Prima di tutti i numeri. Secondo l’OCSE – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico che raggruppa i principali 36 Paesi industrializzati – l’Italia tra il 1995 e il 2017 ha registrato un incremento della produttività del lavoro dello 0,3% contro un aumento medio (sempre nell’OCSE) dell’1,47%.
Come colmare questo gap? Secondo gli esperti una delle leve possibili che possono essere sfruttate è sicuramente quella del welfare aziendale. Del resto, ed è questa una posizione sostenuta da diverso tempo anche da Assidai, il benessere personale e un corretto bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata (il cosiddetto work-life balance) fanno bene ai manager e ai dipendenti in generale, perché accrescono il benessere organizzativo all’interno di un’azienda e il livello di energia e motivazione dei singoli. Secondo Assidai, il welfare aziendale deve essere dunque visto come uno strumento da mettere a disposizione dei lavoratori e, in particolare, dei propri manager, quadri e professionisti iscritti che, alla luce dei gravosi impegni lavorativi e della scarsità di tempo libero a disposizione, dimostrano sempre più di apprezzare una struttura flessibile ed efficiente, come quella del nostro Fondo di assistenza sanitaria integrativa. Da svariati studi e ricerche emerge, peraltro, come proprio l’assistenza sanitaria sia tra i benefit più richiesti a livello di welfare aziendale.
L’Italia ultima in termini di produttività aziendale
Secondo l’OCSE, l’Italia è tra i fanalini di coda dell’Europa e tra i principali Stati industrializzati quanto a produttività del lavoro. Una debolezza che, tuttavia, rappresenta al tempo stesso una grande occasione, poiché il nostro Paese ha margini di crescita e miglioramento superiori rispetto a molti altri partner europei e mondiali. Nel dettaglio, sottolinea l’Organizzazione, tra il 1995 e il 2017 l’aumento della produttività del lavoro nel nostro Paese, ossia il Prodotto Interno Lordo per ore lavorate, è stato dello 0,3%, il più basso tra le 40 economie prese in considerazione (le 36 OCSE più alcuni Paesi partner), a fronte di un aumento medio OCSE dell’1,47%. Sempre considerando questi dati, presa come base 100 la produttività degli Stati Uniti, l’Italia si ferma a 78, la Germania è al 98, la Francia al 94, mentre Irlanda e Lussemburgo si collocano a 135 e la Norvegia a 112. Non solo: tra il 2010 e il 2016 la produttività italiana è aumentata solo dello 0,14% medio annuo, dato peggiore in assoluto dopo quello della Grecia (-1,09%). Ma prima della grande crisi, tra il 2001 e il 2007, il nostro Paese è risultato l’ultimo in assoluto, con una flessione dello 0,01% annuo, unico segno meno tra la quarantina di Paesi considerati dallo studio OCSE.
Nuove misure di potenziamento del welfare aziendale
Ecco perché il welfare aziendale, in Italia, potrebbe essere uno strumento utile per alleviare il cronico problema della produttività. Al proposito, secondo indiscrezioni, in un disegno di legge di imminente presentazione potrebbero essere introdotte nuove misure che puntano a potenziare le agevolazioni per il welfare aziendale. In particolare, potrebbe essere incrementato da 3mila a 5mila euro l’importo dei premi di risultato soggetto a detassazione, a fronte di un dimezzamento dell’imposta sostitutiva dal 10 al 5%. Va ricordato che la Legge di Bilancio 2019, approvata nei mesi scorsi, non aveva previsto nuovi incentivi in materia. Incentivi che invece erano stati lanciati con la Manovra del 2017 che, così come quella del 2016, era intervenuta principalmente in due direzioni. Da una parte aveva deciso per un “allargamento” del perimetro del welfare aziendale che non concorre al calcolo dell’Irpef. Dall’altra parte aveva ampliato, nei numeri, l’area della tassazione zero per i dipendenti che scelgono di convertire i premi di risultato del settore privato di ammontare variabile in benefit compresi nell’universo del welfare aziendale stesso. In alternativa, come già previsto, i benefit saranno soggetti a un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento.
Più nel dettaglio, il tetto massimo di reddito di lavoro dipendente che consente l’accesso alla tassazione agevolata era stato aumentato da 50mila a 80mila euro, mentre gli importi dei premi erogabili erano passati da 2 mila a 3 mila euro nella generalità dei casi e da 2.500 a 4mila euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Numeri che, in assenza di provvedimenti ufficiali, valgono ovviamente ancora oggi.