Oltre un terzo del ticket sanitario è pagato “per scelta” dai cittadini. Detto in cifre, dei quasi 2,9 miliardi di euro sborsati complessivamente per questa voce dagli italiani nel 2017, infatti, oltre 1 miliardo “è imputabile alla scarsa diffusione dei farmaci equivalenti in Italia”. Ad affermarlo, numeri alla mano, è il recente report “Ticket 2017”, realizzato dalla Fondazione Gimbe, che ha rielaborato i dati definitivi sulla compartecipazione alla spesa dei cittadini nel 2017.
Il concetto è molto semplice: 1 miliardo di euro è la somma addizionale pagata l’anno scorso da tutti gli italiani che hanno preferito acquistare un farmaco di marca rispetto al generico, affrontando per questo una spesa superiore. Si tratta, fa notare Gimbe, di circa 17 euro a testa, con le punte più alte al Centro-Sud. Il trend è in atto da tempo e poggia sulla scarsa diffusione in Italia dei farmaci equivalenti, documentata dall’Ocse, che ci ha collocato al penultimo posto su 27 Paesi sia per valore (8,4% su una media Ocse del 25%), sia per volume (19,2% contro il 51,5% ) del consumo di farmaci alternativi a quelli di marca. Basta “spacchettare” il ticket 2017 sui farmaci, che include per un importo complessivo superiore a 1,5 miliardi la quota fissa per la ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono l’articolo di marca rispetto all’equivalente; per tracciare una tendenza chiara: nel periodo 2013-2017, a fronte di una riduzione della quota fissa da 558 milioni a 498 milioni (-11%), la componente differenziale per acquistare il farmaco di marca è aumentato da 878 milioni a 1,05 miliardi, cioè del 20%.
Spesa, si allarga la forbice farmaci-prestazioni
Per allargare ulteriormente l’obiettivo della nostra analisi, nel 2017 le Regioni hanno incassato per i ticket quasi 2,9 miliardi, che corrispondono ad una quota pro-capite di 47,6 euro, di cui gli 1,549 miliardi (25,5 euro procapite) sono legati ai farmaci e 1,33 miliardi (22,1 euro procapite) alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, incluse quelle di pronto soccorso. Ebbene, se si considera il periodo 2014-2017, la dinamica in questione emerge in modo ancora più netto: l’ammontare complessivo del ticket è rimasto stabile attorno a 2,9 miliardi, ma la forbice tra la spesa per farmaci e quella per prestazioni, praticamente inesistente quattro anni fa, si è allargata a dismisura con la prima voce che è aumentata del 7,9% e la seconda che è calata del 7,7%.
Il motivo? Sempre il solito: i cittadini preferiscono il farmaco di marca all’equivalente. Insomma, il Servizio Sanitario Nazionale – nonostante le ristrettezze di spesa e le dinamiche demografiche, che nel medio termine rendono auspicabile l’intervento di un sostegno privato, per esempio, proveniente da fondi integrativi, come Assidai – continua a mantenersi all’altezza e il rincaro della spesa sanitaria è da legare anche a scelte scorrette, o talvolta semplicemente non consapevoli, del cittadino-paziente, nel caso specifico sulla scelta dei farmaci.
Farmaci generici, Bolzano la provincia più “virtuosa”
Dall’analisi di Gimbe emergono, inoltre, significative differenze regionali sotto diversi punti di vista. Se il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla dai 97,7 in Valle d’Aosta ai 30,4 euro in Sardegna, per i farmaci varia dai 34,3 euro in Campania ai 15,6 euro in Friuli Venezia Giulia, mentre per le prestazioni specialistiche si va dai 66,2 della Valle d’Aosta agli 8,6 della Sicilia. Qual è invece la provincia più virtuosa nella scelta dei farmaci generici rispetto a quelli di marca? Bolzano con un differenziale di 10,5 euro a fronte di una media nazionale di 17,3 euro, mentre Lazio e Sicilia sono in coda alla classifica con 22,1 euro.