Oggi permettono di curare alcune malattie rare, domani potrebbero sconfiggere le cronicità
La nuova frontiera dell’innovazione nella sanità è indubbiamente rappresentata dalle terapie geniche. Oggi è un trend da considerarsi agli albori – anche se alcuni risultati concreti, in termini di cure, sono già stati raggiunti – ma domani potrebbe davvero rappresentare una rivoluzione copernicana per il settore della salute, con ricadute positive in termini di risparmio di costi per i servizi sanitari nazionali.
Innanzitutto inquadriamo il fenomeno. Parliamo di un segmento all’avanguardia della medicina in cui i geni stessi vengono usati come farmaci per trattare una patologia rara. In parole povere si introducono nuove informazioni genetiche nelle cellule di un organismo che vanno a compensare un difetto genetico o a potenziare la risposta contro un tumore o un agente infettivo. Qualche esempio? Si può modificare la sequenza del DNA che genera una malattia per “ripristinare” l’originale e risolvere così il problema definitivamente. Oppure si possono aggiungere a una cellula proteine artificiali, “riarmandole” per riconoscere i tumori, ad oggi soprattutto per quanto riguarda alcuni tipi di linfomi o di leucemie, mentre per altri tipi di cancro la strada da percorrere è ancora lunga. Un quadro molto approfondito in materia ce lo fornisce, sempre in questo numero di Welfare 24, il Professor Luigi Naldini, Direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica nonché vero e proprio luminare del settore.
Se oggi con queste terapie, ancora molto costose, si riescono a curare soltanto alcune malattie rare, l’obiettivo di domani è allargare lo spettro dei possibili bersagli che comprende patologie più complesse, ma comuni, come il cancro, il morbo di Parkinson e l’artrite. In una parola le cronicità, principale causa di decessi nel mondo e anche la maggiore fonte di costi per la sanità pubblica, compresa quella italiana. Arrivare a sconfiggere molte di queste malattie grazie alle terapie geniche – obiettivo che forse verrà raggiunto nel lungo termine – rappresenterà una boccata d’ossigeno anche per servizi sanitari già provati dalle dinamiche demografiche.