Una restrizione calorica molto severa durante le cure oncologiche crea uno choc metabolico che può aiutare a contrastare il cancro? È questa la domanda a cui hanno risposto i ricercatori dell’Istituto nazionale dei tumori (Int) e dell’Istituto Fondazione FIRC di Oncologia Molecolare (Ifom) di Milano, che hanno condotto uno studio, finanziato dalla Fondazione Airc, su 101 pazienti in cura contro la malattia più temuta. Del resto, come affermato da diversi studi in materia, i regimi alimentari molto restrittivi sono da considerarsi buone armi contro i tumori.
Il vero tema piuttosto è un altro: quanto sono tollerabili da chi è in cura, nei giorni non certo facili in cui viene somministrata la chemioterapia o l’immunoterapia? Si tratta di un quesito cruciale: il cancro, insieme con le patologie cardiocircolatorie e il diabete, rappresenta una delle principali cronicità a livello globale. Il primo passo – come ricorda sempre Assidai nelle informative ai propri iscritti – è prevenire queste patologie con stili di vita e di alimentazione adeguati. È altrettanto evidente che, nella sfortunata ipotesi in cui ci si trovi ad affrontare l’insorgenza di un tumore, diventa cruciale individuare delle tecniche di cura il più possibili efficaci. Tra queste ci potrebbe appunto essere una “dieta-terapia” con uno choc metabolico da accoppiare alle cure più classiche. In sostanza si tratta di “affamare il cancro”: in futuro, sostengono alcuni ricercatori, per combatterlo bisognerà combinare terapie standard, come l’immunoterapia o la terapia ormonale, a terapie nutrizionali in cui viene rivoluzionata la disponibilità di nutrienti sia durante sia dopo la terapia.
Tollerabilità, effetti collaterali ed efficacia
Vediamo ora nel dettaglio i risultati dello studio che è stato condotto. La dieta testata, ipoglicemizzante, prevedeva una restrizione calorica molto severa, di cinque giorni, da adottare ciclicamente ogni tre-quattro settimane durante la chemioterapia o l’immunoterapia, ovviamente sotto supervisione medica. Numeri alla mano, con circa 400-600 calorie il primo giorno e meno di 400 calorie i successivi, la dieta era composta principalmente da verdure, olio, tè, frutta, frutta secca e, soltanto una volta, pane integrale.
Tre gli elementi che sono stati valutati a fondo. Innanzitutto, la cosiddetta tollerabilità, su cui non si sono verificati particolari problemi. Lo studio pubblicato sulla rivista specialistica “Cancer Discovery” ha rivelato che su 101 pazienti sottoposti alla dieta-terapia solo quattro sono passati dalla condizione di normopeso a quella di sottopeso, e non in modo grave. Inoltre, il 99% dei pazienti è riuscito a fare almeno un ciclo di cure e di questi il 76% ne ha svolti almeno tre. Secondo punto chiave: gli effetti collaterali. Circa quattro persone hanno accusato astenia, cioè fatica, mentre altre cinque hanno subìto un episodio di ipoglicemia; sono state inoltre registrate altre piccole reazioni avverse come nausea o sensazione di confusione. Infine, ma non meno importante, ecco il termo elemento di valutazione: qual è stata l’efficacia della dieta-terapia nel contrastare la malattia? Il presupposto dello studio è che le cellule tumorali approfittano dell’alto livello di zuccheri nel sangue per svilupparsi. Dunque, riducendo il più possibile il glucosio nei giorni di terapia è come se si colpisse il nemico su due fronti: con la dieta e con i farmaci. Allo stesso tempo, – ha rivelato lo studio – lo choc metabolico ha avuto effetto anche sul sistema immunitario, dove riduce il numero e l’attività di cellule “cattive”, che inibiscono la risposta immunitaria, e aumenta la quantità di quelle “buone”, potenzialmente in grado di riconoscere e uccidere le cellule tumorali. In sostanza la dieta-terapia aiuta a rendere più efficace il sistema immunitario dei pazienti.
Su quali tipi di tumore questo approccio è più efficace? In questo caso la risposta è ancora incerta. Lo studio in questione comprendeva soprattutto pazienti con cancro al seno, colon e polmone, ma poiché si trattava di soggetti che si sono offerti volontariamente non si è potuta elaborare una campionatura precisa. Nuove ricerche, nel futuro prossimo, potranno approfondire anche questo aspetto.
Alimentazione durante le cure: i consigli della Fondazione Veronesi
In ogni caso, quando si effettuano delle cure oncologiche, l’alimentazione rappresenta un elemento chiave. A ricordarlo è la Fondazione Veronesi che sottolinea come l’obiettivo è aiutare a prevenire la nausea e a combattere gli effetti collaterali della terapia, rappresentati soprattutto da infiammazioni della mucosa e vomito. Per questo valgono due suggerimenti in linea generale: si deve masticare molto bene e lentamente e non bisogna preoccuparsi se dopo la terapia si avverte nausea e non si ha fame poiché l’appetito tornerà nel giro di pochi giorni.
Quali sono gli alimenti da privilegiare?
Cereali in chicco integrali ben cotti o pasta di semola di grano duro, meglio se integrale; creme di legumi o legumi ben cotti (scegliendo quelli decorticati o utilizzando il passaverdure); pesce, meglio se azzurro, per l’elevato contenuto di grassi omega-3 ad azione anti-infiammatoria; verdure di stagione; pane di semola di grano duro.
Quali cibi vanno invece evitati?
Carni rosse e carni lavorate (salumi, insaccati); formaggi a elevato contenuto di grassi; latte vaccino; zuccheri e cibi a base di farine raffinate o altri amidi ad alto indice glicemico, quali patate e mais; fibre di cereali, specie se indurite dalla cottura al forno (pane integrale e pizza, alimenti grezzi.