Risultati di assoluta eccellenza in termini di esiti aggregati di salute e una buona performance complessiva sugli stili di vita – sebbene molto rimanga ancora da fare su questo fronte – ottenuti con livelli di spesa estremamente contenuti rispetto ai principali partner europei.
È questo, in estrema sintesi, il quadro del Servizio Sanitario Nazionale tracciato dalla 14esima edizione del Rapporto Sanità, pubblicato di recente e realizzato da ricercatori dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” coordinati dal Professor Federico Spandonaro, nell’ambito delle attività di studio svolte dal Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità). Data la rilevanza del Rapporto Sanità, nel corso degli anni Assidai ha analizzato nel dettaglio i suoi numeri e le sue analisi: lo scorso anno, inoltre, proprio in occasione della presentazione del 13esimo Rapporto Sanità, “Welfare 24” – newsletter realizzata da Assidai in collaborazione con il gruppo Sole 24 Ore – ha intervistato il presidente di C.R.E.A. Sanità, Federico Spandonaro. Senza dimenticare le ricerche, altrettanto interessanti, collegate al Rapporto stesso come quella sul rapporto tra prevenzione e welfare aziendale presentata su Welfare 24.
Le tre analisi
Nell’anno che celebra il 40esimo compleanno del nostro SSN, l’approccio del Rapporto si muove in particolare in tre direzioni.
Innanzitutto, stimola a riflettere sulle azioni necessarie per garantire la sostenibilità di lungo periodo della sanità pubblica, che rappresenta certamente una priorità per il Paese.
In secondo luogo, rende merito ai professionisti che operano nel settore, “che da anni operano con dedizione e competenza, malgrado le tante difficoltà economiche e organizzative”, si legge nella ricerca.
Infine, il Rapporto mette in risalto la fondamentale funzione redistributiva del SSN, che permette alle Regioni del Sud di avere esiti di salute, sebbene inferiori a quelli del Nord, incomparabilmente migliori di quelli delle aree europee con risorse assimilabili.
“L’equità del sistema rimane, quindi, la sfida più importante e, allo stesso tempo, la ragion d’essere della Sanità pubblica, anche a 40 anni dall’istituzione del SSN”
sintetizzano i ricercatori di Tor Vergata. Equità, universalità e sostenibilità di lungo periodo sono concetti che rappresentano anche i capisaldi dello spirito di Assidai, Fondo sanitario integrativo senza fini di lucro che si pone da sempre in un’ottica di complementarietà rispetto alla Sanità pubblica.
Italia leader europea in salute e guarigioni
Vediamo ora qualche numero nel dettaglio. L’ottima performance della sanità italiana, in termini di esiti aggregati di salute, è dimostrata dal fatto che l’aspettativa di vita – 85,6 anni per le donne e 81 per gli uomini, è seconda solo alla Spagna (e con ben 8 Regioni tricolori che vanno meglio anche del Paese “leader”), per quella a 65 anni è dietro solo a Francia e Spagna, per quella senza disabilità è seconda solo alla Svezia.
In pratica un italiano può sperare di vivere in assenza di malattie invalidanti sino a 58,8 anni, con un incremento di 1 anno realizzatosi negli ultimi dieci anni. La speranza di vita senza limitazioni nelle attività quotidiane, a 65 anni, assume un valore in Italia pari a 9,8 anni ed è in aumento rispetto al 2010 di quasi un anno, tra l’altro, dimostrando che è in atto un miglioramento generale dei livelli di salute e dell’autosufficienza. Molto indicativo anche il fatto che, per i tumori, l’Italia ha una mortalità standardizzata inferiore alla media dei Paesi europei. Come anche inferiori risultano essere i tassi di mortalità evitabile: 107,3 decessi in meno ogni 100mila abitanti rispetto all’Unione Europea. Anche l’efficacia e l’efficienza ospedaliera sono molto alte: l’Ocse, nell’ultimo “Italy Health Profile” riconosce, ad esempio, che abbiamo la miglior performance fra i Paesi considerati in termini di mortalità ospedaliera in caso di infarto.
Le sfide del futuro e le spese private per la sanità
Tutto bene dunque? Non proprio. Il Rapporto fa notare che la spesa sanitaria italiana è ormai inferiore del 31,3% rispetto alla media dei principali partner europei con una stabilizzazione del divario solo apparente e determinata invece dalla massiccia contrazione nominale della spesa sanitaria dovuta alla crisi della Grecia e alla Brexit. Di pari passo, purtroppo, la spesa privata pro-capite italiana tra il 2012 e il 2017 ha registrato un tasso di crescita superiore alla media UE, portandosi a ridosso di 38 miliardi, per la precisione a 37,8 miliardi.
Tutto ciò porta così a mettere a rischio l’equità, che rappresenta invece un punto di forza del nostro sistema. Il 79% delle famiglie italiane (circa 20,4 milioni di nuclei) ha speso per consumi sanitari nel 2017 contro il 58% del 2013. In più, il 17,6% delle famiglie (ben 4,5 milioni) ha dichiarato di avere cercato di limitare le spese sanitarie per motivi economici e, di queste, 1,1 milioni di famiglie le hanno annullate del tutto. In generale, il disagio economico per le spese sanitarie, visto come combinazione di impoverimento per consumi sanitari e rinunce agli stessi per motivi economici, è sofferto dal 5,5% delle famiglie ed è significativamente superiore nel Sud del Paese (dal 7,9% dei nuclei).
È la riprova che, anche in prospettiva, il SSN non può reggere ancora a lungo da solo le sfide demografiche e di spesa pubblica senza vedere scalfiti i propri punti di forza. I fondi sanitari integrativi come Assidai possono, in quest’ottica, offrire il proprio contributo per garantire la sostenibilità nel tempo della sanità pubblica e l’accesso universale alle cure ai cittadini.