Una spesa sanitaria pari all’8,9% del Prodotto Interno Lordo, leggermente sotto la media europea (pari al 9,9%) e caratterizzata da una fetta di “out of pocket”, cioè pagata direttamente dalle famiglie, pari al 22%, dato superiore rispetto alla media del Vecchio Continente. Questo è il principale risultato che emerge dall’ultima analisi della sanità italiana da parte di Eurostat, l’Istituto di Statistica dell’Unione Europea. Uno studio dettagliato diffuso proprio nei giorni scorsi che sostanzialmente conferma le principali caratteristiche del Sistema Sanitario Nazionale e, con esse, le azioni da mettere in campo per migliorare la sua sostenibilità nel medio e lungo periodo alla luce anche del trend d’invecchiamento della popolazione. Azioni che, come più volte sottolineato da Assidai, non devono assolutamente prescindere dalle caratteristiche che tutto il mondo invidia alla sanità pubblica – universalità, equità e anche efficienza (a maggior ragione con la razionalizzazione della spesa avvenuta negli ultimi anni) – e che allo stesso tempo devono vedere il privato in un’ottica di complementarietà e di supporto, e non di alternativa, al pilastro pubblico.
Entrando nel dettaglio dell’analisi di Eurostat e partendo dal dato relativo alla spesa sanitaria corrente, la Francia spicca con una percentuale pari all’ 11,5% in rapporto al prodotto interno lordo. A seguire ci sono Germania (11,1%) e Svezia (11,0%). Per guardare in coda alla classifica, invece, ben 12 Stati membri sono sotto il 7,5% con la Romania fanalino di coda che registra il rapporto più basso (5,0%). L’Italia come anticipato è all’8,9% a fronte di una media UE pari al 10% del Prodotto Interno Lordo, per la precisione il dato comunitario si attesta al 9,9%.
Bisognerebbe tenere conto dell’inflazione, ma va anche precisato che sia le spese sanitarie sia il Prodotto Interno Lordo (PIL) sono entrambi influenzati dalle variazioni dei prezzi e quindi, combinando i due indicatori in un unico indicatore, l’impatto dei prezzi stessi può considerarsi annullato. Guardando i valori assoluti, invece, la prima è la Germania con una spesa sanitaria corrente pari a 352 miliardi di euro, seguita da Francia (257 miliardi), Regno Unito (234 miliardi) e Italia (150 miliardi) mentre la Spagna si attesta a 100 miliardi.
Un altro elemento rilevante da analizzare è rappresentato dalle fonti di finanziamento dei sistemi sanitari: un dato che fa emergere chiaramente le forze e le debolezze dell’Italia rispetto alla media europea. Nell’Unione Europea a 28 Paesi, i Governi hanno finanziato in media il 36,7% delle spese sanitarie mentre i regimi obbligatori di assicurazione sanitaria contributiva e i conti di risparmio medico sono arrivati al 42,7%. Per quanto riguarda i finanziamenti pubblici il nostro Paese spicca con il 74,4% e davanti a noi ci sono soltanto i “giganti” welfare scandinavi come la Danimarca (84,1%), la Svezia (83,4%) e la Norvegia (74,3%), oltre alla Gran Bretagna (79,4%). Il rovescio della medaglia invece è rappresentato dalla cosiddetta “spesa out of pocket”, cioè dalle prestazioni non coperte dalla sanità pubblica e a cui i cittadini devono fare fronte attingendo direttamente alle proprie tasche. Qui, in realtà, il vero nodo è rappresentato dalla mancanza di “intermediazione” – attraverso forme di assistenza sanitaria integrativa – di queste spese. Numeri alla mano, la media nella UE a 28 (esclusa Malta) della spesa out of pocket è stata pari al 15,7% e in Italia è arrivata al 22,9%. Va detto che Lettonia, Cipro e Bulgaria hanno superato il 40%, Malta e Grecia oltre un terzo del dato complessivo, ma i nostri partner europei di riferimento sono stati ben al di sotto di questo valore: la Francia è la migliore con il 9,8% e la Germania si attesta al 12,7% mentre la Spagna ha un attitudine peggiore della nostra con il 23,8%. Non stupisce così che in Italia la spesa sanitaria coperta dal pilastro integrativo, sottoscritto in modo volontario e non obbligatorio, sia ridottissima e pari all’1,7% contro il 3,6% della media europea, il 6,7% della Francia e il 6,1% dell’Olanda, indicando così che c’è ancora molto da lavorare su questo fronte.
La conclusione del rapporto Eurostat è semplice: per quanto universale, il Servizio Sanitario Nazionale deve fare fronte a sfide impegnative, in primis le crescenti ristrettezze di bilancio del Governo centrale e l’invecchiamento della popolazione, che potrebbero mettere a rischio la sua sostenibilità e la qualità delle prestazioni offerte ai pazienti. Per questo il supporto offerto dal pilastro integrativo può rappresentare un valido strumento per la sanità pubblica e per evitare ai cittadini eventuali difficoltà finanziarie qualora costretti a ricorrere a prestazioni non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN).