Per la terza volta in cinque anni il Fondo migliora le tutele per gli iscritti under e over 65 anni con ulteriori vantaggi, come aumenti di rendite e massimali mensili.
Con l’inizio del nuovo anno Assidai migliora ancora – per la terza volta in cinque anni – le tutele in caso di non autosufficienza a favore degli iscritti. Dopo la svolta impressa nel 2015 (quando la copertura era stata estesa anche al coniuge o al convivente more uxorio dell’iscritto) e quella del 2017 (tra l’altro furono introdotti un aumento della rendita per gli under 65 e prestazioni più ricche per gli over 65), il Fondo ha deciso di “rilanciare” ancora nel 2019.
I vantaggi della Long Term Care di Assidai
Che cosa cambia nel dettaglio e come? Anche questa volta bisogna distinguere tra l’iscritto sotto i 65 anni di età o sopra questa soglia. Nel primo caso, per le prestazioni in caso di non autosufficienza garantite a favore del caponucleo (iscritto) e del coniuge/convivente more uxorio o dei figli risultanti dallo stato di famiglia fino al 26° anno di età (siano essi legittimi, naturali, legittimati, adottivi e in affido preadottivo) la rendita vitalizia aumenta. Con tre distinguo:
- nel caso standard da 1.100 euro (13.200 euro annui) a 1.200 euro (14.400 euro annui);
- se il figlio è minorenne da 1.430 euro (17.160 euro annui) a 1.560 euro (18.720 euro annui);
- se il figlio è disabile da 2.200 euro (26.400 euro annui) a 2.400 euro (28.800 euro annui).
Diverso il discorso se l’iscritto ha più di 65 anni: in questo caso per il caponucleo iscritto e/o il relativo coniuge/convivente more uxorio, è stata prevista l’estensione dell’assistenza infermieristica domiciliare, che prevede un massimale di 1.000 euro mensili, per un ulteriore mese e quindi per un massimo di 300 giorni per anno assicurativo per assistito (in precedenza era di 270 giorni).
Questa ulteriore mossa di Assidai, che va innanzitutto a vantaggio e tutela degli iscritti, dimostra ancora una volta come il Fondo sia da sempre in prima linea sulle coperture Long Term Care, un tema destinato ad avere sempre più peso in Italia e negli altri Paesi europei alla luce del trend di invecchiamento della popolazione e delle difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale. In Italia – va sottolineato – non esiste una vera e propria esperienza in ambito di coperture LTC come succede invece in altri Paesi europei. Assidai, invece, fin dal 2010 ha deciso in modo assolutamente innovativo di essere accanto ai propri iscritti introducendo le coperture del rischio di non autosufficienza che, nel giro di pochi anni, hanno visto aumentare il livello delle prestazioni garantite.
La definizione di Long Term Care per Assidai
La definizione di non autosufficienza varia in base all’età dell’assistito. Fino a 65 anni la perdita di autosufficienza avviene quando l’assistito a causa di una malattia, di una lesione o della perdita delle forze si trovi in uno stato tale da aver bisogno, prevedibilmente per sempre, quotidianamente e in misura notevole, dell’assistenza di un’altra persona nel compiere almeno quattro delle seguenti sei attività elementari della vita quotidiana: lavarsi, vestirsi e/o svestirsi, mobilità, spostarsi, andare in bagno, bere e/o mangiare.
Dal 66esimo anno di età, la perdita di autosufficienza avviene quando l’assistito è incapace di compiere in modo totale, e presumibilmente permanente, almeno tre delle attività elementari della vita quotidiana (sopra citate) e necessita di assistenza continuativa da parte di una terza persona per lo svolgimento delle stesse.
Studio sulla Long Term Care di Cergas Sda Bocconi
In merito alla Long Term Care è interessante l’analisi dello studio promosso da Cergas Sda Bocconi, che sottolinea come le prestazioni pubbliche raggiungano solamente il 31,8% della popolazione non autosufficiente bisognosa di prestazioni specifiche.
L’Italia invecchia e ci sono sempre più over 65 non autosufficienti (per la precisione 2.847.814 di persone, uniformemente distribuite su tutte le Regioni), ma le risorse investite restano le stesse. È questo in sintesi il messaggio lanciato dal primo rapporto sull’innovazione e il cambiamento nel settore Long Term Care (LTC), realizzato dal Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) Sda Bocconi, che rimarca il ruolo di un “esercito silenzioso” di ben 8 milioni di caregiver familiari, i quali ogni giorno assistono i propri cari non più autonomi affiancandosi a 983mila badanti (di cui il 60% sono irregolari).
I servizi di welfare pubblico più tradizionali (strutture residenziali, centri diurni e assistenza domiciliare) raggiungono solamente il 31,8% della popolazione bisognosa di LTC: basti pensare che i posti letto in strutture residenziali per anziani sono 270.020 (fonte del Ministero della Salute), ovvero circa un posto ogni 100 anziani non autosufficienti. Nel tempo, peraltro, i bisogni espressi dalle famiglie sono tuttavia diventati sempre più complessi, crescendo rapidamente e non trovando una facile e chiara collocazione nelle politiche pubbliche. Quest’ultime nel 2016 hanno speso per la Long Term Care l’1,8% del Pil, di cui circa due terzi della somma complessiva destinati a soggetti con più di 65 anni.
Si viene così a creare un sistema per la non autosufficienza a più velocità: da un lato le famiglie che sono riuscite ad accedere ai servizi finanziati dal sistema pubblico più protette e tutelate, dall’altra quelle che auto-organizzano l’assistenza con modelli emergenti e, ipotesi peggiore, quelle che rimangono sole, non riuscendo a organizzare in nessun modo il lavoro di cura. Il rischio è che si formi una forbice sempre più ampia tra i tre gruppi, con l’attenzione del policy maker pubblico rivolta ai primi (che corrispondono al 30% della popolazione) e gli altri completamente al di fuori di ogni rete di supporto.
Un aiuto, secondo lo studio di Cergas, potrebbe arrivare dall’innovazione tecnologica. In base a un sondaggio a cui hanno risposto 142 strutture per anziani, il 47% ha introdotto nell’ultimo periodo specifiche tecnologie come app, dispositivi di smart home, sensori di varia natura, dispositivi indossabili, con la finalità di rendere più efficiente ed efficace il caregiving e di migliorare la qualità dell’assistenza per l’anziano e la sua famiglia. Tuttavia, solo il 12% di queste è arrivato a un utilizzo maturo, mentre le altre sono ancora in fase di sperimentazione. Queste soluzioni sono riconosciute ad alto valore aggiunto, ma presentano ancora un potenziale inespresso che potrebbe rivoluzionare i modelli d’intervento nel settore con esiti difficilmente prevedibili sotto il profilo economico, della qualità e dell’equità.
L’innovazione potrebbe portare un aiuto: in base a un recente sondaggio il 47% delle strutture per anziani ha introdotto tecnologie, di cui tuttavia solo il 12% è arrivato a un utilizzo maturo.
C’è anche un “esercito silenzioso” di ben 8 milioni di caregiver familiari, che ogni giorno assiste i propri cari non più autonomi affiancandosi a 983mila badanti (di cui il 60% è irregolare).