La contaminazione alimentare da metalli rappresenta sicuramente un tema da non sottovalutare e su cui, invece, riporre forte attenzione. L’arsenico, il cadmio, il piombo e il mercurio sono composti chimici che esistono in natura e che possono trovarsi nell’ambiente a varie concentrazioni, ad esempio nel terreno, nell’acqua e nell’atmosfera. Ma i metalli possono anche essere presenti nei cibi come residui, essendo già nell’ambiente a esito di attività umane come l’allevamento, l’industria e i gas di scarico di autoveicoli oppure a causa di una contaminazione avvenuta durante la lavorazione e la conservazione degli alimenti. Gli esseri umani possono dunque essere esposti a questi metalli tramite l’ambiente o per ingestione di cibi o acqua contaminati e il loro accumulo nell’organismo umano può causare, nel tempo, effetti dannosi.
Questi metalli sono oggetto di attenzione da parte di autorità internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che hanno valutato i rischi derivanti alla salute umana dalla loro assunzione attraverso la dieta. Anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha effettuato studi sull’esposizione alimentare per la popolazione italiana. I risultati?
Ad eccezione dei fumatori, la fonte numero uno di esposizione al cadmio – sottolinea l’Istituto Superiore di Sanità (che ha nel proprio sito un approfondimento sui metalli pesanti e i loro rischi) – è rappresentata dalla dieta. I principali alimenti responsabili sono: cereali, verdura e ortaggi, patate, crostacei e molluschi.
Il mercurio, invece, è legato soprattutto a determinate tipologie di pesce: al proposito l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare invita a ridurre il consumo, soprattutto in gravidanza e durante la prima infanzia, di grandi predatori come pesce spada, tonno e luccio e a sostituirlo con altri pesci, come il pesce azzurro o le orate, che contengono concentrazioni molto meno elevate di metilmercurio.
E se il riso è l’alimento che ha le più spiccate capacità di accumulare l’arsenico legate al particolare ambiente in cui avviene la coltivazione della pianta, per la contaminazione da nichel delle filiere alimentari vanno tenuti sotto controllo per prevenire possibili effetti cronici sulla salute – specialmente nei bambini – cereali, dolci, verdure e ortaggi, acqua e bevande alcoliche.
Contaminazione alimentare: il caso dell’alluminio
Va ricondotto a questo quadro, anche se rappresenta sicuramente un caso a parte, la possibile contaminazione alimentare da contatto con l’alluminio, che trova largo impiego nel settore alimentare. Con esso vengono infatti realizzati imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso o caffettiere. Per questo, il Ministero della Salute ha chiesto al Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (Cnsa) di esprimere un parere circa la valutazione del rischio derivante dall’utilizzo di materiali a contatto alimentare costituiti da alluminio e sue leghe, soprattutto per categorie di popolazione particolarmente vulnerabili (bambini e anziani). Ne è uscita un’analisi molto interessante (qui il documento completo) che sottolinea come
“l’alluminio, onnipresente nella nostra vita quotidiana, è uno dei metalli con riconosciuta potenziale pericolosità̀ per la nostra salute, anche considerando la presenza diffusa in molti alimenti e in molti altri prodotti di consumo”.
Il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, va ricordato, è un organo autorevole, autonomo e composto da 13 esperti (e un presidente) di comprovata esperienza nominati dal Ministero della Salute: il suo ruolo è tecnico-consultivo in materia di valutazione del rischio. Il Comitato si articola in due sezioni: una per la sicurezza alimentare e un’altra, consultiva, delle associazioni dei consumatori e dei produttori sempre in materia di sicurezza alimentare. La Sezione per la sicurezza alimentare, nel dettaglio, svolge consulenza tecnico-scientifica alle amministrazioni che si occupano di gestione del rischio nelle materie correlate alla sicurezza alimentare, formulando pareri scientifici su richiesta delle amministrazioni centrali e regionali.
Ebbene secondo il Cnsa, l’alluminio può interferire con diversi processi biologici e pertanto indurre effetti tossici in organi e sistemi: il tessuto nervoso è il bersaglio più vulnerabile. Questo metallo ha una biodisponibilità orale molto bassa nei soggetti sani anche se, per contro, la dose assorbita ha una certa capacità di bioaccumulo, specie per bambini piccoli, anziani e nefropatici. Inoltre, si aggiunge, l’alluminio può aumentare la morte neuronale e lo stress ossidativo a livello cerebrale; per cui non va escluso un ruolo nell’aggravare o accelerare i sintomi e l’insorgenza di patologie neurodegenerative umane.
La via primaria di esposizione per la popolazione generale è quella alimentare. La sua concentrazione negli alimenti può derivare da un background naturale o da emissioni ambientali; vi è inoltre un utilizzo di additivi alimentari a base di alluminio, che però è stato drasticamente ridotto a partire dal 2011. Attualmente, il principale fattore direttamente prevenibile è la contaminazione del cibo per contatto, ad esempio, per fenomeni migrazionali da utensili per la cottura o imballaggi. Per quanto generalmente modesta, la migrazione diventa marcata quando i materiali a base di alluminio vengono in contatto con cibi acidi (acido citrico) o contenenti sale. Alcuni studi effettuati con alimenti avvolti in fogli di alluminio e sottoposti a differenti tipi di cottura (in forno e grigliati sulla carbonella) hanno dimostrato che l’elevata temperatura comporta l’aumento della concentrazione dell’alluminio nell’alimento. Inoltre – continuano gli esperti – i dati disponibili indicano che i cereali e prodotti a base di cereali, verdure, bevande e formule per lattanti sono i principali determinanti dell’esposizione alimentare all’alluminio. L’acqua potabile rappresenta una fonte di esposizione secondaria. Un’ulteriore esposizione può infine derivare da medicinali e prodotti di consumo (ad esempio per la cura personale) che contengono composti dell’alluminio.
Lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) su 48 cibi
Il quadro delle ricerche in materia è stato arricchito da un recente paper dell’Istituto Superiore di Sanità, intitolato “Studio dell’esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare” che ha effettuato prove di cessione di alluminio da pentolame, utensili, barattoli, vaschette e film monouso di alluminio in contatto con 48 tipologie di preparazioni alimentari cotte e/o conservate in condizioni realistiche. Combinando l’incremento di alluminio con il consumo alimentare è stata stimata l’esposizione della popolazione italiana riferendola a diverse fasce di età (bambini, adolescenti, adulti, anziani), somministrando un questionario conoscitivo sulla frequenza di uso di materiali e oggetti di alluminio a contatto con alimenti nelle famiglie italiane. La conclusione?
L’esposizione all’alluminio da articoli monouso contribuisce in modo modesto all’incremento di alluminio assumibile ceduto in alimenti, rispetto alla esposizione da pentolame e utensili, fra i quali però il consumo di brodi è una delle maggiori fonti di esposizione, specialmente, per le fasce di età̀ dei bambini. Sicuramente un elemento su cui riporre particolare attenzione.
Come evitare i rischi dell’alluminio: istruzioni per l’uso
Come evitare questa tipologia di contaminazione? Sono molto utili alcuni semplici accorgimenti considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto – sottolinea il Ministero della Salute in una recente campagna per il corretto utilizzo dell’alluminio in cucina – è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento. C’è un altro elemento da tenere ben presente: nei soggetti sani il rischio tossicologico dell’alluminio è limitato per via dello scarso assorbimento e della rapida escrezione attraverso i reni. I gruppi di popolazione più vulnerabili alla tossicità orale di questo metallo – come detto – sono invece quelli con diminuita capacità escretoria renale: cioè anziani, bambini sotto i tre anni, donne in gravidanza e tutti quei soggetti con malattie renali.
In ogni caso, anche per la contaminazione da alluminio, la parola chiave è sempre la stessa: prevenzione. Un valore chiave anche per Assidai, che ogni anno offre gratuitamente ai propri iscritti campagne di prevenzione (nel 2019 contro il melanoma) finalizzate a ridurre l’incidenza delle malattie croniche o quanto meno a diagnosticarle in anticipo visto che, statisticamente, sono i principali killer a livello mondiale, soprattutto nei Paesi occidentali.
3 consigli dal Comitato nazionale per la sicurezza alimentare
Per concludere qualche indicazione più pratica: va ricordato innanzitutto che in Italia, con decreto ministeriale dell’aprile 2007, sono state previste specifiche disposizioni in materia di contaminazione da alluminio. In particolare i contenitori in questo metallo devono riportare in etichetta una o più delle seguenti istruzioni:
- non idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi o fortemente salati;
- destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate;
- destinato al contatto con alimenti a temperature non refrigerate per tempi non superiori alle 24 ore;
- destinato al contatto per tempi superiori alle 24 ore a temperatura ambiente solo per i seguenti alimenti: prodotti di cacao e cioccolato, caffè, spezie ed erbe per tisane e infusi, zucchero, cereali e prodotti derivati, paste alimentari non fresche, prodotti di panetteria, legumi secchi e prodotti derivati, frutta secca, funghi secchi, ortaggi essiccati, prodotto della confetteria, prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio.
Tutto ciò – è bene sottolineare – non si applica ai materiali e agli oggetti di alluminio ricoperto purché lo strato a diretto contatto con gli alimenti costituisca un effetto barriera.
Inoltre, il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare fornisce altri tre consigli molto chiari:
- non graffiare i contenitori, ledendo così la patina protettiva dell’alluminio anodizzato;
- evitare il contatto diretto di alimenti acidi o salati con fogli di alluminio;
- non conservare alimenti in contenitori di alluminio dopo la cottura e per lunghi tempi.