È in corso una trasformazione radicale: andiamo verso un’economia incentrata su competenze cognitive e non cognitive, in cui i modelli produttivi e sociali cambiano radicalmente
Il welfare aziendale, nell’era della conoscenza e dell’intelligenza artificiale, sta subendo una trasformazione radicale, riflettendo un cambiamento epocale iniziato decenni fa con l’avvento di un’economia basata sulla conoscenza piuttosto che sulla forza fisica o sul capitale tangibile. Questo mutamento ha preso piede grazie a fenomeni come la globalizzazione, la digitalizzazione e la crisi climatica, che hanno accelerato la transizione verso un’economia incentrata su competenze cognitive (hard) e non cognitive (soft), trasformando profondamente i modelli produttivi, sociali e organizzativi.
Le sempre più numerose organizzazioni knowledge-intensive stanno ridisegnando i rapporti tra capitale umano e azienda, ponendo la conoscenza al centro delle strategie. In questo contesto, l’intelligenza artificiale e l’automazione avanzata amplificano le capacità intellettuali, ridefinendo il ruolo umano nel lavoro: le attività routinarie sono delegate alle macchine, mentre l’uomo si concentra su creatività, strategia e innovazione. Tuttavia, questa transizione comporta sfide importanti, come l’obsolescenza delle competenze tradizionali e la necessità di costante upskilling e reskilling che riguardino sia le competenze cognitive (hard) sia quelle non cognitive (soft).
Il welfare aziendale, in questo panorama, non si limita più a rispondere alle esigenze dei lavoratori, ma diventa un pilastro strategico per attrarre talenti, stimolare l’innovazione e garantire un adattamento continuo ai cambiamenti tecnologici e di mercato. La pandemia ha accentuato il legame tra benessere lavorativo e qualità della vita, portando le imprese a rivalutare il concetto di welfare in termini più complessi e dinamici, integrando aspetti di salute fisica, mentale ed equilibrio tra lavoro e vita personale.
Nel 2023 Federmanager era alle prese con la definizione di nuove strategie di welfare aziendale appositamente concepite per elevare il benessere dei lavoratori la cui finalità non era solo quella puramente tayloristica di innalzare la produttività e l’efficienza aziendale, ma è soprattutto quella di attrarre e mantenere talenti/nuove competenze, stimolare la propensione all’innovazione e la qualità del prodotto/servizio e favorire l’adattamento ai mutamenti tecnologici e di mercato di tutta l’organizzazione aziendale.
La portata di questo cambiamento non è puramente tecnologica ma anche culturale e antropologica, coinvolgendo lavoratori, manager e politica. I lavoratori dovranno abbracciare un apprendimento non solo continuo, ma “Any Time, Any Where, Any Device, Any Content” mentre i manager dovranno ripensare le priorità organizzative, investendo nel capitale umano come fonte principale di vantaggio competitivo. Parallelamente, la politica è chiamata a favorire un sistema inclusivo e sostenibile, in cui la conoscenza diventa un motore condiviso di progresso.
Il welfare aziendale, per rispondere a queste esigenze, evolve in un approccio integrale, proattivo e sistemico, capace di generare benefici non solo all’interno dell’organizzazione, ma anche nella comunità circostante. Le imprese che adotteranno questo modello saranno meglio attrezzate per affrontare sfide come la crisi climatica e l’impatto dell’automazione, promuovendo un ecosistema in cui benessere e innovazione si alimentano reciprocamente. Questo approccio non rappresenta solo una risposta alle esigenze immediate, ma un investimento strategico per costruire un futuro in cui l’uomo e l’intelligenza artificiale possano coesistere in modo produttivo e sostenibile, trasformando il welfare aziendale in un motore di cambiamento sociale ed economico.
Giuseppe Torre, Responsabile scientifico dell’Osservatorio 4.Manager