In Italia negli ultimi anni si riscontrano miglioramenti, anche grazie alle campagne di prevenzione del Ministero della Salute, ma la strada da percorrere è ancora lunga
Ridurre gradualmente il consumo giornaliero di sale di ciascun individuo fino a meno di 5 grammi al giorno, tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, ovvero quanto un cucchiaino da tè. È questa una delle principali raccomandazioni dell’Oms in campo alimentare ed è questo, al tempo stesso, l’obiettivo della World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH), associazione con partner in 100 Paesi di diversi continenti, costituita nel 2005 e che promuove, tra l’altro, la Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale, tenutasi quest’anno dal 14 al 20 marzo.
Più in generale, WASSH punta a sensibilizzare i Governi sulla necessità di una ampia strategia di popolazione multisettoriale in materia, nonché di incoraggiare le aziende alimentari a ridurre il sale nei loro prodotti, considerato che circa tre quarti del sale consumato è già presente in cibi processati e confezionati.
Il motivo è fin troppo noto. Un consumo eccessivo di sale favorisce un aumento della pressione arteriosa, con conseguente incremento del rischio di insorgenza di gravi patologie cardio-cerebrovascolari correlate all’ipertensione arteriosa, quali infarto del miocardio e ictus cerebrale, ed è stato associato ad altre malattie cronico-degenerative, quali tumori, in particolare dello stomaco, osteoporosi e malattie renali.
I dati a livello mondiale non sono confortanti, visto che il consumo giornaliero di sale è in media il doppio del valore raccomandato dall’Oms. In Italia nel periodo 2018-2019 è stato riscontrato, attraverso la raccolta delle urine delle 24 ore in campioni di popolazione di età 35-74 anni residenti in 10 Regioni, un consumo medio giornaliero di sale pari a 9,5 grammi negli uomini e 7,2 grammi nelle donne, risultando inferiore a 5 grammi solo nel 9% degli uomini e nel 23% delle donne. Valori in miglioramento rispetto a quelli riscontrati nel periodo 2008-2012 (10,8 grammi negli uomini e 8,3 grammi nelle donne, con un consumo inferiore a 5 grammi al dì nel 4% degli uomini e nel 15% delle donne), anche per merito delle varie campagne di prevenzione messe in atto in questi anni dal Ministero della Salute.