Una diversa e nuova filosofia di gestione del paziente nel periodo precedente a un’operazione per cancro al colon-retto e, al tempo stesso, un approccio multidisciplinare, in cui è necessario coordinare le diverse figure professionali che ruotano intorno al paziente stesso: chirurgo, anestesista, fisioterapista, nutrizionista e, non ultimo, infermiere.
In questi processi si sintetizza il protocollo Eras, Enhanced Recovery After Surgery, ovvero “miglior recupero post intervento chirurgico”. Il tutto con l’obiettivo di ridurre lo stress operatorio e migliorare la risposta dell’organismo all’operazione. In chirurgia colorettale – nel cui ambito è stata eseguita un’ampia ricerca sul tema – dopo alcune difficoltà iniziali, l’applicazione del protocollo Eras si è fortemente affermata ed è diventato di uso frequente, per cui anche la percentuale di aderenza è aumentata nel corso degli anni.
In altre parole, si tratta di un percorso integrato, che permette di ottenere decorsi migliori e un più rapido recupero nei pazienti sottoposti a interventi chirurgici per neoplasie del colon retto, che rappresentano il 10% di tutti i tumori diagnosticati nel mondo e colpiscono principalmente gli uomini tra i 50 e i 70 anni.
La svolta del protocollo Eras
Il protocollo Eras è stato adottato da diversi ospedali italiani, tra cui il Versilia di Lido di Camaiore. In una recente intervista al quotidiano “La Nazione”, il Direttore della struttura di Chirurgia generale, Dott. Marco Arganini ha ricostruito caratteristiche e benefici di questo percorso pre-operatorio, che ha acquisito maggior valore soprattutto negli ultimi anni, durante i quali – spiega – si è assistito a un forte incremento della patologia nella popolazione anziana ultrasettantenne, con localizzazione prevalente a carico del colon destro.
L’elevata incidenza delle neoplasie colon rettali in età avanzata espone peraltro i pazienti, spesso soggetti fragili, a decorsi post-operatori complicati sia per evenienze specifiche dell’intervento che generiche (polmoniti, infezioni urinarie). Ecco perché, per migliorare il risultato dell’intervento chirurgico in termini non solo di complicanze, ma anche di cura della malattia, negli ultimi anni è stato messo a punto un percorso finalizzato a condurre il paziente all’intervento nelle migliori condizioni generali possibili, consentendo anche una rapida ripresa e una precoce dimissione. “Il protocollo su cui è basato il percorso Eras – fa notare il Dott. Marco Arganini – è strutturato per ottenere la riduzione dello stress e il mantenimento delle fisiologiche funzioni nel post-operatorio, accelerando così il recupero”.
Inoltre, i professionisti coinvolti nella cura del paziente – l’anestesista, il chirurgo, il geriatra, il medico riabilitatore, il nutrizionista, l’infermiere di reparto e di sala operatoria – lavorano in sinergia e valutano collegialmente il paziente, con l’obiettivo di migliorarne la performance al momento dell’intervento.
I punti chiave del percorso
Ma che cosa prevede esattamente il protocollo Eras? La fase iniziale del percorso è volta a fornire al paziente, ovviamente preoccupato da quanto lo aspetta, tutte le informazioni sulle fasi dell’intervento. In un incontro con tutto il gruppo di professionisti coinvolti nella cura, il paziente e i parenti si confrontano con il chirurgo, con l’anestesista e soprattutto con il personale infermieristico, ovvero con tutte le figure professionali che hanno un ruolo di rilievo nel percorso chirurgico.
L’attenta valutazione preoperatoria multidisciplinare è particolarmente utile per ottenere un miglioramento delle condizioni generali del paziente che, come un atleta, deve affrontare la gara nelle migliori condizioni possibili. Per esempio, la sospensione del fumo e del consumo di alcol sono utili nel ridurre le complicanze respiratorie e le infezioni post-operatorie, così come l’attività fisica e gli esercizi indicati dal medico riabilitatore, focalizzati sulle fragilità del paziente stesso, giocano un ruolo decisivo nel riportarlo rapidamente, nel post-operatorio, alle sue normali condizioni.
Attenzione anche all’eventuale contemporanea presenza di anemia e malnutrizione e alla correzione di questi parametri con un’adeguata integrazione nutrizionale e infusione di ferro: la correzione di questi parametri è cardine fondamentale del percorso. L’assunzione di carboidrati e liquidi per bocca fino a poche ore prima dell’intervento, differentemente dal digiuno protratto in uso nella chirurgia tradizionale, gioca poi un ruolo specifico nel ridurre gli effetti del trauma chirurgico sul metabolismo.
Altro aspetto cruciale, sottolineato dal Dott. Marco Arganini: “Il percorso Eras oltre a determinare la riduzione delle giornate di degenza, consente attraverso l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse professionali in associazione con la chirurgia mininvasiva, la realizzazione di una terapia di precisione che tiene conto delle differenze individuali del paziente in termini di stile di vita e ambiente, conciliandosi con la imprescindibile sostenibilità economica del sistema sanitario”.
Sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e prevenzione primaria
Proprio la sostenibilità del Sistema sanitario italiano, praticamente unico al mondo per le sue caratteristiche di equità e universalità, è uno dei temi più cari ad Assidai, così come il concetto che la sanità privata può rappresentare soltanto un supporto, e mai un’alternativa a quella pubblica.
Tra i fattori che contribuiscono alla sostenibilità del SSN c’è anche la prevenzione primaria, altra pietra miliare della mission di Assidai, oltre che nostro principale strumento a disposizione per la riduzione dell’incidenza delle malattie croniche, tra le quali c’è anche il tumore al colon retto.
L’adozione di stili di vita corretti, un’alimentazione equilibrata e varia, lo stop all’utilizzo di vino e tabacco e un’attività fisica frequente rappresentano infatti i principali comportamenti che possiamo attuare per limitare patologie cardiocircolatorie, diabete e cancro, responsabili della maggior parte dei decessi a livello mondiale.
Il Ministro della Salute Schillaci: stili di vita cruciali
Il valore della prevenzione primaria è stato evidenziato di recente anche dal Ministro della Salute, On. Orazio Schillaci, che ha firmato la prefazione della nuova edizione de “I numeri del cancro 2022”, studio prezioso per porre l’attenzione su un ambito prioritario nelle politiche sanitarie del nostro Paese. Nato dalla collaborazione tra AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, ONS (Osservatorio Nazionale Screening), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e SIAPEC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica), il volume – ha sottolineato il ministro – costituisce un supporto di grande valore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamente, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza.
Come emerge dallo studio, “a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progressi, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neoplastiche”. In numeri, la stima del numero di nuovi casi di tumore nel 2022 parla di un numero complessivo di nuove diagnosi pari a 390.700 (205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne). Erano 376.600 (194.700 negli uomini e 181.900 nelle donne) nel 2020. Una dinamica, dunque, purtroppo ascendente che potrebbe però essere legata anche all’invecchiamento della popolazione.
In ogni caso, conclude il Ministro nella propria prefazione, “per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti durante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”.
Dunque, “alla luce di questo scenario, è quanto mai urgente puntare sul tempestivo ripristino dei programmi di screening e di tutte quelle iniziative essenziali per fronteggiare una delle sfide principali per la salute globale”.