Sonia
Partecipo con piacere alla vostra iniziativa allegando una foto scattata a dicembre 2015 durante un mio viaggio in Oman. Durante la visita al mercato di Salalah ho cercato di fotografare alcune donne, ma sembrava impossibile! Ad un certo punto ho visto la signora in foto che vendeva incenso. Le ho chiesto se fosse disponibile per una foto: indossava abiti dai colori stupendi e aveva uno sguardo intenso! Accettò ma in cambio mi chiese di sedermi al suo fianco e di abbracciarla! Una richiesta che mi riempì di gioia! Stava mangiando ed aveva tutte le mani unte, ma di fronte al quel gesto non mi preoccupai di nulla.
Sonia Proietti
Patrizia
Ecco una bellissima foto del mio meraviglioso Papà con me. Mio padre è un iscritto ad Assidai dal 1° Gennaio 1991. Purtroppo dalla fine del 2014 è ricoverato in stato di lunga degenza presso una Casa di Riposo ma gode della vostra integrazione per la retta giornaliera in una struttura adeguata e questo per me e la mia famiglia è un sollievo. Grazie dell’opportunità che ci avete dato con questa iniziativa.
Trubiani Patrizia
Giorgio
Quando mi è arrivata la richiesta di Assidai di aderire all’iniziativa “Ogni abbraccio è una storia da raccontare” ero con mio nipote e in quel frangente mi sono tornate in mente alcune scene della mia infanzia trascorsa a San Giovanni Rotondo, dove ho avuto l’onore di incontrare e conoscere Padre Pio.
Vi invio la foto di un mio caloroso abbraccio ad Alessio a cui auguro come nonno ogni bene nella sua vita!
Giorgio Antonaci
Fabio
Nel Tango l’abbraccio, che è al centro del ballo, avvicina l’uomo e la donna in maniera pacifica.
Ballare il tango, infatti, aiuta ad esprimere sentimenti di empatia, affetto, amore e malinconia
Nell’abbraccio si fonde un misto di complicità, equilibrio, gioco di ruolo in cui tutti e due partecipano, l’uomo e la donna.
E la vita famigliare, lavorativa e sociale non si differenzia da quanto avviene in milonga: abbracciandosi ci si ascolta, ci si capisce e ci si guida reciprocamente viaggiando costantemente sul sottile equilibrio del rispetto a dell’attenzione reciproca.
Fabio Bertolino
Carmine
Questo scatto risale al 1954 e ritrae un papà col suo bambino nel cortile di un collegio, nel centro di Como. Carmine in questa foto aveva 5 anni ed era ospite dell’istituto da oltre un anno, da quando i genitori si erano separati e la soluzione ideale che fu individuata per il bambino fu quella di portarlo in collegio ad oltre 800 km dalla natia Napoli, lontano da qualsiasi affetto e da qualsiasi riferimento.
Il padre di Carmine, che risiedeva a Milano e che una domenica sì ed una domenica no lo andava a trovare, passando con lui due, tre ore nel pomeriggio, era per il piccolo l’unico momento di affetto, di carezze, di abbracci. Tutti i giorni Carmine aspettava il momento dell’arrivo del papà, quante ore di umana solitudine, di immenso vuoto senza capire il “perché”.
La fotografia riprendere proprio la felicità del piccolo nel momento dell’arrivo del papà: gioia immensa, gioia pura, gioia innocente.
Carmine Cammisa
Antonio
Aiutatemi a rimanere in forma perché voglio abbracciare mio nipote fino a quando potrò. Volete sapere la verità? Io sono al secondo matrimonio e questo bimbo non è mio nipote, ma si è affezionato a me e io a lui più di quanto io stesso possa capire. Ho sempre detto a mio figlio, al mio vero figlio, di non chiedere a me spiegazioni sulla vita, perché non ci ho capito nulla. E devo dire, da quello che si sente in giro e si vede alla TV che non sono il solo a non aver capito nulla. Ciao a tutti e grazie ASSIDAI.
Antonio Berretta
Pier Luigi
Allego per questa vostra iniziativa, una foto di un abbraccio che vale circa cinquant’anni di matrimonio passati quasi sempre insieme, nonostante il mio lavoro per quasi quarant’anni mi abbia portato in giro come Dirigente in Sud America – Perù, Venezuela. Siamo stati sempre molto legati e uniti insieme alle nostre care figlie e amatissimi nipotini. Ecco, credo che questo sia un abbraccio da raccontare.
Pier Luigi Basetti
Eugenio
Vi invio la foto di un abbraccio della mia famiglia, una famiglia un po’ speciale per le circostanze in cui si muove. Io, Eugenio, ho una figlia di trentasette anni che lavora in Guinea, Africa, come docente universitaria. La Guinea non è un paese tranquillo anche se riferito al continente africano è sicuramente uno dei paesi più stabili. Paese che ha fatto recentemente dei passi da gigante, nonostante le sventure come l’epidemia di ebola. Assidai mi consente di abbracciare mia figlia attraverso uno strumento che garantisce una sicurezza sanitaria di primo piano, salvaguardandola e proteggendola nel bene più prezioso: la salute. Aspetto che si riaprano i termini per poter iscrivere ad Assidai anche i nuovi arrivati della mia famiglia: i miei bellissimi nipotini, Giovanni e Linda.
Eugenio Botta