L’intelligenza artificiale al servizio della medicina, e in particolare della prevenzione contro le principali patologie cardiocircolatorie. Un algoritmo messo a punto dagli esperti dell’American College of Cardiology, associazione medica no profit composta da 49mila membri e specializzata appunto sulla cardiologia, permetterebbe di quantificare, in base al timbro di voce di una persona, il potenziale rischio che sia colpita da ictus o da infarto. Lo studio, intitolato “Speaking from the Heart: Could Your Voice Reveal Your Heart Health?” e presentato anche al Congresso americano, è nelle sue fasi iniziali, ma risulta a tutti gli effetti molto promettente: in un futuro prossimo, grazie alla tecnologia, anche chi si trova a distanza di un centro specializzato potrà essere monitorato nel tempo grazie ad una semplice applicazione che registra gli impulsi sonori e li invia ad un sistema di intelligenza artificiale. Quest’ultimo, come una sorta di “laboratorio”, prenderà in esame le caratteristiche della voce e potrà di conseguenza indicare quali soggetti correranno più pericoli di andare incontro ad ictus. Insomma, un concetto molto avanzato di screening – il paziente potrebbe inviare un semplice messaggio vocale attraverso il proprio smartphone – nell’ambito della cosiddetta telemedicina. Quest’ultimo è filone che avrà sempre più peso, in Italia e in Europa, nei prossimi anni e che ha acquisito grandissima importanza durante la pandemia da Covid; ad esso, inoltre, il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha dedicato un budget importante.
Metodo e risultati della ricerca
Ma vediamo nel dettaglio la ricerca, che vede come autore principale Jaskanwal Deep Singh Sara della Mayo Clinic. Partiamo dal principale risultato: chi presenta uno specifico marcatore vocale elevato ha un rischio di 2,6 volte più elevato di andare incontro, in futuro, a patologie legate alle arterie coronariche e una probabilità tripla di ritrovarsi con un accumulo di placche lungo i vasi confermata con test clinici, ovviamente in confronto a chi non ha caratteristiche vocali “pericolose”. Facciamo ora un passo indietro.
Come è stato svolto questo esperimento?
Innanzitutto, va precisato che esso ha preso in esame 108 persone, tutte sottoposte ad un controllo delle arterie coronariche attraverso la coronarografia. In seguito, a tutti i soggetti è stato chiesto di registrare tre diversi messaggi vocali di circa mezzo minuto: nel primo si doveva leggere un testo breve, nel secondo e nel terzo si doveva raccontare un’esperienza positiva ed una negativa. Nella fase successiva è entrato in scena un algoritmo di intelligenza artificiale sviluppato in Israele sulla base di oltre 10.000 registrazioni. Infine, si è entrati nella fase di analisi vera e propria di un’ottantina di parametri vocali, dalla frequenza, fino all’ampiezza, al tono e alla cadenza. Partendo da una precedente analisi sperimentale, che aveva identificato sei marcatori correlati con la malattia coronarica, si è poi proceduto all’analisi in base ai punteggi ottenuti. Ebbene, nei due anni successivi al controllo, chi aveva numeri elevati di questo “punteggio” vocale in poco meno di sei casi su dieci (58,3%) è entrato in ospedale per dolore al torace o chiari segni di sindrome coronarica acuta, contro il 30,6% osservato nei soggetti con basso punteggio del biomarcatore vocale.
Come spiegare tutto ciò?
Per il momento si possono formulare soltanto ipotesi. Per esempio si immagina un ruolo del sistema nervoso autonomo, che in qualche modo influisce sia sulla voce che su parametri di salute di cuore ed arterie, come la frequenza dei battiti o la pressione arteriosa. Questo legame potrebbe contribuire a spiegare l’utilità del controllo vocale a distanza nel monitoraggio dei soggetti a rischio di infarto. Il dato di fatto – ha sottolineato l’autrice della ricerca, Jaskanwal Deep Singh Sara – è che “la telemedicina non è invasiva, è economica ed efficiente ed è diventata sempre più importante durante la pandemia”. “Non stiamo dicendo che la tecnologia di analisi vocale sostituisce i medici o gli attuali sistemi di assistenza sanitaria, ma pensiamo che rappresenti un’enorme opportunità e ulteriore opportunità per agire in modo complementare ad essi. – ha aggiunto – Fornire un campione vocale è molto intuitivo e potrebbe diventare un sistema facilmente replicabile per migliorare la gestione dei pazienti”. Il tutto, ovviamente, senza lasciarsi travolgere dall’eccessivo ottimismo. “È sicuramente un campo di studi entusiasmante, ma c’è ancora molto lavoro da fare”, ha precisato la ricercatrice. “Dobbiamo conoscere i limiti dei dati che abbiamo e dobbiamo condurre più studi in popolazioni più diversificate, analisi più ampie e più prospettiche”.
Le prospettive dell’intelligenza artificiale in medicina
In generale, va ricordato, l’intelligenza artificiale viene vista come strumento per ridurre in prospettiva i costi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e aumentarne così la sostenibilità futura, che sarà messa a dura prova dal graduale invecchiamento della popolazione. Gli studi più recenti indicano che oltre il 33% delle attività eseguite manualmente dai medici potrebbe essere automatizzato. Non solo: negli ultimi 20 anni, informatici e ricercatori hanno anche dimostrato con successo le applicazioni dell’intelligenza artificiale in diversi ambiti dell’assistenza sanitaria, a partire dalla diagnosi precoce, fino alla scoperta di farmaci e alla gestione dei dati dei pazienti. Solo negli Usa, per esempio, l’uso dei cosiddetti algoritmi che permettono di estrarre preziose informazioni da centinaia di milioni di dati, potrebbe consentire risparmi di oltre 150 miliardi di dollari.
A tal proposito vale la pena citare i dati di un recente studio internazionale presentato su Welfare 24, la newsletter di Assidai realizzata in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Lo studio coordinato da Humanitas in collaborazione con l’Università di Oslo, che puntava a indagare il rapporto costi-benefici delle tecnologie di intelligenza artificiale nell’ambito della colonscopia. Nel dettaglio, l’analisi è stata coordinata da Alessandro Repici, direttore del dipartimento di Gastroenterologia di Humanitas e docente di Humanitas University e da Cesare Hassan, docente di Humanitas University. Ebbene, l’impiego dei software di intelligenza artificiale richiede alle strutture ospedaliere investimenti economici valutati pari a circa 19 dollari per paziente. Lo studio in questione, pubblicato su The Lancet Digital Health, ha dimostrato che, nell’arco di 30 anni, questi investimenti non solo vengono interamente ammortizzati, ma generano anche un risparmio se paragonati alle spese mediche per i pazienti con tumore del colon.
Assidai e il supporto a screening e prevenzione
In quest’ottica andrebbe letto un uso più esteso, in futuro, dello screening vocale testato dell’American College of Cardiology per evidenziare i possibili rischi di patologie cardiocircolatorie. Assidai ha da sempre espresso il pieno supporto a qualsiasi forma di prevenzione contro l’insorgenza delle cronicità, principali cause di decesso a livello mondiale, tra cui spiccano infarto e ictus, tumori e diabete. Laddove per prevenzione si intende sia un intervento a livello “primario”, cioè attraverso l’adozione di stili di vita e abitudini alimentari corretti (evitando il consumo di alcolici e di tabacco in qualsiasi forma), sia a livello secondario, cioè svolgendo appositi screening periodici per scoprire i primi indizi di eventuali patologie ed affrontarle con il giusto anticipo.