Intervista all’ex Ministra della salute Lorenzin: “Il PNRR va nella giusta direzione, ma andrà accompagnato da riforme importanti”
In ambito sanitario il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “sta andando sicuramente nella direzione giusta, ma avrà bisogno di un timing molto stretto nelle riforme di accompagnamento, strutturale e di adattamento post Covid”. Secondo Beatrice Lorenzin, ex Ministra della Salute nei Governi Letta, Renzi e Gentiloni, oggi deputata Pd, siamo di fronte a un’occasione storica. Da sfruttare, però, senza commettere l’errore di “considerare il Pnrr come sostitutivo del Fondo sanitario nazionale” ma piuttosto come l’impulso “per strutturare la sanità pubblica su un modello sostenibile”, alla luce delle grandi sfide del futuro, in primis l’invecchiamento della popolazione. In quest’ambito potrebbe essere utile, secondo Lorenzin, definire con precisione il ruolo dei fondi sanitari integrativi come supporto alla sanità pubblica, ferme restando “essenzialità e universalità” di quest’ultima.
Onorevole Lorenzin, come giudica le azioni previste dal Pnrr sulla sanità pubblica?
Positivamente. Si affrontano due grandi macro-temi: da una parte le socio assistenze e la gestione delle cronicità e dall’altra le scienze della vita e l’industria della conoscenza ad essa collegata. Vedo diversi interventi necessari e giusti. Per esempio, sulla prevenzione, indispensabile innanzitutto per affrontare quello che resta del Covid: servirà un potenziamento delle strutture di igiene. Poi c’è il tema delle riforme per affrontare le cronicità, in cui bisogna lavorare sulla medicina di territorio, sulle cosiddette “Case della Salute” e sul welfare di comunità: in pratica con una gestione domiciliare delle cure che non isoli il malato o l’anziano. Senza dimenticare, ovviamente, il tema della Long Term Care. Infine, il Pnrr si occupa del tema della ricerca, con le Ircss finalmente volano della ricerca traslazionale (ndr finalizzata a trasformare i risultati ottenuti dalla ricerca di base in applicazioni cliniche), ma perché ciò avvenga bisognerà licenziare entro dicembre i decreti attuativi della norma che ho presentato sulla sperimentazione clinica.
Grazie al PNRR la sanità pubblica riuscirà ad affrontare le grandi sfide dei prossimi anni?
Ci servirà proprio a questo. Dovrà essere sia una scossa immediata al sistema, sia l’occasione per effettuare grandi investimenti di ristrutturazione del SSN per arrivare a un livello di spesa compatibile e per renderlo resiliente contro altri attacchi, perché un domani dopo il Covid potrebbero arriva- re altre insidie. Insomma, dobbiamo investire per essere competitivi a livello europeo e globale, puntando molto anche sul digitale, sulla capacità di lettura dei big data e sulla diffusione del 5G anche nelle aree rurali, cosa che aprirebbe enormi opportunità sul fronte della telemedicina. Poi, non ultimo, c’è il tema degli investimenti in formazione: sgravare il Fondo sanitario nazionale significa liberare risorse per remunerare nel modo giusto i nostri cervelli, che altrimenti rischiano di andare altrove.
Che ruolo dovranno avere i fondi sanitari integrativi nel panorama della sanità italiana?
Sono un pezzo del sistema. Abbiamo visto il ruolo svolto dal welfare aziendale in questi anni, anche se c’è stata qualche distorsione. Bisognerebbe portare avanti la loro riforma, anche per capire bene chi fa che cosa e che cosa è utile. Lo Stato deve dire cosa gli serve e cosa si aspetta dai fondi integrativi, in modo che si possano coprire gli ambiti in cui è più in difficoltà, facendo risparmiare tutti e mantenendo sempre e comunque i principi di universalità ed essenzialità del Servizio Sanitario Nazionale.