La felicità e il benessere aziendale migliorano l’efficienza e le prospettive di crescita delle imprese, nonché la produttività dei dipendenti. Questo concetto, che solo alcuni anni fa veniva visto da taluni con una certa diffidenza, rappresenta ormai un punto fermo per le politiche di molte aziende, in particolare sul fronte del welfare, con l’obiettivo di garantire ai propri lavoratori anche un perfetto equilibrio vita-lavoro (il cosiddetto work –life balance). Non solo, negli ultimi tempi, proprio a fronte di queste considerazioni, sempre più suffragate da evidenze empiriche, sta emergendo una figura professionale ad hoc, il Chief Happiness Officer: il manager della felicità rientra tra le figure aziendali che si occupano delle risorse umane e rappresenta al tempo stesso un’evoluzione dell’HR classico poiché si occupa proprio della soddisfazione e del benessere dei dipendenti, nonché di far percepire l’azienda stessa come una organizzazione innovativa e costruttiva.
Chief Happiness Officer: da Microsoft a KPMG
A livello mondiale non mancano gli studi e gli esempi (anche legati a società molto famose) che testimoniano come il benessere organizzativo sia un’opportunità di crescita per tutti. Di recente Microsoft ha sperimentato nella sede di Tokyo la settimana lavorativa di quattro giorni su 2.300 dipendenti. Il risultato? Un aumento di produttività di circa il 40%.
I Tax Manager di KPMG, una delle prime società di consulenza e revisione al mondo, sono stati invece sottoposti a varie esercitazioni che hanno dimostrato come avere dipendenti allenati a mantenere un alto livello di felicità, riescono a trasformare la felicità stessa in abitudine, a vantaggio di sé stessi e del business.
Ancora: secondo uno studio di Gallup Healthways, società di consulenza americana che supporta manager e società nelle loro decisioni, ha rivelato come i dipendenti infelici si assentano 15 giorni all’anno in più rispetto agli altri, mentre le catene di retail, in cui i lavoratori sono soddisfatti, registrano in media profitti superiori rispetto alle altre.
Insomma: quando i dipendenti riescono ad agire in un contesto incoraggiante e positivo possono svolgere incarichi complessi con efficienza, senza accumulare tensioni e stress e ottenendo, al contempo, retribuzioni e soddisfazioni professionali superiori. Tutto ciò, ovviamente, si traduce in maggiori possibilità di crescita per l’azienda.
Cosa fa il manager della felicità
Da queste considerazioni nasce così il Chief Happiness Officer, una figura professionale che integra le competenze dell’HR con una visione più legata al business per amalgamare alla perfezione iniziative di welfare, politiche di sviluppo delle persone, stili di leadership e cultura dell’organizzazione creando un mix vincente per l’azienda. Detto in altre parole, il suo obiettivo è rendere il posto di lavoro un luogo felice, dove le persone si sentono valorizzate e motivate e le interazioni tra colleghi hanno conseguenze positive (e non negative). Così facendo, un’azienda riesce anche a trattenere i propri talenti, rendendoli più coinvolti nella mission di impresa.
Quali sono le regole a cui si deve attenere un manager della felicità per svolgere al meglio il proprio compito? Difficile dirlo. Secondo Hppy (HR & Employee Engagement News and Resources), una community statunitense delle Risorse Umane, ci sono in ogni caso otto linee guida da seguire: dare importanza ad ogni persona, trattandola con rispetto; garantire basi economiche adeguate per ciascun dipendente; consentire a ciascun lavorare di esprimere la propria voce e ascoltarlo con attenzione; assicurarsi che i valori aziendali siano conosciuti e apprezzati; consentire ai propri dipendenti di lavorare in modo libero e flessibile (smart working); sostenere la crescita delle persone; stimolare il lavoro di squadra e, infine, creare un ambiente di lavoro piacevole.
Assidai e il welfare
Anche Assidai è perfettamente consapevole che le politiche di total reward rivestono una grande importanza per una concreta attuazione del welfare all’interno delle aziende, perché i manager si aspettano che l’azienda stessa comprenda e favorisca sempre più l’equilibro tra vita lavorativa e vita privata. Allo stesso tempo, inoltre, le imprese considerano i benefit una leva di gestione e di crescita dell’individuo all’interno dei modelli di sviluppo aziendale.
In questo senso Assidai e i suoi pacchetti sanitari rappresentano un benefit esclusivo e di valore: un importante strumento a disposizione di datori di lavoro, dei responsabili delle risorse umane e degli altri decision maker aziendali per ricompensare, attrarre e trattenere talenti e collaboratori.
Il benessere individuale è la premessa per un buon clima aziendale e per il successo della propria azienda: per questo Assidai è a totale disposizione delle aziende per fidelizzare e motivare i dirigenti, i quadri, i dipendenti e i consulenti, favorendo la prevenzione e il mantenimento di un buono stato di salute per gli iscritti.