Quanto pesa in Italia la spesa per prestazioni sociali, cioè pensioni, assistenza e sanità? La risposta a questa domanda è cruciale per capire gli equilibri attuali e soprattutto futuri del nostro Paese e di riflesso, per intuire, quale ruolo possono giocare i fondi sanitari integrativi in questo scenario.
Ebbene, secondo il sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, curato del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e diffuso di recente, il peso della spesa per “welfare” in senso lato è pari al 54,01% di tutta la spesa pubblica italiana (comprensiva degli interessi sul debito). In altre parole, lo Stato spende un euro su due del proprio bilancio per coprire pensioni, assistenza e sanità. Non solo: l’incidenza rispetto al PIL, considerando anche altre funzioni sociali e le spese di funzionamento degli enti che gestiscono il welfare, sfiora il 30%, uno dei valori più alti in Europa a 27 Paesi. Tradotto in numeri: nel 2017 la spesa pubblica totale è stata di 839,5 miliardi di cui 453,5 miliardi per il welfare.
Per quanto tempo sarà ancora sostenibile questo trend? Difficile prevederlo, ma una cosa è certa: le crescenti ristrettezze di spesa a livello centrale e il graduale invecchiamento della popolazione sono due dinamiche che chiamano direttamente in causa quello che viene definito “il secondo pilastro” – che comprende anche i fondi sanitari integrativi come Assidai – per fornire un sostegno cruciale al welfare pubblico, di cui fa parte il Servizio Sanitario Nazionale, che secondo la visione di Assidai deve attuarsi sempre in un’ottica di complementarietà e non di sostituzione.
Insostenibile la spesa assistenziale italiana
Analizzando nel dettaglio il rapporto realizzato da Itinerari Previdenziali, si scopre che, benché in leggera crescita, le spese pensionistiche e sanitarie sono sotto controllo ormai da anni, mentre risulta sempre più insostenibile il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale, arrivato a 110,15 miliardi di euro nel 2017. In particolare, lo sviluppo della spesa sanitaria dal 2013 al 2017 (quando ha raggiunto la quota di 113 miliardi) ha visto “un incremento modesto (3,7%) a fronte di un rapido invecchiamento della popolazione che incide su questa spesa”, evidenzia il rapporto.
Per quanto riguarda la spesa pensionistica, cioè la principale componente della “gamba” previdenziale del welfare, al netto dell’assistenza ha fatto registrare dal 2013 un aumento medio pari allo 0,88%, attestandosi nel 2017 a circa 220 miliardi di euro. Ciò significa – sottolinea lo studio – che la dinamica della spesa per le pensioni è sotto controllo e le riforme hanno colto l’obiettivo di stabilizzarla. Ciò detto, il vero nodo per la sostenibilità del welfare italiano si scopre essere rappresentato dalle attività assistenziali, il cui costo (a carico della fiscalità generale) è arrivato nel 2017 a 110,15 miliardi (107,374 nel 2016, 103,673 nel 2015, 98,44 nel 2014, 93,2 nel 2013 e 83,5 del 2012). In 6 anni il tasso di crescita dei trasferimenti e quindi delle spese per assistenza (+26,65 miliardi) è stato pari al 5,32%: un incremento superiore al tasso d’inflazione e al PIL e sicuramente da sorvegliare con grande attenzione.
La spesa sanitaria privata e Long Term Care (LTC)
Molto interessante, nel rapporto di Itinerari Previdenziali, anche un focus specifico sul sistema di welfare complementare, inteso come accesso a prestazioni sanitarie, di assistenza e di previdenza appunto complementari. Il dato è pari a quasi 70 miliardi ed è in sensibile crescita rispetto all’anno precedente (62 miliardi di euro nel 2016, con un +12%), un incremento dettato anche dal cambiamento dei metodi di contabilizzazione di alcuni dati. In ogni caso la voce più consistente di spesa è ancora quella della spesa sanitaria out of pocket: 35,9 miliardi che, aggiungendo il valore della spesa per sanità intermediata, raggiunge e supera la soglia dei 40 miliardi di euro. Vale a dire un terzo del totale della spesa sostenuta dal sistema pubblico per offrire cure mediante il Servizio Sanitario Nazionale.
Risulta in crescita, inoltre, anche la voce di spesa per la copertura della non autosufficienza, la cosiddetta Long Term Care (LTC). Per calcolarla sono state sommate le poste relative alla spesa per assistenza domiciliare pari a 18,9 miliardi di euro e per assistenza residenziale (per la quota parte a carico dei singoli e delle famiglie) pari a circa 4,2 miliardi di euro, più 90 milioni di euro per la raccolta del ramo assicurativo IV vita per LTC e dread disease. Il tutto per un totale di 23,1 miliardi circa. A questi è stato sottratto il totale degli assegni di accompagnamento riconosciuti dallo Stato italiano pari, per il 2017, a 12,4 miliardi: si ottiene così un valore finale di circa 10,7 miliardi.
Una somma rilevante, che ricade direttamente sui bilanci delle famiglie e che conferma la validità dell’impegno di Assidai sul fronte della non autosufficienza – Long Term Care (LTC), migliorando per la terza volta in cinque anni le prestazioni. In particolare, per il caponucleo iscritto al nostro Fondo sanitario e il coniuge o convivente more uxorio, aventi un’età non superiore a 65 anni e i figli fino a 26 anni, è stata aumentata la rendita vitalizia con importi maggiorati in caso di figlio minorenne o disabile. Se invece l’evento che determina lo stato di non autosufficienza avviene dopo il 65° anno di età, per il caponucleo iscritto ad Assidai e/o il relativo coniuge o convivente more uxorio, è stata prevista l’estensione per un ulteriore mese dell’assistenza infermieristica domiciliare.