La Corte dei Conti difende il Servizio Sanitario Nazionale che “ha preservato la qualità dei servizi ai cittadini” nonostante la razionalizzazione della spesa pubblica.
Il Servizio Sanitario Nazionale ha saputo proporre “scelte e metodologie organizzative profondamente innovatrici, in grado di preservare i livelli qualitativi dei servizi resi ai cittadini”. A maggior ragione visti i numerosi interventi in tema di razionalizzazione della spesa che si sono abbattuti sul comparto sanitario con tagli “spesso troppo lineari”. È una sentenza chiara quella emessa di recente dalla Corte dei Conti, per bocca del procuratore generale Alberto Avoli, che si è espresso nel tradizionale appuntamento della presentazione del “Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2017”. In altre parole, la sanità italiana conferma la propria solidità strutturale: a fronte delle persistenti difficoltà a far quadrare i conti pubblici, che inevitabilmente si riflettono anche sulle risorse a disposizione, continua infatti a garantire ai cittadini un servizio universalistico, gratuito (ticket permettendo) e di qualità. Caratteristiche che fanno del Servizio Sanitario un caso quasi unico al mondo, ma pongono inevitabilmente anche un tema di sostenibilità futura, che – a fronte anche dell’invecchiamento della popolazione – non potrà prescindere dallo sviluppo di una “stampella” privata (non alternativa, ma complementare al pubblico) con fondi integrativi come Assidai pronti a fare la propria parte.
Spesa in leggero aumento, calano deficit e debito
Secondo i numeri della magistratura contabile, nel 2017 la spesa sanitaria pubblica è stata pari a 117,47 miliardi (+1,34% rispetto al 2016), finanziata quasi interamente dal gettito tributario con una incidenza del 6,85% sul PIL, a fronte di una spesa pro capite salita a 1.939 euro dai 1.912 del 2016. In realtà, già a marzo la Corte dei Conti si era espressa sulla sanità italiana, sottolineando che, se confrontata con quelle dei maggiori Paesi europei, resta tra le (relativamente) meno costose, pur garantendo, nel complesso, l’erogazione di “buoni servizi”, anche se va tenuta alta la guardia sulla cosiddetta spesa out of pocket. Tra gli altri elementi positivi, inoltre, era stato sottolineato il calo del deficit (ridotto a 1 miliardo dai 6 miliardi di 10 anni prima e con buone prospettive di rientro) e l’abbattimento del debito verso i fornitori (-40% tra il 2012 e il 2016).
I trend negativi: investimenti e mobilità territoriale
La Corte dei Conti, tuttavia, ha evidenziato anche altri trend meno positivi che riguardano il Servizio Sanitario Nazionale. Tra questi, dando uno sguardo più approfondito alle varie componenti della spesa, spicca la contrazione della spesa per investimenti infrastrutturali e tecnologici, il che “determina e aggrava il significativo tasso di obsolescenza delle tecnologie a disposizione delle strutture”, sottolinea la magistratura contabile. Con un dato preoccupante: circa un terzo delle apparecchiature è operativo da più di 10 anni ed ha bisogno di frequenti manutenzioni che le rendono indisponibili per lungo tempo. Infine c’è il tema delle disparità territoriali, con differenze nella qualità e nella disponibilità dei servizi fra le varie Regioni: una situazione di diseguaglianza la cui prova lampante è la crescente incidenza della mobilità sanitaria, cioè il fatto che sempre più persone si spostino dalla sede di residenza per curarsi.
“Tra i trend meno positivi la contrazione della spesa per investimenti infrastrutturali e tecnologici e le disparità regionali che alimentano la crescente dinamica della mobilità territoriale”
“Nel 2017 la spesa sanitaria pubblica è stata pari a 117,47 miliardi (+1,34% sul 2016), finanziata quasi interamente dal gettito tributario, a fronte di una spesa pro capite salita a 1.939 euro rispetto ai 1.912 del 2016″