Oggi in Italia circa 1,2 milioni di persone sono colpite da demenza, di cui il 60% circa rappresentato da casi di Alzheimer, e si stima che nel 2040 proprio quest’ultima patologia vedrà arrivare i malati oltre quota 2,5 milioni.
Bastano queste poche cifre a far intuire la situazione difficile che in prospettiva il nostro Paese, e con esso il Servizio Sanitario Nazionale, potrebbero trovarsi ad affrontare. A lanciare un invito a riflettere su questo tema è stato il tavolo “Tienilo a mente. Come non disperdere le risorse destinate alle persone con demenza e ai loro caregiver”, promosso da Inrete: un appuntamento che, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer (lo scorso 21 settembre), ha reso possibile il confronto tra istituzioni, clinici, associazioni di pazienti ed esperti della società civile. Il nodo della demenza senile, va anche osservato, chiama direttamente in causa un altro elemento chiave: la copertura per la non autosufficienza, su cui Assidai è da sempre stata molto attiva con proposte di Piani Sanitari ad hoc per i propri iscritti.
I numeri dell’Alzheimer in Italia
Lo Stato, negli ultimi anni, ha iniziato a muoversi.
“Sono state numerose le iniziative del ministero della Salute a sostegno e tutela dei pazienti affetti da demenza. – ha sottolineato al proposito il sottosegretario di Stato alla Salute, Andrea Costa – Nella Legge di Bilancio 2021 è stato istituito nello stato di previsione del Ministero della Salute il Fondo per l’Alzheimer e le demenze, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. L’obiettivo dello stanziamento consiste nel migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza, e garantire la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone con Alzheimer”.
Ma vediamo nel dettaglio i numeri di queste patologie. La sola malattia di Alzheimer colpisce nel nostro Paese circa 600mila italiani. Inoltre, è stato stimato – ricordano gli esperti – che il costo medio annuo per paziente, comprensivo dei costi diretti e indiretti, sia familiari sia a carico del Sistema Sanitario Nazionale e della collettività, è pari a 70.587 euro, cifra che, moltiplicata per la quota attuale di malati, si traduce in oltre 42 miliardi. Considerato che nel 2040, secondo le ultime stime, i malati di Alzheimer saranno oltre 2,5 milioni – trend ovviamente frutto del graduale invecchiamento della nostra popolazione – è facile intuire la possibile esplosione della spesa per il sistema italiano con gravi conseguenze a livello di sostenibilità. Senza contare peraltro il tema dei caregiver, cioè dei familiari coinvolti direttamente o indirettamente nell’assistenza dei propri cari, ormai non più autosufficienti: un carico non solo psicologico e sociale ma anche economico che grava sulle famiglie per far fronte alle esigenze del malato.
Nei prossimi dieci anni, secondo le previsioni di un altro istituto come Italia Longeva, 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave, cioè ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. E già nel 2030, la cosiddetta “bomba dell’invecchiamento” potrebbe esplodere con 5 milioni di anziani potenzialmente disabili, innescando un circolo vizioso se non adeguatamente gestito: l’aumento della vita media causerà l’incremento di condizioni patologiche che richiederanno cure a lungo termine e determineranno un’impennata del numero di persone non autosufficienti, esposte al rischio di solitudine e di emarginazione sociale. Crescerà così inesorabilmente anche la spesa per la cura e l’assistenza a lungo termine degli anziani e quella previdenziale, mentre diminuirà la forza produttiva del Paese e non ci saranno abbastanza giovani per prendersi cura degli anziani.
Soluzioni: diagnosi precoce e copertura Long Term Care
Quali i rimedi a una dinamica potenzialmente esplosiva? Innanzitutto, si potrebbe immaginare un maggior impegno da parte dello Stato su questo fronte. In secondo luogo, c’è il tema della prevenzione, che in questo caso significa diagnosi precoce della malattia, il che significa scoprirla molto prima che si sviluppino i primi segnali tipici della stessa. Una diagnosi precoce, secondo gli esperti, assicura la possibilità di una presa in carico tempestiva e quindi un potenziale ritardo della progressione della patologia, con conseguente ottimizzazione delle risorse sanitarie e con un minor impatto sociale. Ecco perché, si ragiona, è importante che la ricerca scientifica non si fermi e che si creino, oggi, le basi per la sostenibilità dei nuovi trattamenti che arriveranno in futuro.
Infine, come dicevamo in precedenza, c’è la soluzione delle coperture LTC, che consentono di affrontare con maggiore serenità economica e famigliare possibili patologie che portino alla non autosufficienza.
Assidai e le coperture per la non autosufficienza
In un’ottica complementare e non sostitutiva alla sanità pubblica, Assidai offre a manager, professionisti e aziende Piani Sanitari taylor made, che prevedono anche una copertura LTC all’avanguardia in Italia.
All’inizio del 2019, per la terza volta in cinque anni Assidai ha migliorato le tutele per gli iscritti under e over 65 anni con ulteriori vantaggi, come aumenti di rendite e massimali mensili. Ciò dopo la svolta impressa nel 2015 (quando la copertura era stata estesa anche al coniuge o al convivente more uxorio dell’iscritto) e quella del 2017 (tra l’altro furono introdotti un aumento della rendita per gli under 65 e prestazioni più ricche per gli over 65). Che cosa è cambiato nel dettaglio? Bisogna distinguere tra l’iscritto sotto i 65 anni di età o sopra questa soglia.
Nel primo caso, per le prestazioni in caso di non autosufficienza garantite a favore del caponucleo (iscritto) e del coniuge/convivente more uxorio o dei figli risultanti dallo stato di famiglia fino al 26° anno di età (siano essi legittimi, naturali, legittimati, adottivi e in affido preadottivo) la rendita vitalizia aumenta. Con tre distinguo: nel caso standard da 1.100 euro (13.200 euro annui) a 1.200 euro (14.400 euro annui); se il figlio è minorenne da 1.430 euro (17.160 euro annui) a 1.560 euro (18.720 euro annui); se il figlio è disabile da 2.200 euro (26.400 euro annui) a 2.400 euro (28.800 euro annui).
Diverso il discorso se l’iscritto ha più di 65 anni: in questo caso per il caponucleo iscritto e/o il relativo coniuge/convivente more uxorio, è stata prevista l’estensione dell’assistenza infermieristica domiciliare, che prevede un massimale di 1.000 euro mensili, per un ulteriore mese e quindi per un massimo di 300 giorni per anno assicurativo per assistito (in precedenza era di 270 giorni).