Esattamente 30 anni fa, tra i primi Paesi in Europa e nel mondo, l’Italia metteva al bando l’amianto attraverso l’importante Legge 257/92. Nelle scorse settimane il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) hanno voluto celebrare questo risultato con l’evento “Amianto e Salute: priorità e prospettive nel trentennale del bando in Italia“, al quale è intervenuto tra gli altri il Ministro Roberto Speranza. “Sono passati 30 anni dalla legge che mise al bando l’amianto in Italia. – ha sottolineato – Siamo stati tra i primi a farlo e tanto lavoro resta ancora da fare. Nel mondo il 75% dei Paesi è ancora privo di regole. Prendersi cura dell’ambiente in cui si lavora e si vive vuol dire prendersi cura della salute di ciascuno. Continuiamo su questa strada”. Del resto, tutte le tipologie di amianto sono cancerogene per l’uomo e causano il mesotelioma, il tumore del polmone, della laringe e dell’ovaio; oltre a queste patologie neoplastiche, l’esposizione ad amianto causa asbestosi, cioè una malattia cronica polmonare. Sul punto anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è sempre stata molto chiara: tutti i tipi di amianto creano gravi danni per la salute. Anche impegnarsi su questo fronte è – in un certo senso – fare prevenzione contro le malattie croniche, una necessità di cui Assidai è fermamente convinta e che il nostro Fondo cerca di mettere in pratica attraverso costanti e approfondite informative agli iscritti.
Che cos’è l’amianto e il rischio tumori
Ma di che cosa stiamo parlando e che cos’è l’amianto? Come Assidai, Fondo di assistenza sanitaria integrativa di emanazione Federmanager, riteniamo fondamentale anche su questo tema offrire un ventaglio di informazioni utili per tutti e, in particolare, per i manager del settore industriale di cui ci prendiamo cura, che, anche nel loro percorso aziendale, si possono trovare ad affrontare situazioni delicate connesse proprio alla presenza di questi minerali. Infatti, quando si parla di amianto, dobbiamo considerare sei diversi minerali appartenenti alla classe dei silicati la cui caratteristica fondamentale è essere costituiti da fibre molto sottili e flessibili. Il basso costo e il fatto che l’amianto sia molto resistente alla degradazione e al calore ne hanno favorito il successo commerciale ed è stato usato in passato per moltissime applicazioni industriali e civili. Le fibre che si ottengono per macinazione del minerale possono essere filate per produrre tessuti resistenti al fuoco: un settore che ha fatto molto uso dell’amianto è l’edilizia, per esempio.
Purtroppo, come sottolinea il sito dell’Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro) le fibre di amianto possono causare tumori del polmone e mesoteliomi, poiché quando vengono inalate entrano in profondità nell’apparato respiratorio ed essendo resistenti alla degradazione non vengono eliminate. La presenza delle fibre crea uno stato di infiammazione persistente in cui vengono prodotte molecole che danneggiano il DNA delle cellule, favorendo la trasformazione tumorale. Il processo di sviluppo della malattia è molto lungo: possono passare oltre 25 anni, ma anche 40-50 anni, dall’inizio dell’esposizione all’amianto prima che ci si possa ammalare di tumore.
Quali sono le patologie connesse al rischio amianto?
Secondo quanto riportato dal IV Rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi, le tre principali patologie connesse all’esposizione all’amianto sono malattie dell’apparato respiratorio proprio perché il problema dell’esposizione all’amianto deriva dall’inalazione. Le forme tumorali per cui è stata accertata la connessione con la sostanza sono: asbestosi, carcinoma polmonare e mesotelioma.
L’asbestosi
Scendendo nei dettagli, l’asbestosi è una fibrosi polmonare che causa l’ispessimento e l’indurimento del tessuto polmonare complicando in maniera concreta l’ossigenazione del sangue. Si tratta di una malattia determinata da un’esposizione piuttosto lunga all’amianto, circa 10/15 anni e colpisce principalmente gli operai che si sono occupati della produzione di materiali con amianto in contesti industriali. La patologia è molto grave perché purtroppo è irreversibile, tuttavia dovrebbe scomparire come conseguenza della Legge 257/92 che ha vietato, almeno in Italia, la lavorazione dell’amianto.
Carcinoma polmonare
In secondo luogo, l’esposizione all’amianto è un concreto fattore di rischio per l’insorgenza del carcinoma polmonare, un tumore “classico” ai polmoni. La criticità, in questo caso, è rappresentata dal fatto che non è necessario un lungo contatto con la sostanza e la malattia può emergere anche dopo molti anni, addirittura 20 in alcuni casi.
Mesotelioma
Infine, il mesotelioma è una tipologia specifica di tumore: è un carcinoma che colpisce la pleura, ovvero la membrana di rivestimento del polmone. Le peculiarità di questa patologia è che i rari casi sono sempre riconducibili ad un’esposizione all’amianto, anche antecedente di più di 25 anni. Esistono casi in cui la malattia è comparsa dopo 40 anni dall’esposizione e, anche in questo caso, non è necessaria una dose alta di fibre microscopiche d’amianto per sviluppare la malattia.
I numeri dell’ISS sull’Italia
Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha evidenziato che il carico sanitario in Italia legato alle conseguenze dell’amianto è stimato a circa 4.400 decessi l’anno dovuti all’esposizione nel periodo 2010-2016: 3.860 uomini e 550 donne. Di questi, 1.515 sono persone decedute per mesotelioma maligno (più dell’80% dei mesoteliomi è causata dall’amianto), 58 per asbestosi (malattia polmonare causata da inalazione di fibre di amianto), 2.830 per tumore polmonare e 16 per tumore ovarico. L’ISS ha anche analizzato i dati sulla mortalità precoce (prima dei 50 anni) per mesotelioma: nel periodo 2003-2016 in Italia sono stati registrati circa 500 decessi. Si tratta verosimilmente di persone che da bambini hanno vissuto in aree italiane contaminate da amianto e/o che sono stati esposti indirettamente a fibre di amianto in ambito domestico a causa delle attività professionali dei genitori o connessa ad attività ricreative. Questi casi rappresentano il 2,5% del totale dei decessi per mesotelioma nello stesso periodo. “Molto è stato fatto – ha evidenziato il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro – tuttavia, dai dati epidemiologici emerge il perdurare di un carico di malattie attribuibili ad esposizioni ad amianto nel nostro Paese, evidenziando che le esposizioni passate e l’amianto residuo rimangono un problema di sanità pubblica sul quale è urgente intervenire. L’esperienza e la cultura dell’amianto maturate in Italia possono, inoltre, essere certamente d’esempio per i numerosi paesi dove l’amianto è ancora in uso”.
I passi normativi sull’amianto in Italia ed Europa
L’Italia, come detto, ha fatto già molto sul fronte dell’amianto. Oltre a essere stata tra i primi Paesi in Europa a vietarne l’utilizzo e la produzione già nel 1992, ha poi realizzato una mappa nazionale dei siti contaminati, sono state portate avanti opere di bonifica sul territorio nazionale e successivamente è stato attivato un piano di sorveglianza epidemiologica nazionale della mortalità per mesotelioma negli 8.000 comuni italiani.
Nel 2002 ha dato il via al Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM) che rappresenta uno dei più avanzati sistemi di sorveglianza epidemiologica attiva in questo settore, con oltre 30mila casi censiti mentre è operativo dal 2008 il Programma nazionale di qualificazione per i laboratori che eseguono le analisi per la determinazione dell’amianto su tutto il territorio nazionale.
A livello comunitario, invece, dal 1° luglio 2025 tutti gli Stati membri dell’Unione Europea dovranno aver provveduto all’eliminazione dei “prodotti” di amianto (Regolamento UE 2016/1005) e l’eradicazione delle malattie amianto-correlate rientra tra le priorità “ambiente e salute” dell’OMS per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.
L’amianto nel mondo: impatto economico e sanitario
Infine, qual è la situazione nel mondo? Ogni anno – secondo un recente studio dell’Oms – a livello globale le conseguenze sulla salute dell’utilizzo dell’amianto costano solo di spese sanitarie tra i 2,4 e i 3,9 miliardi di dollari, senza contare i costi indiretti, e l’amianto provoca 100mila morti ogni anno. Sempre secondo il report la produzione globale di amianto è andata progressivamente diminuendo dal picco raggiunto nel 1980 di 4,8 milioni di tonnellate, e ora la metà di questa cifra è distribuita tra quattro paesi, Brasile, Russia, Cina e Kazakhstan. Il primo paese a bandirlo è stata la Danimarca nel 1972, mentre nel 2013 era vietato in 67 paesi. “Dai dati dei singoli paesi – conclude lo studio – non emergono effetti negativi osservabili sul Pil in seguito al bando dell’amianto o a un declino nel consumo o nella produzione. Dove è stato osservato un calo dell’occupazione l’effetto è stato assorbito nei due anni successivi”.