Sanità, per la Bocconi la strada maestra è l’alleanza pubblico-privato
Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è un sistema universalistico e solidale, tra i migliori al mondo per alcuni indicatori di salute (per esempio attesa di vita e mortalità infantile) e di spesa, e garantisce servizi essenziali anche alle fasce più deboli della popolazione. Proprio per questo, sedersi sugli allori e pensare che la copertura universale resterà comunque tale nonostante gli attuali trend sfavorevoli (invecchiamento della popolazione, cronicizzazione di alcune malattie e peggioramento dei conti pubblici), può rivelarsi controproducente e alla lunga insostenibile dal punto di vista finanziario.
È questo, in estrema sintesi, il messaggio lanciato dal “Rapporto Oasi 2017”, l’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano realizzato ogni anno da Cergas-Sda Bocconi, che al tempo stesso suggerisce la soluzione per mantenere gli attuali standard: superare la contrapposizione tra pubblico e privato, sia nell’erogazione sia nel finanziamento del sistema, valorizzando così le sinergie e le collaborazioni (per esempio nella revisione del ruolo della spesa privata e intermediata rispetto alla spesa out of pocket) e introducendo modelli assistenziali e organizzativi flessibili in grado di adattarsi all’evoluzione dei bisogni.
La sanità pubblica sui livelli dei competitor europei
Secondo il paper, la spesa sanitaria italiana è sobria: corrisponde al 9% del PIL (contro il 9,9% della Gran Bretagna e l’oltre 11% di Francia e Germania) ma la componente pubblica riesce a coprire ben il 75% della spesa privata totale a fronte di un 23% “out of pocket” (cioè di esborsi pagati di tasca propria dai cittadini) e di solo il 2% di spesa intermediata da assicurazioni e fondi integrativi di assistenza sanitaria come Assidai.
Insomma, i consumi privati hanno un ruolo strutturale ma ciò, secondo gli autori della Bocconi, non è una prova di carenze del sistema pubblico. I dati mostrano infatti come la quota di spesa sanitaria privata dell’Italia sia in linea con quella di altri Paesi a estesa copertura pubblica (siamo al 25% contro il 21% della Francia, il 29% della Spagna e il 24% dell’Austria) e la stessa quota risulti maggiore nelle Regioni dove il sistema pubblico funziona meglio, rimanendo sostanzialmente stabile nonostante i prolungati anni di contenimento della spesa pubblica (intorno al 2% del PIL). Semmai, la vera anomalia è il fatto che, a differenza di quanto si registra in altri Paesi, le forme assicurative volontarie e la sanità integrativa intermediano una parte ancora minoritaria della spesa privata (il 2% contro il 14% della Francia). Una forbice che evidenzia quali siano i margini di crescita del cosiddetto “secondo pilastro”.
Italia record: è la migliore sulle ospedalizzazioni inappropriate
Ma come si posiziona il nostro Servizio Sanitario Nazionale, a livello qualitativo e quantitativo, nel panorama internazionale? Premesso che nel 2016 è stato registrato un avanzo contabile di 329 milioni ed è ormai stato raggiunto l’equilibrio economico finanziario a livello nazionale e nella maggior parte delle Regioni, la ricerca evidenzia come nel nostro Paese la spesa sanitaria totale pro capite registra valori inferiori ai principali Paesi Ue, dove tuttavia in alcuni casi scarseggia la copertura pubblica. La dotazione di posti letto è diminuita in tutti i Paesi mentre in Italia le dimissioni ospedaliere per 100mila abitanti sono calate negli ultimi anni a un valore inferiore alla media europea. Non solo: il nostro Paese registra il valore più basso tra quelli considerati sulle ospedalizzazioni inappropriate e sul consumo di antibiotici, facendo segnare inoltre una significativa riduzione del numero di parti cesarei.
I fondi integrativi come supporto per l’equilibrio del sistema
Il tema vero è il futuro e la tenuta dell’attuale equilibrio. Qualche numero? I pazienti cronici rappresentano il 21% della popolazione e tendono ad assorbire gran parte delle prestazioni ambulatoriali. Gli anziani non autosufficienti sono 2,8 milioni a fronte di soli 270mila posti letto sociosanitari residenziali pubblici o privati accreditati. Il numero medio di figli per donna continua a calare (1,34) e nel 2065 gli anziani saranno il 60% della popolazione attiva.
Tutti trend che chiamano in causa il ruolo complementare della sanità integrativa, come da sempre dichiara Assidai, come supporto per mantenere un Servizio Sanitario Nazionale efficiente, universalistico e solidale.
Lo stato dell’assistenza sanitaria over 65 in Italia
La metafora può sembrare azzardata ma rende bene l’idea: immaginare il pianeta come una persona che sta lentamente invecchiando, ma rischia di non farlo bene. Anzi, secondo l’ultima e più recente indagine dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, i sistemi sanitari dei principali Paesi occidentali non sono ancora attrezzati bene per “curare” le malattie e le patologie tipiche degli “over 65”. Anche in Italia, ovviamente, si pone il tema dell’assistenza sanitaria per questa fascia di età in cui le necessità di cura aumentano inevitabilmente.
Innanzitutto vediamo qualche numero dello scenario prospettato dall’Oms. Entro il 2050 una persona su cinque nel mondo avrà superato i 60 anni; più a breve termine, entro il 2020 ci saranno più anziani che bambini sotto i cinque anni, con la popolazione over 60 che raddoppierà, passando da 900 milioni a quasi 2 miliardi di individui. Due i motivi dietro questo trend: la crescente aspettativa di vita e la contestuale riduzione della fertilità. L’Italia, nel suo piccolo, è il secondo Paese al mondo per longevità dopo il Giappone, medaglia d’oro d’Europa seguita da Germania e Portogallo con una popolazione nazionale fatta per il 21,4% da cittadini over 65 e per il 6,4% da over 80.
L’invecchiamento della popolazione porta con sé la necessità di ridefinire l’assistenza sociale e sanitaria, anche per quanto riguarda la LTC, cioè la copertura Long Term Care per la non autosufficienza. Secondo le stime dell’OMS 349 milioni di persone nel mondo dipendono da cure e di queste il 29% è rappresentato da persone di 60 anni o più. E il loro accesso alle cure, anche nei principali Paesi industrializzati, non è sempre facile. Anzi, una ricerca dell’OMS su 11 Paesi ad alto reddito ha scoperto che il 41% degli over 65 aveva riportato qualche problema di accesso nei due anni precedenti. Inoltre, le persone più in là con gli anni hanno una maggiore probabilità di avere più di una patologia contemporaneamente, mentre i sistemi sanitari sono più concentrati sul trattamento delle singole patologie acute.
Iscrizione ai Piani Sanitari per gli over 65
C’è poi un altro tema da sottolineare e che vale proprio per la fascia di età presa in considerazione dalla ricerca dell’OMS: in Italia poche assicurazioni fanno sottoscrivere individualmente polizze per l’assistenza sanitaria ai cittadini sopra i 65 anni senza chiedere preventivamente il loro stato di salute. Cosa che, invece, è possibile con Assidai attraverso l’iscrizione ai Piani Sanitari per la persona e la famiglia proposti dal Fondo stesso.
A tal proposito è molto utile ragionare su due esempi standard, ma concreti, che ben si sposano con le categorie di persone alle quali si rivolge l’offerta del nostro Fondo. Il primo – che chiameremo caso A – è rappresentato da dirigenti in servizio e in pensione già iscritti al Fasi o a un altro fondo di assistenza analoga per dirigenti; il secondo, invece, – il caso B – riguarda dirigenti, quadri e consulenti in servizio e in pensione che non sono iscritti al Fasi o ad un’altra forma di assistenza analoga.
Analizziamo ora nel dettaglio le due ipotesi: in ciascuna di esse avverrà poi un’ulteriore distinzione in due scenari, che chiameremo 1 e 2.
Caso A (dirigente già iscritto al Fasi o altro fondo)
Scenario 1. Se si hanno 65 anni e si è ancora in servizio i sono ben cinque:
- Piano Sanitario BASE che prevede l’assistenza sanitaria garantita in caso di ricoveri di alta specializzazione, con un’assistenza minimale e basilare per quanto riguarda alcune prestazioni sanitarie.
- Piano Sanitario RICOVERI che garantisce l’assistenza sanitaria in caso di ricoveri, come indica il nome stesso del Piano Sanitario, con o senza intervento chirurgico.
- Piano Sanitario ARCOBALENO che evidenzia che l’assistenza sanitaria sia garantita in caso di ricoveri con o senza intervento chirurgico con un’assistenza completa per quanto concerne le prestazioni sanitarie, ambulatoriali.
- Piano Sanitario EXTRA (valido solo fino ai 70 anni) che consente l’assistenza sanitaria in caso di ricoveri con o senza intervento chirurgico, con un’assistenza completa per quanto concerne le prestazioni sanitarie, ambulatoriali e in aggiunta vi sono le cure odontoiatriche.
- Piano sanitario DIRETTA che consente l’assistenza sanitaria nel caso di ricoveri con o senza intervento chirurgico e di prestazioni sanitarie ed ambulatoriali purché vengano effettuate presso strutture sanitarie e medici convenzionati.
Scenario 2. Se si hanno 65 anni e si è in pensione si può aderire solo al Piano Sanitario SENIOR che prevede l’assistenza sanitaria per tutti i ricoveri, e per le prestazioni extra-ospedaliere.
Caso B (dirigenti, Quadri e Consulenti in servizio e in pensione non iscritti al Fasi o altri fondi)
Scenario 1. Se si hanno 65 anni e si è ancora in servizio i Piani Sanitari a cui si può aderire sono i seguenti:
- Piano Sanitario BASE
- Piano Sanitario RICOVERI
- Piano Sanitario ARCOBALENO
Scenario 2. Se si hanno 65 e si è in pensione è solo uno il Piano Sanitario a cui si può aderire: Piano Sanitario SENIOR
Cosa include la Long Term Care
Infine, ma non meno importante, il tema della LTC, su cui Assidai ha sempre agito in prima fila e che per gli over 65 anni non va certo sottovalutato. Per questa fascia di età, il nostro Fondo garantisce – senza alcun contributo aggiuntivo rispetto a quanto sostenuto per il Piano Sanitario che si è scelto – la copertura per la non autosufficienza – appunto la Long Term Care – che evidenzia come sia tutelato non solo il capo nucleo ma anche il coniuge o convivente more uxorio. Nel dettaglio viene messa a disposizione un’assistenza professionale domiciliare fino alla concorrenza di 1.000 euro per ogni mese di assistenza fino ad un massimo di 270 giorni (9 mesi). Inoltre, vengono garantite altre prestazioni quali:
- assistenza fisioterapica a domicilio (nel caso di fratture del femore, delle vertebre o del bacino);
- assistenza a domicilio tramite operatore socio-sanitario (in caso di fratture del femore, delle vertebre, del bacino o del cranio)
- spesa a domicilio (in caso di fratture del femore, delle vertebre, del bacino o del cranio)
- consegna farmaci presso l’abitazione (in caso di fratture del femore, delle vertebre, del bacino o del cranio)
- custodia animali: cani e gatti (in caso di fratture del femore, delle vertebre, del bacino o del cranio).
LEA – Livelli Essenziali di Assistenza, caposaldo del Servizio Sanitario Nazionale
Se mi opero per un’appendicite urgente devo pagare? I vaccini sono gratuiti? E le cure ospedaliere per le malattie croniche? Tutte queste domande hanno una sola risposta, di tre lettere, ovvero LEA. Un acronimo che indica i Livelli Essenziali di Assistenza, cioè le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) deve fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (il noto ticket), utilizzando le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale. I LEA vengono considerati un caposaldo del nostro Servizio Sanitario Nazionale e lo rendono, in Europa, tra quelli più “assistenziali” nei confronti dei cittadini. Un pregio ma, in ottica futura, anche un innegabile punto di debolezza vista la dinamica di invecchiamento della popolazione: per questo, secondo gli esperti, per il Servizio Sanitario Nazionale sarà possibile mantenere gli attuali standard solo se verrà sostenuto da una “stampella” privata di carattere integrativo.
Il perimetro nel dettaglio: dai servizi sul territorio agli ospedali
I LEA, in ogni caso, all’interno del loro perimetro, garantiscono che chiunque, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza, debba essere curato, al massimo con l’aggiunta di un ticket. Del resto, la loro base normativa è rappresentata innanzitutto dall’articolo 32 della Costituzione:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”
E in secondo luogo dalla legge di istituzione del SSN, promulgata nel 1978, che per la prima volta introdusse il concetto di prestazioni sanitarie che devono essere garantite a tutti i cittadini.
I LEA si suddividono in tre grandi aree e descriverle dà un’idea più precisa di che cosa comprenda, nel nostro Paese, l’ampio insieme dei Livelli Essenziali di Assistenza:
- la prima è rappresentata dall’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, che comprende tutte le attività di prevenzione rivolte alle collettività e ai singoli (tra gli altri la tutela dagli effetti dell’inquinamento, profilassi delle malattie infettive, vaccinazioni e programmi di diagnosi precoce).
- La seconda area è l’assistenza distrettuale, cioè le attività e i servizi sanitari diffusi sul territorio. Qualche esempio? Medicina di base, assistenza farmaceutica, specialistica, diagnostica ambulatoriale, servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi, residenze per anziani e comunità terapeutiche.
- La terza è l’assistenza ospedaliera: in pronto soccorso, in ricovero ordinario e in day hospital, e le strutture per la lungodegenza e la riabilitazione.
I LEA 2017: tutte le novità
Per chiudere un ultimo passaggio, non meno importante. Il 12 gennaio 2017, un nuovo decreto ha sostituito interamente il precedente (datato 29 novembre 2001) sulla “definizione dei LEA”: in sostanza dopo 16 anni – sotto la spinta del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – è stato ridefinito il perimetro dei Livelli Essenziali di Assistenza. Un passaggio molto atteso, se non altro per stare al passo con l’evoluzione delle tecnologie, delle patologie e dei relativi bisogni di cura della popolazione, che è stato accompagnato da altri due provvedimenti rilevanti: lo stanziamento di 800 milioni e l’istituzione di una Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA, con il compito di monitorarne costantemente il contenuto.
Ma quali sono le principali novità dell’ultimo aggiornamento? Vediamole nel modo più schematico possibile:
- Nuovo nomenclatore della specialistica ambulatoriale, che introduce prestazioni tecnologicamente avanzate, tra cui le prestazioni di procreazione medicalmente assistita e la consulenza genetica, eliminando quelle obsolete.
- Nuovo nomenclatore dell’assistenza protesica che permette finalmente di prescrivere ausili informatici e di comunicazione (per esempio tastiere adattate per persone con gravissime disabilità), apparecchi acustici a tecnologia digitale, posaterie, mezzi di comunicazione e suppellettili adattati per le disabilità motorie, arti artificiali a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo.
- Vaccini: sono stati inclusi quelli già previsti dal Calendario nazionale 2012-2014 e introdotti quelli nuovi, relativi al nuovo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019, tra cui meningococco B, rotavirus e varicella nei nuovi nati con estensione dell’anti-Papillomavirus agli 11enni (prima era solo per le femmine). Sui nuovi vaccini per quanto riguarda l’eventuale pagamento il discorso è più complesso e dipende dalla Regione di appartenenza.
- Malattie rare: è stato ampliato l’elenco, inserendo più di 110 nuove entità, tra cui sarcoidosi, sclerosi sistemica progressiva e fibrosi polmonare idiopatica.
- Malattie croniche: vengono inserite nuove patologie tra cui la osteomielite cronica, le patologie renali croniche, la broncopneumopatia cronico ostruttiva e soprattutto l’endometriosi, di cui in Italia si stimano 3 milioni di casi e per la quale si prevedono 300mila esenzioni circa.
- Screening neonatale: viene introdotto per sordità e cataratta congenita ed esteso a tutti i nuovi nati per le malattie metaboliche ereditarie.
- Celiachia: da malattia rara diventa cronica, restano comunque in esenzione tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale.
- Gravidanza: viene aggiornata la lista delle prestazioni gratuite offerte dal SSN, tra cui la diagnosi prenatale con test combinato, i corsi di accompagnamento alla nascita ed eventuali visite specialistiche di genetica medica in caso di aborti ripetuti.
Spesa sanitaria in Italia: il confronto con l’Europa
Evoluzione della spesa sanitaria in Italia
In Italia il rapporto tra spesa sanitaria pubblica e Prodotto interno lordo (Pil) nel 2010 era del 7% e in Europa dell’8%, nel 2016 il dato relativo al nostro Paese era sceso al 6,5% mentre quello sull’intero Vecchio Continente era lievitato all’8,3%. Opposto il trend sulla spesa sanitaria privata che in rapporto al Pil, in Italia, dall’1,9% del 2010 è arrivata sei anni dopo al 2,4% mentre in Europa è rimasta sostanzialmente stabile al 2,1%. La differenza tra l’Italia e i principali Paesi del Vecchio Continente in termini di spesa sanitaria è tutta in questi numeri e in un’altra dinamica piuttosto eloquente: negli ultimi 10 anni la capacità assistenziale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si è ridotta dal 92% al 77%. In parole povere, nel nostro Paese – diversamente dagli altri partner europei, che hanno già reimpostato il proprio sistema sanitario in una logica “multipilastro” (cioè che prevede un ruolo significativo di assicurazioni e fondi integrativi come Assidai) – negli ultimi anni si è registrato un progressivo e inesorabile arretramento del finanziamento pubblico alla sanità. Cosa che costretto i cittadini ad attingere al proprio portafoglio per accedere alle cure o addirittura li ha indotto a rinunciare alle cure stesse.
Nel 2016 la cosiddetta spesa “out of pocket” degli italiani (cioè le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria) ha raggiunto 35,2 miliardi: un aumento del 4,2% rispetto al 2013 e il 50% in più rispetto a inizio Millennio. E quest’anno, secondo le ultime stime, si potrebbe raggiungere quota 37 miliardi di euro. Ormai più di un italiano su quattro non sa come affrontare le spese necessarie per curarsi e tra 10 anni la situazione sarà di totale emergenza visto che, a patto di non volere assistere al crac del SSN, si prevede una spesa sanitaria pro capite a quota 1000 euro l’anno dai circa 580 euro di oggi.
Spesa sanitaria in Italia e nell’OCSE
Inutile dire, se allarghiamo il nostro raggio di analisi all’estero, che l’Italia è tra i Paesi OCSE (l’organizzazione a cui appartengono i primi 35 Stati industrializzati del mondo) con un’incidenza più elevata della spesa sanitaria “out of pocket”. In Europa fanno peggio di noi soltanto Grecia e Portogallo ma soprattutto il dato tricolore è tre volte superiore a quello della Francia, due volte rispetto alla Gran Bretagna e una volta e mezza se paragonato con la Germania. Nel mondo, giusto per dare un’idea, siamo sul livello di Cile e Messico. Una situazione determinata anche e soprattutto da un altro fenomeno: la scarsa diffusione in Italia di coperture sanitarie integrative, che ad oggi coprono soltanto il 3,3% della spesa sanitaria totale e il 14% di quella a cui non fa fronte il settore pubblico (quest’ultimo dato nei principali Paesi europei supera anche il 70-80%).
Il tema vero, per quanto riguarda l’Italia, è anche l’assenza di un progetto di sistema relativo al cosiddetto “secondo pilastro” a supporto del Servizio Sanitario Nazionale. Assidai, per esempio, considera fondamentale costruire a livello nazionale un sistema sanitario integrato pubblico e privato che veda il giusto bilanciamento tra la qualità dei servizi offerti e la sostenibilità economica.
Il risultato dell’assenza di strutturazione di questo progetto? Un quadro assistenziale frammentato in cui l’11% degli italiani è beneficiario di sanità complementare (contro il 22,9% della Germania, l’82% del Belgio e il 95,5% della Francia) e il 3,9% di forme sanitarie integrative (qui i Paesi Bassi hanno addirittura l’84% e il Canada il 67%). Complessivamente l’Italia arriverebbe anche a un discreto grado di copertura integrativa, pari al 19%, ma l’elevata dispersione dell’offerta privata e lo scarso coordinamento con il Servizio Sanitario Nazionale determinano una situazione che sarà difficilmente sostenibile nei prossimi anni se non ci sarà un brusco cambio di rotta a tutti i livelli.
Cyber security, così Assidai protegge i propri iscritti
Un solido impianto di sicurezza a protezione dei sistemi informativi e un rigoroso rispetto della privacy degli iscritti.
Negli ultimi tempi la cyber security sta diventando un tema sempre più rilevante per aziende e istituzioni e Assidai può dire di avere creato attorno a sé e ai propri iscritti un’importante cintura di sicurezza.
Protezione della rete informatica
Partiamo dalla protezione della rete informatica: quella di Assidai viaggia su un circuito MPLS (utilizzato, tra gli altri, anche da Federmanager e Fasi) sul quale non c’è alcuna possibilità di intrusione da parte di terze persone. Tutti i servizi del Fondo, è bene precisare, non sono esposti a Internet. Quello che esce da questo circuito è la navigazione internet dei dipendenti, protetta dal Firewall Fortinet. Per questo scopo si poteva scegliere un software Open Source (che sarebbe stato comunque conforme alla normativa) ma si è preferito un firewall hardware. Una soluzione che Selda, società consortile per la realizzazione dei sistemi informatici gestita pariteticamente da Confindustria e Federmanager, ha reso proprietaria: molto costosa, ma allo stesso tempo robusta, visto che riesce a verificare ogni singola navigazione garantendo un’elevata protezione dovuta al fatto che la maggior parte delle categorie di siti considerati “dannosi” vengono filtrati e bloccati. Il Fondo ha deciso anche di installare uno dei migliori Certificati SSL, come risposta alla crescita delle frodi via Internet e, più in generale, per creare relazioni più forti con il mercato.
Oltre a ciò è stato messo a punto un antivirus centralizzato, McAfee, che monitora il traffico, riesce a intercettare ogni singola minaccia in tempo reale e, una volta messa in quarantena, invia un report all’Amministratore di Sistema.
Gestione della privacy degli assistiti
L’altro tema cruciale è quello della protezione della privacy, su cui Assidai è pienamente conforme ai requisiti normativi richiesti dal Codice della Privacy, anche se a breve inizierà il percorso di adeguamento alle nuove normative europee, che entreranno in vigore a fine maggio del prossimo anno.
Chiaramente i dati degli iscritti rappresentato un tema particolarmente delicato e sensibile perché riguardano la loro salute. Per questo il Codice richiede cautele in più: non basta, infatti, il backup di tutti i dati, ma serve anche una procedura d’emergenza – sulla quale va effettuato un test almeno una volta l’anno – che garantisca, in caso di eventi di gravità rilevante, il ripristino dei dati stessi entro sette giorni. Assidai ha adottato una soluzione che consente di ripristinare i dati, in condizioni standard, in soli due o tre giorni.
Inoltre, il Fondo ottempera alle regole richieste per la cifratura dei dati, sulla quale avviene una volta l’anno una verifica generale sulla corretta adozione di queste misure di sicurezza. Infine c’è il tema della profilazione degli amministratori di sistema, che accedono ai dati sensibili per mere finalità di carattere tecnico. Per questo, ogni anno, vengono estratti tutti gli accessi effettuati dagli amministratori stessi nei sei mesi precedenti per verificare eventuali attività anomale.
Questi sono gli importanti tasselli di protezione che caratterizzano il mosaico della cyber security di Assidai, un fronte sul quale il Fondo si è sempre impegnato – anche attraverso investimenti importanti – e continuerà a farlo per stare al passo con l’evoluzione dei tempi e della tecnologia.
Fondi sanitari contrattuali: definizioni e caratteristiche
Nel sistema sanitario italiano coesistono diversi modelli di finanziamento. Oltre a quello pubblico, cioè il Servizio Sanitario Nazionale supportato dal gettito fiscale, esiste la possibilità che i cittadini paghino di tasca propria per le prestazioni extra (è la cosiddetta spesa out of pocket). In alternativa c’è il ricorso sempre più diffuso a un intermediario, che può essere un’assicurazione, nel caso delle polizze sanitarie, o un fondo sanitario integrativo, che a sua volta può assumere diverse forme.
Tipologie di fondi sanitari integrativi
Nel dettaglio, un fondo sanitario integrativo viene definito negoziale o contrattuale quando nasce appunto dalla contrattazione collettiva (nazionale o territoriale) o aziendale. Cerchiamo di capire meglio questo concetto partendo da una premessa che riguarda Assidai e Fasi. Il primo è un Fondo di assistenza sanitaria integrativa di natura non contrattuale che nasce molti anni fa (1990) per integrare principalmente le prestazioni sanitarie del Fasi, uno dei fondi negoziali più grandi d’Europa. Successivamente, Assidai ha esteso la propria operatività integrando anche altri fondi contrattuali, oltre al Fasi, e si è posizionato sul mercato per offrire anche Piani Sanitari Sostitutivi per coloro che non hanno l’assistenza sanitaria con un fondo primario.
Il Fasi, invece, è un fondo dedicato ai dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi: un’associazione di secondo grado, senza scopo di lucro, che opera in base agli accordi contrattuali fra Confindustria e Federmanager. Oggi è l’ente di riferimento nell’ambito dell’assistenza sanitaria integrativa, per tutti i dirigenti fin dalla loro nomina in ambito aziendale. Il Fasi, così come altri fondi sanitari negoziali (più avanti vedremo un elenco più dettagliato) appartiene alla categoria dei fondi contrattuali che di regola sono fiscalmente agevolati e vengono finanziati sia dai datori di lavoro sia, in alcuni casi, dai dipendenti stessi. Il loro obiettivo è integrare quanto già offerto, in termini di prestazioni sanitarie, dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Come detto, i fondi contrattuali – come indica la natura stessa del nome – derivano dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale. La chiave è il famoso CCNL, cioè il contratto collettivo nazionale di lavoro che nasce appunto da un confronto tra i sindacati (che rappresentano i lavoratori) e le associazioni datoriali di categoria (che rappresentano i datori di lavoro). Il CCNL regola, a livello nazionale, i rapporti di lavoro di un determinato settore, ne definisce i principali aspetti economici, organizzativi e normativi. Tra questi viene indicato, per esempio, il Fondo pensione complementare a cui i lavoratori di quella categoria possono iscriversi. Lo stesso CCNL – questo è l’aspetto che più ci interessa in questo caso – fornisce anche precise indicazioni sulle forme di sanità integrativa previste per i lavoratori.
Fondi sanitari integrativi nei CCNL
I fondi sanitari integrativi, del resto, sono sempre più diffusi e presenti nei principali contratti di categoria. Qualche esempio? Il Faschim, fondo di assistenza sanitaria integrativa del CCNL dell’industria chimica e similari; il Fasdac “Mario Besusso” che riguarda invece i dirigenti delle aziende commerciali, di trasporto e spedizione, dei magazzini generali, degli alberghi e delle agenzie marittime; il San.Arti, fondo per i lavoratori dell’artigianato; il Fondo Est, attinente ai dipendenti a cui vengono applicati i contratti nazionali di lavoro del terziario; per chiudere con il Quas, Cassa Assistenza Sanitaria Quadri per i dipendenti con qualifica di “Quadro” e con contratti nazionali del Terziario e del Turismo e Casagit (giornalisti). Ci sono poi diversi fondi legati a singole aziende come il Fisde, il fondo integrativo sanitario per i dipendenti del gruppo Enel, che tuttavia è aperto anche alle società il cui personale sia regolato in prevalenza dal CCNL per i lavoratori del settore elettrico.
Ciascun fondo contrattuale si distingue puoi per le proprie caratteristiche. C’è da valutare, per esempio, quanto e se viene richiesto un contributo per portare “sotto l’ombrello” del fondo anche i familiari fiscalmente a carico o conviventi. Oppure va specificato il trattamento per determinate categorie di lavoratori, per esempio per quelli part time o a tempo determinato. E poi c’è un nodo fondamentale: il perimetro delle prestazioni non coperte dal SSN che vengono invece pagate dal fondo. Per esempio visite extra-ospedaliere di alta specializzazione, il rimborso dei ticket sanitari per accertamenti diagnostici, piuttosto che le spese per le cure fisioterapiche riabilitative, per visite odontoiatriche, per i trattamenti di igiene orale, per le cure conservative e per le protesi dentarie.
Certificazione ISO 9001 anche per i fondi sanitari
Sistemi di certificazione
ISO 9001, ISO 14001, ISO 22000. Sono soltanto alcuni esempi delle sigle, a volte di difficile comprensione, in cui ci imbattiamo quando si parla di sistemi di gestione delle aziende. Proviamo a “decriptarle” partendo dal termine ISO che sta per International Organization for Standardization, ovvero un’organizzazione fondata nel 1947 e che ha sede a Ginevra, in Svizzera. I suoi membri sono gli organismi nazionali di standardizzazione di 162 Paesi del mondo e il suo principale obiettivo è quello di armonizzare le norme emanate dagli Enti dei diversi Paesi del mondo. Tra queste ci sono quelle relative ai sistemi di gestione delle aziende che, se certificati, assicurano che un’organizzazione, pubblica o privata, di qualsiasi settore, svolga la propria attività in modo conforme agli standard vigenti.
C’è poi un possibile passaggio ulteriore, quello dell’accreditamento, che verifica la conformità di un organismo di certificazione a precisi requisiti. Il valore aggiunto fornito dalla certificazione accreditata è infatti la garanzia, offerta da un ente terzo, che il giudizio espresso dall’organismo stesso derivi da una profonda analisi delle attività aziendali.
Tante sigle per tante certificazioni
Nello specifico, le certificazioni di gestione possono essere relative a diversi settori e, in base a questo, hanno diverse sigle. Qualche esempio? Gli standard internazionali ISO 9001 sono inerenti alla qualità, gli ISO 14001 all’ambiente, gli ISO 22000 alla sicurezza alimentare, gli ISO 27001 alla sicurezza delle informazioni. Insomma, gli ambiti di gestione in cui si può ottenere una certificazione sono i più svariati: vanno dalle questioni ambientali e della sostenibilità all’energia, dalla salute sui luoghi di lavoro alla sicurezza delle informazioni e dei servizi informatici, per arrivare – come detto – all’alimentare e alla qualità di gestione.
Al tempo stesso che cosa significa, per un’impresa, ottenere una certificazione di questo tipo? Innanzitutto così facendo migliora il proprio sistema di gestione, rendendolo più efficace ed efficiente e azionando un volano per l’innovazione nell’ambito dei processi e dell’organizzazione aziendale. Senza dimenticare l’effetto che tutto ciò può avere sull’immagine percepita all’esterno: l’azienda acquisisce infatti autorevolezza, credibilità e affidabilità agli occhi dei propri interlocutori, dotandosi di uno strumento per distinguersi dai competitor e per accedere in via privilegiata alle opportunità di sviluppo sul mercato.
Certificazione di qualità ISO 9001:2015 per Assidai
Vediamo adesso nello specifico l’ISO 9001, adottato da Assidai nella sua versione più aggiornata, cioè la ISO 9001:2015. La nostra organizzazione, nel 2011, si era dotata della certificazione UNI ISO 9001:2008. Col tempo, tuttavia, la ISO 9001 è molto cambiata e l’edizione 2015 dello standard, che in sostanza rappresenta la “versione” più recente di questa certificazione, è nata proprio dall’esigenza di riflettere i cambiamenti avvenuti nelle pratiche e tecnologie per il Quality Management negli ultimi anni: si adatta completamente a qualsiasi organizzazione per requisiti, bilancio e struttura. Così anche il Fondo ha tenuto il passo con l’evoluzione delle certificazioni e ha conformato la propria attività non soltanto alle normative cogenti di riferimento ma anche all’aggiornamento richiesto della UNI EN ISO 9001:2015.
La ISO 9001 si rivolge a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, di qualsiasi settore e dimensione, manifatturiera o di servizi e ormai rappresenta lo standard di riferimento internazionalmente riconosciuto per la gestione della qualità di qualsiasi organizzazione che intenda rispondere a esigenze ormai imprescindibili: aumentare l’efficienza dei processi interni per raggiungere i propri target e tenere il passo della crescente competitività nei mercati attraverso il miglioramento della soddisfazione e della fidelizzazione dei clienti. In questo senso, l’obiettivo principale dell’ISO 9001 è proprio il perseguimento della soddisfazione del proprio cliente, oltre al miglioramento continuo delle prestazioni aziendali, permettendo all’azienda certificata di assicurare il mantenimento e il miglioramento nel tempo della qualità dei propri beni e servizi.
La certificazione ISO 9001 viene spesso richiesta per la partecipazione ai bandi pubblici e fornisce infine un modello organizzativo di base che può essere completato con requisiti specifici peculiari di alcuni ambiti, descritti in norme di settore, ed è facilmente integrabile con altri sistemi di gestione.
C’è un ultimo elemento da non dimenticare e da non sottovalutare. Nel suo percorso di certificazione con la ISO 9001:2015, Assidai è stata seguita e ha ricevuto il “bollino” degli esperti di DNV-GL. Quest’ultimo, a sua volta, è un ente ufficialmente accreditato (da parte di Accredia) per la certificazione in oggetto.
Sistemi sanitari europei ed extra-europei a confronto
Domanda apparentemente banale, ma alla quale in pochi saprebbero rispondere: che cosa succede se vi rompete un braccio in Germania, negli Stati Uniti o a Singapore? Quanto vi costa essere curati in ospedale? Al di là dei luoghi comuni più diffusi – per esempio che negli USA, al pronto soccorso, viene chiesta prima di ogni altra cosa la carta di credito – ogni Paese ha le sue specificità con un elemento, comunque, ricorrente: in molti Stati l’assicurazione sanitaria (pubblica o privata che sia) è ormai obbligatoria, in Giappone addirittura anche per i disoccupati.
A questo proposito, Business Insider International ha realizzato un’interessante inchiesta internazionale in cui, per nove Paesi “rappresentativi” di tutto il mondo, cioè Italia, Germania, Francia, Stati Uniti, Nigeria, Singapore, Svezia, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Giappone, ha risposto al quesito che ci siamo posti all’inizio, ovviamente mettendosi nei panni di un cittadino autoctono. Va anche precisato che, nell’inchiesta stessa, si parla soltanto di assicurazioni sanitarie senza citare i fondi sanitari integrativi come Assidai, che sono una peculiarità del nostro Paese e, in talune fattispecie, offrono una copertura simile.
Svezia, Gran Bretagna e Italia: vince il welfare di Stato
Partiamo dalla Svezia, dove trionfa il welfare di Stato: l’assistenza sanitaria di emergenza è finanziata dal Governo e il paziente deve pagare tra i 35 e 45 dollari per la visita all’ospedale, se è assicurato gli verrà rimborsata anche questa somma. Circa 650mila svedesi su 10 milioni hanno un’assicurazione sanitaria privata, ma si tratta di un numero, secondo gli esperti, destinato a salire. La Svezia è un caso ormai molto raro, assieme alla Gran Bretagna e all’Italia. Anche a Londra le cure mediche per un braccio rotto non avrebbero nessun costo, perché la sanità è finanziata dai contribuenti attraverso un’apposita tassa, anche se le aziende possono ovviamente offrire un’assicurazione privata. Nel nostro Paese, come noto, non serve una polizza per essere curati in un ospedale pubblico, a seconda del problema e delle necessità c’è il pagamento di un eventuale ticket, anche se a volte si propende per il privato, perché garantisce tempi di cura e costi, per alcune prestazioni specifiche, addirittura inferiori del ticket pubblico.
Dove l’assicurazione sanitaria è obbligatoria
Passiamo ora invece a quegli Stati, che rappresentano la maggioranza, in cui l’assicurazione è obbligatoria. In Germania, per esempio, dove la polizza (di importo proporzionale al reddito) viene pagata metà dal datore di lavoro e metà dal dipendente (gli viene sottratta dal salario): con essa un braccio rotto non “costa” nulla. Stessa musica nei Paesi Bassi, dove la polizza assicurativa di base è obbligatoria (con una franchigia annua complessiva di 350 euro) e costa in media 109 euro al mese. Si tratta di un’assicurazione privata, ma è lo Stato a decidere cosa copre e, nel caso, a compensare alcune compagnie, che hanno in portafoglio molti clienti ad alto rischio. In buona sostanza, i Paesi Bassi rappresentano uno Stato in cui il tandem pubblico-privato sembra lavorare con efficacia per garantire una copertura sanitaria all’altezza a tutti i cittadini.
Spostiamoci ora nel Sud-Est Asiatico. A Singapore c’è un’assicurazione gestita dallo Stato che provvede alla copertura delle cure ricevute negli ospedali pubblici e che può essere integrata con polizze private. Senza di essa, la sola visita di pronto soccorso per un braccio rotto (inclusi test e radiografie) costerebbe 85 euro circa. In Giappone, invece l’assicurazione pubblica è obbligatoria, anche per i disoccupati (per chi lavora molto spesso è un benefit erogato dai datori di lavoro, compreso nel più ampio universo del welfare aziendale). Per quanto riguarda invece l’intervento in pronto soccorso per un braccio rotto, i pazienti di solito pagano tra il 10% e il 30% del costo mentre il resto (su un totale di circa 600 euro) è coperto appunto dallo Stato. In Africa, in particolare in Nigeria, l’assicurazione privata (spesso stipulata dal datore di lavoro) è praticamente obbligatoria, se si pensa che un braccio fratturato, negli ospedali pubblici, può costare oltre 650 dollari esclusi i costi aggiuntivi.
Infine gli Stati Uniti, dove l’assicurazione è imprescindibile visti i costi altissimi della sanità. Nella zona di San Francisco rompersi un braccio e avere un’assicurazione con una franchigia elevata può costare anche 1200 dollari; in assenza di polizza il costo stesso sale alle stelle. La maggioranza degli americani ha un’assicurazione pubblica (i famosi piani Medicare e Medicaid finanziati dal Governo) o privata, che invece per molti cittadini è fornita dal datore di lavoro. Secondo le ultime ricerche, in particolare una realizzata dal centro di sondaggi Gallup, oltre l’11% degli americani non ha nessuna assicurazione sanitaria e per questo devono affrontare costi devastanti per affrontare un’emergenza medica.
Assistenza sanitaria per i conviventi more uxorio
La tutela dei conviventi, in Italia, è sempre stato un tema piuttosto dibattuto. Non soltanto a livello sanitario, ma per quanto riguarda principalmente tutti gli aspetti, economici e non, riguardanti due persone che hanno deciso di condividere un’avventura di vita senza sposarsi.
La famiglia non è infatti fondata solo sul matrimonio, ma su una comunione di vita a 360 gradi: per questo anche i conviventi (le cosiddette “coppie di fatto”) godono di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate. Questo allargamento di tutela è il risultato di una interpretazione dei giudici che ha portato a un progressivo avvicinamento delle due figure: quelle delle coppie unite da matrimonio e quelle, invece, senza tale vincolo, cioè i cosiddetti conviventi more uxorio. Insomma, oggi i conviventi possono dire di aver raggiunto dei notevoli traguardi rispetto al passato. Questo percorso è culminato nella legge numero 76/2016, più nota come Legge Cirinnà, che oltre a creare l’istituto delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, ha disciplinato le convivenze di fatto e introdotto il contratto di convivenza.
La tutela dell’intero nucleo familiare
Dopo questo breve excursus storico, va ricordato che Assidai, sulla tutela dei conviventi, ha sempre avuto – ben prima di molti altri fondi o assicurazioni – una posizione ben precisa: la tutela dell’intero nucleo familiare. Che cosa significa? Semplice: i manager, i quadri e i professionisti che scelgono di aderire ad Assidai automaticamente scelgono di tutelare non solo se stessi ma l’intero nucleo familiare e, non solo il coniuge, ma anche il convivente more uxorio, qualora non siano sposati, e i figli fino a 26 anni. Il Fasi, per esempio, ha introdotto l’assistenza sanitaria a copertura del convivente more uxorio dell’iscritto nel giugno 2016, sottolineando come il raggiungimento di questo obiettivo fosse previsto dalle Parti Sociali in occasione del rinnovo del CCNL per i dirigenti industriali del 30 dicembre 2014.
Tutela sanitaria della famiglia senza contribuzione aggiuntiva
Ma c’è un altro elemento che differenzia Assidai da altri fondi sanitari integrativi o da alcune assicurazioni: è richiesto un contributo unico per l’intero nucleo familiare. Un elemento di fondamentale rilevanza, che si aggiunge al vantaggio di poter iscrivere ad Assidai tutta la propria famiglia. In altri fondi (o assicurazioni) è diverso: ove previsto dal piano scelto, è infatti possibile iscrivere al fondo stesso, su richiesta e con una contribuzione aggiuntiva, anche i componenti del nucleo familiare di ciascun aderente, ovvero sia coniuge, convivente more uxorio (coppie di fatto) e i figli fiscalmente a carico, secondo le vigenti disposizioni di legge, di uno dei due coniugi/conviventi.
La copertura sanitaria per i figli
In altri casi, ma con spese più elevate, i sottoscrittori di una polizza sanitaria in un’assicurazione possono optare per un contratto familiare che offre una protezione idonea al coniuge e ai figli. Purtroppo le spese medico-sanitarie per i bambini possono essere molto costose (per esempio con gli apparecchi dentali): la polizza sanitaria famiglia si pone l’obiettivo di coprire queste spese e, nel contempo, di beneficiare di un risparmio sui premi di polizza che, nel pacchetto famiglia, sono inferiori rispetto ai premi stipulati individualmente per ogni soggetto.
Anche Assidai sul tema della copertura dei figli è in prima linea. Qualora i manager, i quadri e i professionisti che si iscrivono abbiano figli con età superiore ai 26 anni possono comunque garantire loro l’assistenza sanitaria integrativa attraverso il Piano Sanitario Familiari. Un aspetto da sottolineare ulteriormente in un contesto di welfare sociale dove le giovani generazioni si inseriscono più tardi rispetto al passato nel mondo lavorativo e, quindi, possono beneficiare di benefit, quali l’assistenza sanitaria integrativa, con ritardo rispetto ai loro genitori.
Grazie all’adesione al Piano Sanitario Familiari è possibile estendere l’assistenza sanitaria ai figli over 26 anni e fino a 55 anni e addirittura garantire l’assistenza sanitaria integrativa a tutto il loro nucleo familiare, sempre con lo stesso Piano Sanitario.