha rivestito ruoli rilevanti come manager in diverse realtà industriali nel campo delle telecomunicazioni e delle energie alternative, sia in Italia che all’estero: Dirigente in Energyfer, Cirte SpA, Romeca Srl, TeleNorma SpA – Gruppo Bosch, Telettra SpA – Gruppo Fiat. Attualmente è anche Presidente di Federmanager Salerno e svolge incarichi di consulenza presso realtà aziendali ed enti locali. 

“L’Istat ha appena pubblicato l’ultimo report relativo agli indicatori demografici del 2024 e tra essi si evidenzia la rilevante crescita della speranza di vita per il complesso della popolazione residente: 83,4 anni, quasi 5 mesi di vita in più rispetto al 2023. Dalle analisi delle dinamiche demografiche è evidente che il Servizio Sanitario Nazionale nei prossimi anni sarà sottoposto a ulteriori forti pressioni”, ha sottolineato Indennimeo. La diretta conseguenza? “Ritengo che il cosiddetto secondo pilastro della sanità debba essere considerato come un valido supporto per il SSN e che ci siano opportune politiche e normative che favoriscano il più possibile l’adesione ai Fondi sanitari integrativi da parte di imprese, lavoratrici e lavoratori”. In questa logica, ha aggiunto, Assidai, Fondo di assistenza sanitaria integrativa di emanazione Federmanager, da 35 anni sul mercato è al fianco delle persone iscritte e delle loro famiglie e si mette a disposizione del sistema Federmanager e delle istituzioni preposte per condividere il proprio modello organizzativo”.  

“Assidai è una grande sfida, che accolgo con impegno e dedizione”, ha continuato Indennimeo. Continuare a garantire servizi sempre più efficienti per la massima soddisfazione di coloro che sono già iscritti ad Assidai, puntando al contempo ad aumentare la platea delle persone iscritte, in termini individuali e corporate, si conferma così come l’obiettivo primario del Presidente, che pone al centro della propria mission altri tre concetti chiave. Innanzitutto, rafforzare il posizionamento di Assidai quale principale Fondo integrativo del Fasi attraverso una sempre maggiore diffusione del Prodotto Unico Fasi-Assidai, in linea con quanto indicato nel CCNL Dirigenti Industria recentemente rinnovato. In secondo luogo, consolidare la collaborazione con le Associazioni Territoriali Federmanager, che hanno un valore fondamentale in termini di ricchezza di esperienze e best practice. Infine, potenziare il welfare aziendale, che dimostra la diffusione di un rapporto più evoluto ed efficiente tra azienda e dipendente, in cui Assidai si candida a giocare un ruolo di primo piano.

Rinnovati CDA e collegio sindacale per il triennio 2025-2028, nel board confermati Donetti, Flussi e Sorli. Entra come nuovo consigliere Alfieri 

Si rinnovano il Consiglio di Amministrazione e il Collegio sindacale di Assidai. L’Assemblea dei Soci del Fondo, svoltasi lo scorso 7 maggio, ha confermato e nominato i componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, oltre ai rispettivi Presidenti, come previsto all’art. 6 dello Statuto Assidai. Dopo il primo mandato, Armando Indennimeo è stato confermato Presidente del Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa Dirigenti Aziende Industriali per l’ulteriore triennio 2025 – 2028. Nel dettaglio, il board ha visto la riconferma oltre che di Indennimeo anche di Arturo Donetti, Luciano Flussi e Gabriele Sorli e ha visto l’ingresso di Andrea Alfieri. Per quanto riguarda, invece, il Collegio Sindacale è stato confermato come Presidente il Sindaco Gustavo Troisi e sono stati confermati la sindaca Daniela Cibrario e il sindaco Pietro Giomi.

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“Prevenzione, screening e farmaci per battere le malattie reumatologiche”

Intervista al Professor Andrea Doria, Presidente della Società Italiana di Reumatologia 

Prevenzione primaria, diagnosi precoce e farmaci. Le malattie reumatologiche hanno un forte impatto sulla popolazione italiana e globale, ma gli strumenti a nostra disposizione per combatterle non mancano. Ne è convinto Andrea Doria, Professore di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina della Scuola di Medicina dell’Università di Padova, nonché Presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR). 

Professor Doria, che cosa sono le malattie reumatologiche? Come possiamo definirle e che impatto hanno sulla popolazione italiana e sui costi del Servizio Sanitario Nazionale? 

Le malattie reumatologiche comprendono oltre 200 condizioni morbose che colpiscono articolazioni, ossa, muscoli, tendini, ma anche organi interni. Alcune sono malattie degenerative, come l’artrosi; altre infiammatorie e autoimmuni, come l’artrite reumatoide o il lupus. In Italia ne soffrono oltre 6 milioni di persone. Hanno un impatto notevole sul Servizio Sanitario Nazionale, sia per i costi diretti (farmaci, visite, ricoveri) sia per quelli indiretti, legati a invalidità, assenze dal lavoro e pensionamenti anticipati. 

Quali sono le malattie reumatologiche più diffuse e quali le più pericolose per la salute? 

Tra le più diffuse ci sono l’artrosi, la fibromialgia, l’artrite reumatoide, le spondiloartriti e la gotta. Le più pericolose sono le malattie autoimmuni sistemiche, come il lupus eritematoso sistemico e la sclerosi sistemica, che possono coinvolgere organi vitali (cuore, reni, polmoni) e mettere a rischio la vita se non riconosciute e trattate tempestivamente.  

È vero che negli ultimi anni colpiscono con maggiore frequenza la popolazione più giovane (tra 18 e 45 anni) e che in generale sono le donne le più colpite? 

Sì, è una tendenza confermata anche in Italia. Molte malattie reumatologiche esordiscono proprio tra i 18 e i 45 anni, una fase cruciale per la vita personale e lavorativa. Inoltre, la maggior parte colpisce prevalentemente le donne: per esempio, nel lupus eritematoso sistemico il rapporto donne/uomini è di circa 9 a 1. Fattori ormonali e genetici sembrano giocare un ruolo importante in questa maggiore suscettibilità femminile. 

Che ruolo gioca la prevenzione primaria sulle malattie reumatologiche? 

La prevenzione primaria è fondamentale. Anche se non tutte le malattie reumatologiche sono prevenibili, alcuni fattori di rischio – come il fumo, la sedentarietà, l’obesità, il sovraccarico di articolazioni e tendini – possono essere modificati. Uno stile di vita sano riduce il rischio di sviluppare infiammazione cronica e favorisce una risposta più efficace ai trattamenti. 

Quali sono invece le possibili contromisure a livello di screening? 

In Italia c’è ancora margine di miglioramento. Lo screening reumatologico, soprattutto per i soggetti a rischio o con sintomi precoci, può anticipare la diagnosi e migliorare l’efficacia delle terapie. Identificare l’artrite precoce o una connettivite iniziale consente di agire prima che si sviluppino danni irreversibili alle articolazioni o agli organi interni. 

A livello di farmaci, che strumenti abbiamo in mano per una guarigione completa da queste patologie? 

Oggi disponiamo di farmaci estremamente efficaci, come i biologici e i nuovi inibitori delle JAK chinasi, che hanno completamente rivoluzionato il trattamento delle malattie infiammatorie autoimmuni. Non possiamo ancora parlare di “guarigione”, ma possiamo raggiungere la remissione clinica, cioè l’assenza di sintomi e di progressione. Questo consente ai pazienti di condurre una vita normale e attiva, soprattutto se la terapia è iniziata precocemente. 

Lei è anche Presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR). Quai sono la mission e gli obiettivi che intendete raggiungere? 

Come SIR puntiamo a tre obiettivi principali: migliorare la diagnosi precoce e la presa in carico dei pazienti; promuovere la formazione continua dei reumatologi; sensibilizzare le istituzioni sull’importanza di garantire un accesso equo e tempestivo alle cure. La nostra missione è far riconoscere la reumatologia come una priorità della sanità pubblica, alla pari di altre specialità. 

Proprio la SIR, nei mesi scorsi, ha presentato il documento per la prevenzione attiva. Di che cosa si tratta? 

Si tratta di un progetto che delinea delle strategie concrete per la prevenzione delle malattie reumatologiche in Italia. Il programma include la promozione di stili di vita sani, campagne di informazione, percorsi di screening e iniziative per il riconoscimento precoce dei sintomi. Il documento è frutto della collaborazione tra esperti, istituzioni e associazioni di pazienti e rappresenta un passo decisivo verso una sanità più orientata alla prevenzione.

 

Andrea Doria

Professore di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina della Scuola di Medicina dell’Università di Padova e Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia presso l’azienda Ospedale-Università di Padova. L’Unità che dirige è un centro di riferimento per la diagnosi e la gestione di pazienti affetti da malattie reumatologiche. Durante la sua direzione, l’Unità di Reumatologia di Padova ha ottenuto il riconoscimento di “EULAR Center of Excellence in Rheumatology 2022-2027”. È stato presidente designato della Società Italiana di Reumatologia (SIR) nel biennio 2022 al 2024 e, a partire da novembre 2024, ricopre la carica di presidente della stessa società.

In Italia il 40% delle persone adulte ha problematiche di peso

È quanto sottolineato dall’Istituto superiore di Sanità in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità: se non si cambiano stili di vita il rischio è di sviluppare cronicità

Nel nostro Paese quattro persone adulte su 10 sono in eccesso ponderale: tre in sovrappeso (con un indice di massa corporea compreso fra 25 e 29,9) e una obesa (indice superiore a 30). È quanto emerge dai dati riferiti dal sistema di sorveglianza Passi per il biennio 2022-2023 relativi a peso e altezza di persone tra 18 e 69 anni in Italia e riportati dall’Istituto Superiore di Sanità in occasione del World Obesity Day, la Giornata Mondiale dell’Obesità che ricorre il 4 marzo. Istituito nel 2015 dalla World Obesity Federation l’evento coinvolge organizzazioni, associazioni e persone con l’obiettivo di invertire la crisi globale dell’obesità sensibilizzando cittadini e istituzioni incoraggiando la prevenzione di una condizione cronica complessa che richiede interventi su più livelli, anche quando, negli stadi iniziali, non si associ a complicanze.   

Il focus dell’edizione 2025 della giornata dedicata al contrasto dell’obesità è stato sui sistemi, sanitari e governativi, sugli ambienti di vita e di lavoro, sui media, che, con un approccio sistemico e collaborativo, possono affrontare la sfida globale contro l’obesità e il sovrappeso. Molte persone che sono in sovrappeso, se non intervengono con cambiamenti nello stile di vita, – sottolinea l’Iss – possono progredire verso l’obesità che si associa a un aumento del rischio di sviluppare malattie croniche – come patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tipi di cancro, problemi articolari – che riducono la durata della vita e ne peggiorano la qualità. 

L’eccesso ponderale, in Italia, è più frequente fra gli uomini rispetto alle donne (52% contro 34%); fra le persone con difficoltà economiche (52% contro 39%) e fra le persone con un basso livello di istruzione (63% fra chi ha la licenza elementare contro il 32% fra i laureati). Infine, sempre l’eccesso ponderale aumenta con l’età, ma diventa una condizione meno frequente superati i 75 anni, come mostrano i dati di Passi d’Argento (sulle persone ultra65enni) perché l’indice di massa corporea è soggetto a variazioni correlate a fattori biologici e patologici, per cui dopo questa età aumenta progressivamente la quota di persone che perdono peso indipendentemente dalla loro volontà. Così se l’eccesso ponderale riguarda il 27% dei 18-34enni sale progressivamente al 53% dopo i 50 anni e raggiunge il 58% fra i 65-74enni, per ridursi progressivamente dopo i 75 anni fino al 46% fra le persone over 85enni. 

Sanità e monitoraggio dei Lea: promosse le cure in ospedale

Ma per il Ministero della Salute bisogna lavorare sul fronte della prevenzione

Bene le cure in ospedale, ancora difficoltà per due aree cruciali come la prevenzione e l’assistenza sul territorio. È questo, in sintesi, il quadro della sanità pubblica italiana in base agli ultimi risultati, relativi al 2023, elaborati dal Ministero della Salute – attraverso il Nuovo sistema di garanzia – che monitora qualità e quantità dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza e cioè le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è chiamato a erogare in modo gratuito e omogeneo da nord a sud del Paese.  

Detto in altre parole, le persone ricoverate ricevono interventi sempre più appropriati e tempestivi dall’ictus ai tumori ma su temi cruciali per la salute come vaccinazioni, screening oncologici, stili di vita così come sull’uso di antibiotici, assistenza a domicilio, cure palliative, assistenza alle persone non autosufficienti o i tempi di arrivo di un’ambulanza dalla chiamata, c’è ancora strada da fare.  

Insomma, il Servizio Sanitario Nazionale mantiene le proprie caratteristiche uniche al mondo di universalità, ma – come più volte sottolineato – deve affrontare sfide sempre più probanti in termini di invecchiamento della popolazione, con relativo aumento delle cronicità e di ristrettezze di bilancio: dinamiche che da una parte evidenziano la necessità di una prevenzione primaria sempre più attenta da parte delle cittadine e dei cittadini e dall’altra parte inducono a una riflessione sul ruolo della sanità integrativa, come elemento di sostegno all’imprescindibile pilastro pubblico. 

Il report: ancora strada da fare nell’assistenza sul territorio  

Altro elemento che emerge dall’analisi del Ministero della Salute è la differenziazione, a livello di performance sanitarie, tra le varie Regioni. La classifica vede infatti primeggiare Veneto, Toscana, Trento ed Emilia Romagna mentre in coda navigano Calabria, Valle d’Aosta, Sicilia e Abruzzo. In particolare, l’esame dei 24 indicatori “core”, cioè determinanti ai fini del punteggio assegnato a ogni Regione per ciascuna area – appunto ospedale, prevenzione e distretto – fotografa tra 2019 e 2023 un trend di miglioramento soltanto per gli ospedali la cui performance pesa per il 50% sull’intera assistenza. Dall’altra parte, si registra il peggioramento continuo per l’area della Sanità territoriale (distretto) e per le attività di prevenzione.  

Complessivamente sono 13 le Regioni che raggiungono la sufficienza con un punteggio superiore a 60 in una scala da zero a cento in ciascuna delle tre macro aree: Piemonte, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna. Tra queste spiccano le performance delle “top” che riescono quindi non solo a erogare i Lea alle persone ma anche ad attrarre un flusso di pazienti con la valigia che si traduce in un saldo di mobilità sanitaria calcolato in circa 5 miliardi. Dall’altra parte, ben otto sono le Regioni “sotto-soglia” in almeno una o due aree: Valle d’Aosta su ospedale (unica Regione ad avere un’insufficienza per le cure in corsia) e distretto, mentre Abruzzo, Calabria e Sicilia sono insufficienti su prevenzione e distretto. 

Morbillo, casi in aumento anche per l’Italia

Focolai in Usa e record di contagi negli ultimi 25 anni in Europa. La Società Italiana di Pediatria:  “L’unico strumento sicuro di prevenzione, anche delle complicanze, è il vaccino” 

Il morbillo torna a rialzare la testa a livello globale. In Usa sono stati registrati infatti focolai e due decessi, in Europa il record di casi (nel 2024) da 25 anni a questa parte, in Italia si sono verificati 1000 contagi (tra febbraio 2024 e gennaio 2025). Numeri che preoccupano le persone esperte, se a questo si aggiunge un leggero calo delle coperture delle vaccinazioni raccomandate nei primi anni di età, certificato dai dati 2023 del Ministero della Salute.

Per questo, anche le pediatre e i pediatri della Società italiana di pediatria (Sip) nelle scorse settimane sono scesi in campo per smentire alcune delle fake news circolate e per fare il punto della situazione. Il punto di partenza: L’unico strumento sicuro ed efficace per prevenire il morbillo e le sue complicazioni è la vaccinazione. Le evidenze scientifiche sono chiare: è una malattia grave e altamente contagiosa. Teorie come quella che una corretta alimentazione o lassunzione di vitamina A possano sostituire il vaccino sono scientificamente infondate”.

I dati parlano chiaro. Secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, tra febbraio 2024 e gennaio 2025 sono stati registrati 32.265 casi di morbillo nei Paesi dellUnione europea. LItalia è tra le nazioni più colpite, con 1.097 contagi, seconda solo alla Romania (27.568). L86% dei casi riguarda bambine e bambini non vaccinati. I dati diffusi dallIstituto Superiore di Sanità registrano (dal primo gennaio 2025 al 28 febbraio 2025) 127 casi di morbillo in Italia, oltre il 90% ha riguardato bambine e bambini non vaccinati, il 7% coloro che hanno effettuato una sola dose di vaccino.

“Cancro al seno, la diagnosi precoce è fondamentale”

Per le donne la parola chiave è serenità: se diagnosticato in tempo il tumore è risolvibile 

di Chiara Pistolese, Professoressa associata di Radiodiagnostica all’Università di Roma Tor Vergata e Responsabile U.O.S Senologia interventistica al Policlinico Tor Vergata 

La parola chiave è “serenità” e vorrei far arrivare un messaggio di speranza a tutte le donne focalizzandomi su uno degli aspetti più importanti per affrontare il cancro al seno: la prevenzione. La diagnosi precoce, infatti, è la vera prevenzione di questa neoplasia: negli ultimi anni sono proprio le diagnosi tempestive che hanno consentito di ridurre significativamente il tasso di mortalità. Per questo il focus è “serenità”, perché il carcinoma alla mammella è risolvibile, se diagnosticato in tempo. Le donne non devono avere timore, ogni caso e ogni storia sono diversi: se è presente qualcosa che non va è meglio scoprirlo subito, perché solo così non diventa un problema. Talvolta, infatti, si può agire anche in regime ambulatoriale per risolvere la situazione.    

Mi occupo di diagnostica e interventistica senologica da tanti anni e lo faccio con grande passione. Come donna so cosa significa sottoporsi a una mammografia e a un’ecografia: serve grande sensibilità perché questi tipi di controlli fanno paura alla maggior parte delle donne. È importante rivolgersi a centri altamente qualificati dove operano figure professionali specializzate e dedicate alla senologia con l’ausilio di apparecchiature e tecnologie di ultima generazione, fondamentali nell’individuare e interpretare piccole modificazioni appena si manifestano. La costante presenza di medici assicura il corretto e completo svolgimento degli esami arrivando quando necessario a una diagnosi nel minor tempo possibile al fine di garantire l’approccio terapeutico più adeguato. Parliamo, infatti, di un tumore subdolo, che non dà sintomi nella maggior parte dei casi. Da un controllo annuale potrebbe arrivare una risposta inaspettata ma, ad oggi, sappiamo che questo è l’unico modo per diagnosticare le lesioni quando sono ancora molto piccole, quando abbiamo, dunque, i mezzi terapeutici per aggredirle e guarire. 

Secondo le ultime statistiche AIRC, nel 2024 in Italia, escludendo i carcinomi della cute non melanomi, i tumori in assoluto più frequenti sarebbero quelli della mammella (53.686 casi circa) e rappresentano una delle cause di morte più frequenti. Sappiamo bene che per prevenire qualsiasi tipo di cancro, adottare stili di vita corretti svolge un ruolo cruciale. Tuttavia, per il tumore al seno il valore dello screening, inteso come esecuzione di controlli strumentali periodici, è fondamentale e determinante per sconfiggere questa neoplasia. 

Numerosi fattori influenzano la sopravvivenza per tumore della mammella: lo stadio della lesione al momento della diagnosi, il grado istologico del tumore, lo stato dei recettori ormonali e altri parametri biologici. I progressi scientifici, intesi sia in termini di avanzamento delle terapie oncologiche sia di nuove metodiche di imaging che consentono diagnosi tempestive e accurate, hanno significativamente incrementato la sopravvivenza nelle donne affette da questa patologia. Dai dati riportati in letteratura, la sopravvivenza a cinque anni per donne con diagnosi di carcinoma mammario diagnosticato al I° stadio – ovvero quando vengono riscontrati agli esami diagnostici lesioni con dimensioni inferiori ai 2 cm, senza interessamento linfonodale né secondario a distanza – arriva quasi al 100%, ma si riduce al 26% per le pazienti che hanno ricevuto la diagnosi al IV° stadio, quando il tumore si è già diffuso ad altri organi (ossa, fegato, polmoni). 

Per quanto riguarda le tipologie di controlli mi preme sottolineare come essi vadano iniziati dai 40 anni; tra le indagini convenzionali, la mammografia va sempre associata a un’ecografia. I due esami, infatti, sono complementari e devono essere effettuati contestualmente, non a mesi di distanza: solo così possono dare una visione globale della situazione. Gli esami poi vanno ripetuti con cadenza annuale o secondo le indicazioni che i medici daranno alla paziente. La mia testimonianza come esperta è tesa a far comprendere alle donne che non bisogna avere timore e che sottoporsi a controlli periodici è l’unico strumento a propria disposizione per vincere questa patologia.  

 

Chiara Pistolese  

Medico chirurgo specialista in Diagnostica per immagini, è Responsabile U.O.S Senologia interventistica al Policlinico Tor Vergata e Professoressa associata di Radiodiagnostica all’Università di Roma Tor Vergata. è, inoltre, Direttrice del Master universitario II livello “Tecniche avanzate di interventistica senologica” e del Master universitario I livello “Ruolo del tecnico di radiologia in diagnostica e interventistica senologica” ed esercita attività privata di diagnostica e interventistica senologica presso la Clinica Ars Biomedica a Roma. 

Nasce l’Ecosistema Dati Sanitari: svolta per l’Italia

È stato istituito con decreto del Ministero della Salute e sarà operativo entro il 2026. Potrà raccogliere i dati in maniera centralizzata e migliorare la qualità del Servizio Sanitario Nazionale

Un sistema digitale innovativo e sicuro per la raccolta e l’analisi dei dati sanitari che offrirà servizi evoluti e innovativi soprattutto per pazienti e professionisti sanitari. E, soprattutto, permetterà di migliorare prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e profilassi internazionale e di rendere più vicine alle esigenze dei pazienti le attività di ricerca, programmazione e governo della salute pubblica da parte delle Istituzioni.   

L’Ecosistema Dati Sanitari (EDS) è stato istituito con il Decreto 31 dicembre 2024 del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’innovazione tecnologica e i suoi servizi saranno pienamente operativi entro il 2026. Con la pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale del 5 marzo 2025, l’EDS potrà prendere forma grazie alla collaborazione del Ministero della Salute con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Dipartimento per la trasformazione digitale e il supporto dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali.   

L’Ecosistema potrebbe rappresentare una svolta perché interagisce con altri strumenti di sanità digitale quali il Fascicolo Sanitario Elettronico, il Sistema Tessera Sanitaria e l’Anagrafe Nazionale Assistititi (quando quest’ultima diverrà operativa), per raccogliere dati in maniera centralizzata e migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. 

Ciò innanzitutto a vantaggio di cittadine e cittadini: l’EDS prevede appositi servizi di consultazione dei propri dati di sintesi, consentendo di visualizzare le informazioni relative al proprio quadro clinico, filtrare le informazioni su base temporale o su uno o più ambiti clinici e di accedere rapidamente a informazioni importanti per la propria salute. Al tempo stesso lo stesso EDS consente di visualizzare l’andamento dei propri dati, relativi a parametri clinici e vitali e valori basati su dati relativi a eventi clinici, indicando il relativo valore soglia e il suo eventuale superamento o valore di interesse. Questo potrà essere molto importante soprattutto per le persone malate croniche. 

Servizi aggiuntivi previsti anche per medici e personale sanitario, che – previo consenso della persona assistita – potranno consultare i dati di sintesi e visualizzare le informazioni relative al suo quadro clinico; filtrare le informazioni su base temporale o su uno o più ambiti clinici e accedere rapidamente a informazioni importanti; consultare dati provenienti da eventi di ricovero e accessi di pronto soccorso. L’EDS inoltre mette anche a disposizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta un apposito servizio di supporto alla compilazione del “profilo sanitario sintetico” della persona assistita insieme al “dossier farmaceutico” per monitorare aderenza alla terapia del paziente ed efficacia delle prescrizioni. 

Va infine ricordato che i dati dell’EDS sono blindati, il sistema rispetta gli standard di sicurezza previsti dal regolamento generale sulla protezione dei dati personali GDPR (UE n. 2016/679) utilizzando rigide misure di sicurezza per la protezione dei dati, conformi alla normativa in materia di cybersicurezza. 

Inquinamento, i legami con le malattie cardiovascolari

Li evidenzia uno studio elaborato dall’Alleanza italiana per le malattie cardio-cerebro-vascolari, anche se l’Italia per il momento non è tra i Paesi più a rischio 

L’inquinamento dell’aria costituisce un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari molto importante, ma che finora non è stato sufficientemente preso in considerazione sia nelle principali linee guida internazionali sulla prevenzione cardiovascolare, sia nei programmi sviluppati al fine di ridurre le malattie cardiovascolari e le loro pesanti conseguenze sulla salute pubblica e sui servizi sanitari. è questo, in estrema sintesi, il messaggio dello studio “Inquinamento dell’aria e malattie cardiovascolari”, elaborato dall’Alleanza italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari, patto volontario sottoscritto tra Ministero della Salute, Società scientifiche, Associazioni dei pazienti e altri Enti operanti nel settore per la prevenzione e il contrasto delle patologie cardio e cerebrovascolari.

Il documento ha analizzato gli aspetti principali delle relazioni tra inquinamento dell’aria e malattie cardio-vascolari alla luce delle più recenti acquisizioni sui principali meccanismi che collegano l’inquinamento stesso al danno cardio-vascolare, fornendo al contempo suggerimenti per mitigare il rischio cardio-vascolare e ridurre i correlati eventi patologici nonché informazioni per accrescere la consapevolezza delle cittadine e dei cittadini, delle operatrici e degli operatori sanitari e dei decisori politici sulla tematica. 

Sebbene il nostro Paese non figuri tra quelli con i maggiori livelli di eventi cardiovascolari legati all’inquinamento dell’aria, è necessario affrontare il problema. Infatti, un’indagine del Global Burden of Diseases ha stimato a livello globale circa 9 milioni di morti attribuibili agli effetti della air pollution, di cui circa il 60% riconducibili a cause di morte cardiovascolare (circa 32% cardiopatia ischemica e 28% ictus), anche in considerazione delle stime crescenti di inquinamento riportate soprattutto in alcune aree geografiche e alle modifiche climatiche che possono rappresentare un fattore determinante dell’accumulo di sostanze inquinanti nell’ambiente. In altre parole, l’inquinamento dell’aria va oltre la semplice questione sanitaria ed è un problema complesso che richiede una risposta multifattoriale.  

La comprensione dei suoi impatti socioeconomici è essenziale per sviluppare politiche efficaci di mitigazione e adattamento, promuovere uno sviluppo sostenibile e proteggere la salute e il benessere delle generazioni presenti e future.