“Tiroide, così scopriremo i suoi segreti”
Intervista alla biochimica Francesca Coscia, che con il suo gruppo di ricerca allo Human Technopole di Milano, ha vinto un finanziamento di 1,5 milioni per studiare il funzionamento di questo organo
“In Italia, in campo medico, la ricerca dovrebbe concentrarsi anche su progetti a lungo termine, che possono davvero rivoluzionare la conoscenza in alcuni settori e, a livello più generale, possono favorire lo sviluppo di tecnologie più robuste, utili in tutti campi, anche alle aziende e come potenziale stimolo per lo sviluppo economico del Paese.” Francesca Coscia, trentaseienne biochimica strutturale, prima di fondare il suo gruppo di ricerca allo Human Technopole di Milano è stata ricercatrice presso il (MRC) Laboratory of Molecular Biology di Cambridge, in Gran Bretagna, dove ha avuto modo di frequentare i seminari di Richard Henderson, biologo molecolare e biofisico scozzese, vincitore del Premio Nobel per la Chimica nel 2017 per lo sviluppo della crio-microscopia elettronica. “Ci ripeteva spesso: pensate all’idea più geniale che potete avere e di averla anche già realizzata, cosa farete dopo? – racconta Coscia – Il significato è: guardate sempre al futuro, non ragionate solo in un’ottica di breve termine”. È seguendo questa filosofia che la biochimica ha ideato un progetto per indagare il funzionamento della tiroide e la regolazione degli ormoni tiroidei, che ha ricevuto un finanziamento di 1,5 milioni dal European Research Council (ERC), una delle più importanti agenzie pubbliche di finanziamento della ricerca scientifica in Europa.
In che cosa si distingue dagli altri questo studio?
Si tratta di un progetto high risk, high gain, letteralmente “alto rischio, alto guadagno”. In altre parole, si scommette sullo sviluppo di idee e tecniche nuove che potrebbero consentire nel medio-lungo termine di introdurre cambia- menti radicali nella ricerca e nelle cure. L’ERC destina risorse proprio a questo tipo di idee, che spesso trovano difficoltà di finanziamento perché non danno risultati nel breve termine. Nello specifico, il nostro progetto studierà attraverso la biologia strutturale, in particolare la crio-microscopia elettronica, il funzionamento della tiroide. Di quest’ultima si sa molto a livello medico ma le terapie sono limitate e non specifiche: moltissimi studiosi, anche italiani, hanno studiato la tiroide, ma finora è stato impossibile osservare cosa succede esattamente quando il suo funzionamento è alterato. Grazie a recenti tecnologie avanzate, su cui Human Technopole ha investito, è finalmente possibile analizzare in dettaglio i processi di base di quest’organo e capire come sono alterati nelle malattie.
Con il vostro studio cosa potrebbe cambiare e quanto tempo ci vorrà per vedere i primi, eventuali risultati?
Parliamo di medio termine, quindi cinque anni. Partiamo dal presupposto che la tiroide è un organo chiave: una specie di bioreattore che accumula iodio, un elemento raro che si trova nell’acqua, nel pesce e nelle alghe, e lo utilizza per produrre preziosi e speciali ormoni tiroidei, essenziali per il buon funzionamento del corpo umano. Questi ormoni in realtà vengono accumulati, “stoccati” e rilasciati in maniera controllata e ovviamente deve esserci un perfetto equilibrio tra tutte queste fasi. La nostra ricerca si inserisce in questo contesto: vogliamo capire come funziona tutto ciò a livello molecolare e lo faremo utilizzando modelli cellulari – i cosiddetti organoidi – che riproducono la tiroide in provetta. Una tecnica utilizzata anche per studiare anche altri organi, per esempio il cervello.
Tutto ciò potrebbe creare i presupposti, in futuro, per una medicina personalizzata?
Assolutamente sì. Studieremo nel dettaglio cosa avviene nella tiroide di pazienti sani e malati e la tecnica degli organoidi ci consentirà di partire dai singoli estratti cellulari dei pazienti, ricreando in vitro le caratteristiche delle sue eventuali alterazioni per risolverlo. Ecco, questo potrebbe essere l’approdo finale della nostra ricerca, sarebbe davvero un grande passo in avanti per la medicina.
Quanto sono diffuse le patologie della tiroide?
Colpiscono dal 5% al 10% della popolazione una volta nella vita, a seconda delle aree del mondo, con un’incidenza più alta nelle donne con rischi che aumentano significativamente durante la gravidanza. Oggi ci sono cure palliative ma non specifiche, anche perché se non si capisce bene quale target colpire non si può essere realmente efficaci. Se i nostri studi avranno successo le prospettive potrebbero finalmente cambiare, rivoluzionando l’endocrinologia della tiroide.
Francesca Coscia è una biochimica strutturale, attualmente capogruppo presso il Centro di Biologia Strutturale dello Human Technopole di Milano. Il suo laboratorio si concentra sullo svelamento della struttura e della funzione delle macromolecole chiave coinvolte nell’omeostasi degli ormoni tiroidei, nelle malattie autoimmuni e nel cancro. Si è laureata nel 2009 all’Università di Napoli, in Chimica e Biostrutture. Nel 2014 ha conseguito un PhD allo Institute of Structural Biology di Grenoble.