Garantire a tutti gli individui e a tutte le comunità la possibilità di ricevere i servizi sanitari di cui hanno bisogno senza dover fronteggiare difficoltà economiche: questo è il significato della copertura sanitaria universale, un fronte su cui, da anni, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) è impegnata in prima linea e che purtroppo è ancora lontano dall’essere raggiunto. In particolare, l’obiettivo è garantire da una parte l’erogazione e l’accesso a servizi sanitari di alta qualità e dall’altra la protezione dal rischio finanziario per le persone che hanno la necessità di ricorrere a tali cure.
L’espressione servizi sanitari si riferisce a un’ampia gamma di prestazioni che comprende metodi di promozione della salute, prevenzione, trattamento, riabilitazione e cure palliative, oltre all’assistenza sanitaria nelle comunità, nei centri sanitari e negli ospedali. La protezione dal rischio finanziario è parte integrante del pacchetto di misure mirate alla protezione sociale complessiva: è altrettanto importante, infatti, che una persona possa curarsi senza peggiorare in misura significativa la propria condizione economica.
Metà del pianeta senza copertura sanitaria completa
L’attuale situazione mondiale è ancora lontana dal pieno raggiungimento degli obiettivi. Dai dati analizzati, almeno la metà dei 7,3 miliardi di persone nel mondo non gode ancora di una copertura completa dei servizi sanitari essenziali (anche se si riscontra un trend in miglioramento dal 2000); oltre 100 milioni di persone ogni anno cadono in estrema povertà per fronteggiare spese sanitarie personali; il 12% della popolazione mondiale più ricca (Europa e America e alcuni Paesi dell’Asia) ogni anno destinano il 10% del budget famigliare a spese sanitarie personali, cioè “out of pocket”. Senza contare, fa notare ancora l’OMS, l’enorme somma che si potrebbe risparmiare in termini di spese mediche e di assistenza ai malati se davvero in tutto il mondo si potesse contare su una copertura sanitaria universale e su una adeguata “cultura” della prevenzione.
Il quadro, insomma, è chiaro e ci permette di ritrovare – su scala globale – tutti i temi e i principi su cui si regge il modello e la filosofia di Assidai. Ovvero: la necessaria presenza di un Servizio Sanitario pubblico e l’auspicabile sviluppo di un complementare pilastro integrativo che contribuisca alla sostenibilità della componente pubblica, riducendo al contempo le spese out of pocket (tallone d’Achille, tra i Paesi industrializzati, soprattutto dell’Italia). In questo contesto, ad ogni modo, l’OMS ha fissato un obiettivo finale ambizioso: garantire la copertura sanitaria essenziale a tutta la popolazione mondiale entro il 2030 mentre il target più a breve termine, cioè entro il 2023, è estenderla ad almeno a un altro miliardo di persone nel mondo e dimezzare a 50 milioni il numero di coloro che finiscono in povertà estrema a causa delle spese sostenute per la propria salute.
Tre strade verso la copertura sanitaria
Come centrare questi obiettivi? La risposta dell’OMS è semplice e si articola su tre azioni principali.
Innanzitutto, bisogna lavorare sui sistemi sanitari nazionali, rafforzandone le strutture finanziarie, anche ricorrendo alla sanità integrativa. Laddove i cittadini pagano di tasca propria per ricevere cure, e più poveri sono addirittura costretti a rinunciarvi – sottolinea l’OMS – bisogna favorire lo sviluppo di fondi sanitari integrativi o di assicurazioni obbligatorie che consentano di diminuire il rischio finanziario legato a una malattia.
In secondo luogo, un ruolo cruciale spetta alla popolazione lavorativa sana che deve sottoporsi a screening e protocolli di prevenzione che aiutano a preservare la propria salute o a scoprire, con buon anticipo, malattie croniche dagli effetti potenzialmente devastanti.
Infine, c’è il tema della ricerca: quando gli Stati membri dell’OMS si sono impegnati a raggiungere la copertura sanitaria universale hanno lanciato anche un’agenda per accelerare quel processo che porta a trasformare le idee promettenti in soluzioni pratiche per il miglioramento dei servizi sanitari, e di conseguenza per il miglioramento della salute. La ricerca è stata e sarà sempre fondamentale per il miglioramento della salute umana.
In ogni caso, l’OMS ha messo a punto il portale “The Global Health Observatory” dedicato alla visualizzazione interattiva dei dati sulla copertura sanitaria universale al fine di tracciare i progressi fatti nel mondo verso il raggiungimento di questo obiettivo dove si possono consultare i passi avanti fatti nel pianeta.
L’Italia al top nella classifica dell’OMS
Come si valuta, nella sostanza, la presenza o meno della copertura sanitaria essenziale in un determinato Paese? L’OMS utilizza 16 servizi sanitari essenziali suddivisi in quattro categorie come indicatori del livello e della equità della copertura nei vari Stati.
Si parte dalla salute riproduttiva, materna, neonatale e infantile in cui si valutano, tra l’altro, l’assistenza prenatale e il parto e l’immunizzazione completa del bambino. In secondo luogo, c’è il tema delle malattie infettive, in particolare il trattamento di tubercolosi e HIV, la copertura di zanzariere trattate con insetticida per la prevenzione della malaria e servizi igienici adeguati. In terzo luogo, c’è il tema cruciale delle malattie non trasmissibili, di cui si valuta prevenzione e trattamento. Infine, viene analizzata la capacità di servizio e accesso agli ospedali e alle strutture sanitarie.
La buona notizia è che in base a questi parametri il Servizio Sanitario Nazionale italiano spicca in Europa e nel mondo. Si attesta infatti sui livelli di Francia, Gran Bretagna, Olanda, Giappone e Stati Uniti (tutti Paesi con un punteggio superiore a 80 punti su un totale massimo raggiungibile di 100), sopravanzando di un punto la Germania, che si ferma a 79. L’ennesima conferma del ruolo essenziale della sanità pubblica italiana, che tuttavia va difesa – nei suoi principi e nelle sue caratteristiche distintive – favorendo lo sviluppo di un secondo pilastro privato, che garantirà la sostenibilità del SSN alla luce delle dinamiche demografiche e delle ristrettezze di spesa pubblica.